“La Liguria che vogliamo guarda all’ambiente”. Così scriveva su Facebook il governatore Giovanni Toti il 15 marzo, salutando i giovani genovesi scesi in strada per i Fridays for future sotto il suo ufficio in piazza De Ferrari. Peccato che l’assessore ai Parchi e alla Biodiversità della sua giunta, il leghista Stefano Mai, avesse già da mesi presentato un disegno di legge con l’intenzione di ridurre di 540 ettari il territorio dei più grandi parchi naturali regionali, il parco delle Alpi liguri, quello dell’Aveto e quello dell’Antola. Non solo: la legge – approvata dall’Assemblea regionale lunedì 9 aprile – revoca la classificazione di area protetta regionale a 42 territori nel Savonese, per un totale di oltre 22mila ettari, e scrive la parola fine sul progetto ormai decennale di realizzare un altro parco, quello del Finalese, rimasto lettera morta dal 1995 quando fu approvata la legge che lo istituiva. Furiose le opposizioni – che per ben quattro sedute sono riuscite con l’ostruzionismo a far rimandare il voto – e le associazioni ambientaliste, tra cui proprio i ragazzi di Fridays for Future che Toti elogiava sui social.
Sulle barricate c’è soprattutto il Movimento 5 Stelle, che, pur essendo alleato della Lega a livello nazionale, in Liguria ha la lotta al cemento tra i suoi storici cavalli di battaglia. “Questa legge è un’enorme favore della giunta alla lobby dei cacciatori e agli speculatori edilizi”, dice a Ilfattoquotidiano.it il consigliere regionale Marco De Ferrari, che ha coniato il soprannome, poi ripreso dai media, di “legge sfascia-parchi”. “Peraltro – aggiunge – la Liguria si muove in controtendenza con il resto d’Italia, dove si valorizzano le aree protette e il ministro dell’Ambiente parla addirittura di Paese-parco”. E dure critiche arrivano anche da esponenti di governo pentastellati, che attaccano indirettamente l’alleato leghista: “La scelta della Giunta Toti di riperimetrare al ribasso i tre più grandi parchi liguri è devastante per tutto il territorio”, dichiara in una nota il savonese Simone Valente, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
“Altrettanto inspiegabili e dannosi – prosegue – sono l’abbandono del progetto del Parco finalese, la cancellazione di 42 aree protette nella provincia di Savona e il rifiuto di ricomprendere il comune di Urbe nel Parco del Beigua. Come facciano a sostenere che così si rilanciano e valorizzano le aree protette resta un mistero. Per il momento le uniche cose che verranno rilanciate sono la caccia e la speculazione edilizia, su un territorio fragile e complesso come quello ligure”. “Il M5S non si arrende: fermeremo questo abominio”, rilancia su Twitter il genovese Sergio Battelli, presidente della Commissione per le politiche Ue a Montecitorio.
Il provvedimento cancella inoltre vasti tratti di “area contigua” – una sorta di zona-cuscinetto tra i terreni vincolati e quelli a edificazione libera – con il risultato che gli ettari sottratti ai parchi diventano edificabili al pari di qualunque altro terreno, oltre che a disposizione dei cacciatori. La maggioranza, peraltro, non nasconde che lo scopo dell’iniziativa sia quello di incoraggiare nuove costruzioni, come antidoto alla fuga degli abitanti dall’entroterra: “C’è chi tutela la biodiversità seduto sul divano di casa, noi preferiamo favorire la presenza dell’uomo nelle zone spopolate”, ha detto in dichiarazione di voto il consigliere di Forza Italia Angelo Vaccarezza, ex presidente della provincia di Savona.
Per l’assessore Mai le nuove norme serviranno a “rilanciare il sistema dei parchi e migliorare la gestione delle aree protette, che non devono più essere percepite come restrizioni ma come un volano turistico”. D’altra parte, che lo sviluppo edilizio fosse una priorità per la sua giunta Toti l’aveva chiarito fin dall’insediamento. Come primo atto politico di peso, l’ex consigliere politico di Silvio Berlusconi aveva varato il “Piano casa”, un provvedimento che permetteva l’aumento delle cubature in tutti e dieci i parchi naturali regionali, da Portofino alle Cinque terre, accompagnato dall’affermazione che le aree protette in Liguria fossero “troppe, e non tutte degne di tutela”.
Le associazioni ambientaliste intervenute in Consiglio regionale – Legambiente, WWF, Club alpino italiano, Italia Nostra, Fridays for future – hanno ottenuto soltanto l’impegno della giunta a convocare periodicamente un “tavolo tecnico” per la gestione delle aree protette. “Chiediamo ai cittadini e in particolare ai giovani, che hanno dimostrato di avere a cuore la salvaguardia dell’ambiente, di far sentire la propria voce – scrive su Facebook Ermete Bogetti, presidente di Italia Nostra Genova – per far comprendere ai politici che è necessaria ora – non domani – un’inversione di tendenza da parte di certe amministrazioni talmente sensibili agli interessi privati da sacrificare gli ultimi beni comuni”.
Ambiente & Veleni
Liguria, la Regione cancella 540 ettari di parco e 42 aree protette: ‘Così si ripopola entroterra’. M5s: ‘Favore agli speculatori’
Il provvedimento voluto dall’assessore ai Parchi, il leghista Stefano Mai, ridimensiona il territorio dei tre più estesi parchi naturali liguri e revoca la classificazione di area protetta regionale a 22mila ettari di territorio nel Savonese. La giunta: “Le aree vincolate non siano un limite ma un volano per il turismo”. Le opposizioni insorgono: "È una legge sfascia-parchi". Le associazioni: ”Interessi privati non prevalgano su beni comuni”
“La Liguria che vogliamo guarda all’ambiente”. Così scriveva su Facebook il governatore Giovanni Toti il 15 marzo, salutando i giovani genovesi scesi in strada per i Fridays for future sotto il suo ufficio in piazza De Ferrari. Peccato che l’assessore ai Parchi e alla Biodiversità della sua giunta, il leghista Stefano Mai, avesse già da mesi presentato un disegno di legge con l’intenzione di ridurre di 540 ettari il territorio dei più grandi parchi naturali regionali, il parco delle Alpi liguri, quello dell’Aveto e quello dell’Antola. Non solo: la legge – approvata dall’Assemblea regionale lunedì 9 aprile – revoca la classificazione di area protetta regionale a 42 territori nel Savonese, per un totale di oltre 22mila ettari, e scrive la parola fine sul progetto ormai decennale di realizzare un altro parco, quello del Finalese, rimasto lettera morta dal 1995 quando fu approvata la legge che lo istituiva. Furiose le opposizioni – che per ben quattro sedute sono riuscite con l’ostruzionismo a far rimandare il voto – e le associazioni ambientaliste, tra cui proprio i ragazzi di Fridays for Future che Toti elogiava sui social.
Sulle barricate c’è soprattutto il Movimento 5 Stelle, che, pur essendo alleato della Lega a livello nazionale, in Liguria ha la lotta al cemento tra i suoi storici cavalli di battaglia. “Questa legge è un’enorme favore della giunta alla lobby dei cacciatori e agli speculatori edilizi”, dice a Ilfattoquotidiano.it il consigliere regionale Marco De Ferrari, che ha coniato il soprannome, poi ripreso dai media, di “legge sfascia-parchi”. “Peraltro – aggiunge – la Liguria si muove in controtendenza con il resto d’Italia, dove si valorizzano le aree protette e il ministro dell’Ambiente parla addirittura di Paese-parco”. E dure critiche arrivano anche da esponenti di governo pentastellati, che attaccano indirettamente l’alleato leghista: “La scelta della Giunta Toti di riperimetrare al ribasso i tre più grandi parchi liguri è devastante per tutto il territorio”, dichiara in una nota il savonese Simone Valente, sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
“Altrettanto inspiegabili e dannosi – prosegue – sono l’abbandono del progetto del Parco finalese, la cancellazione di 42 aree protette nella provincia di Savona e il rifiuto di ricomprendere il comune di Urbe nel Parco del Beigua. Come facciano a sostenere che così si rilanciano e valorizzano le aree protette resta un mistero. Per il momento le uniche cose che verranno rilanciate sono la caccia e la speculazione edilizia, su un territorio fragile e complesso come quello ligure”. “Il M5S non si arrende: fermeremo questo abominio”, rilancia su Twitter il genovese Sergio Battelli, presidente della Commissione per le politiche Ue a Montecitorio.
Il provvedimento cancella inoltre vasti tratti di “area contigua” – una sorta di zona-cuscinetto tra i terreni vincolati e quelli a edificazione libera – con il risultato che gli ettari sottratti ai parchi diventano edificabili al pari di qualunque altro terreno, oltre che a disposizione dei cacciatori. La maggioranza, peraltro, non nasconde che lo scopo dell’iniziativa sia quello di incoraggiare nuove costruzioni, come antidoto alla fuga degli abitanti dall’entroterra: “C’è chi tutela la biodiversità seduto sul divano di casa, noi preferiamo favorire la presenza dell’uomo nelle zone spopolate”, ha detto in dichiarazione di voto il consigliere di Forza Italia Angelo Vaccarezza, ex presidente della provincia di Savona.
Per l’assessore Mai le nuove norme serviranno a “rilanciare il sistema dei parchi e migliorare la gestione delle aree protette, che non devono più essere percepite come restrizioni ma come un volano turistico”. D’altra parte, che lo sviluppo edilizio fosse una priorità per la sua giunta Toti l’aveva chiarito fin dall’insediamento. Come primo atto politico di peso, l’ex consigliere politico di Silvio Berlusconi aveva varato il “Piano casa”, un provvedimento che permetteva l’aumento delle cubature in tutti e dieci i parchi naturali regionali, da Portofino alle Cinque terre, accompagnato dall’affermazione che le aree protette in Liguria fossero “troppe, e non tutte degne di tutela”.
Le associazioni ambientaliste intervenute in Consiglio regionale – Legambiente, WWF, Club alpino italiano, Italia Nostra, Fridays for future – hanno ottenuto soltanto l’impegno della giunta a convocare periodicamente un “tavolo tecnico” per la gestione delle aree protette. “Chiediamo ai cittadini e in particolare ai giovani, che hanno dimostrato di avere a cuore la salvaguardia dell’ambiente, di far sentire la propria voce – scrive su Facebook Ermete Bogetti, presidente di Italia Nostra Genova – per far comprendere ai politici che è necessaria ora – non domani – un’inversione di tendenza da parte di certe amministrazioni talmente sensibili agli interessi privati da sacrificare gli ultimi beni comuni”.
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Tel Aviv, 4 mar. (Adnkronos) - Il Ministero degli Esteri israeliano afferma che la dichiarazione del vertice arabo tenutosi al Cairo per discutere della ricostruzione di Gaza non ha affrontato la realtà della situazione successiva al massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. "È degno di nota che il feroce attacco terroristico di Hamas non venga menzionato e che non vi sia nemmeno una condanna di questa entità terroristica omicida, nonostante le atrocità documentate", afferma la dichiarazione.
il ministero elogia invece il piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di trasferire i cittadini di Gaza, sostenendo — nonostante Trump parli di trasferire tutta la popolazione della Striscia — che in base a questo, "c'è un'opportunità per i cittadini di Gaza di scegliere liberamente. Questo deve essere incoraggiato".
Sana'a, 4 mar. (Adnkronos) - Gli Houthi hanno abbattuto un drone statunitense nei cieli della città portuale di Hodeidah nello Yemen. Lo ha dichiarato portavoce del gruppo, Yahya Saree, in un post su Telegram.
Washington, 4 mar. (Adnkronos) - Secondo due fonti informate sui colloqui, gli Stati Uniti e l'Ucraina potrebbero firmare l'accordo sui minerali già oggi. Lo rende noto Abc News, secondo cui Trump ha indicato ai suoi principali consiglieri che vorrebbe concludere l'accordo prima del suo discorso congiunto al Congresso.
Il Cairo, 4 mar. (Adnkronos) - Il vertice arabo convocato al Cairo ha adottato un piano egiziano per la ricostruzione di Gaza. Lo ha affermato il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi in una dichiarazione conclusiva. Il piano mira a contrastare le proposte del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per una "Riviera mediorientale" con un piano per ricostruire la Striscia devastata senza sfollare la sua popolazione.
Parigi, 4 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente francese Emmanuel Macron ha accolto con favore la volontà del suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky “di riprendere il dialogo con gli Stati Uniti d'America”, secondo quanto riferito dall'Eliseo.
Il capo di Stato “ha ribadito la determinazione della Francia a lavorare con tutte le parti interessate per attuare una pace solida e duratura in Ucraina”, ha dichiarato la presidenza.
Roma, 4 mar. (Adnkronos) - Elly Schlein è netta sul piano lanciato oggi da Ursula Von der Leyen. "Noi non ci stiamo", la posizione della segretaria del Pd. Una linea che, pur con sfumature diverse, trova d'accordo anche l'area riformista dem. Servono "modifiche", dice Lorenzo Guerini. In particolare, a mettere tutti d'accordo è la bocciatura della proposta della presidente della Commissione Ue sulla possibilità di dirottare i fondi di Coesione sulle spese per la difesa. E non solo. Anche la deroga al patto di Stabilità da parte dei singoli Stati, fuori da regia e investimenti comuni sulla difesa, è giudicata un errore trasversalmente tra i dem.
Schlein ha già annunciato che porterà la posizione del Pd alla riunione dei Socialisti e Democratici giovedì mattina a Bruxelles, il pre-vertice che precede il Consiglio europeo straordinario. In vista dell'appuntamento Schlein oggi ha sentito il premier spagnolo Pedro Sanchez. "Una lunga conversazione sullo scenario internazionale e la complicata situazione mondiale", fanno sapere fonti dem. Quella del Pd è la delegazione più numerosa nella famiglia socialista europea. Senza l'ok dei socialisti il piano Von der Leyen traballa. "È il momento delle scelte e della chiarezza. Abbiamo bisogno di una risposta all'altezza della sfida globale - strategica, economica, politica - al ruolo dell'Europa nel mondo. E questa risposta non è quella presentata oggi", rimarca Schlein.
Negli equilibri interni al Pd, la sollecitazione dei riformisti è quella di lavorare per modificare il piano Von der Leyen, "aiutare ad andare nella direzione giusta" ed evitare che ci si arrocchi in un "no a tutti i costi". L'importante, si spiega, "è non mettere in discussione la necessità dell'aumento di risorse per la difesa europea". Per Guerini si tratta di un'esigenza "ineludibile". Quindi la sollecitazione del presidente del Copasir: "Ora bisogna mettersi al lavoro, innanzitutto all’interno del Pse, per confermare in maniera convinta il nostro impegno per maggiori investimenti e capacità militari europee provando a dare un indirizzo più coerente agli strumenti per farlo".
Per Schlein "quella presentata oggi da Von Der Leyen non è la strada che serve all’Europa. All’Unione europea serve la difesa comune, non il riarmo nazionale. Sono due cose molto diverse". Anche il titolo 'Rearm' ha fatto sobbalzare più di uno e anche la segretaria lo mette in evidenza. "Il piano Von Der Leyen, a partire dal titolo, punta sul riarmo e non emerge un indirizzo politico chiaro verso la difesa comune".
Quindi elenca i nodi: "Indica una serie di strumenti che agevolerebbero la spesa nazionale ma senza porre condizioni sui progetti comuni, sull’interoperabilità dei sistemi. Ci sono molti aspetti da chiarire, ad esempio su come funzionerebbe il nuovo meccanismo in stile Sure, per capire se finanzia progetti comuni o spesa nazionale. Ma questa -avverte- non è la strada giusta. Manca ancora la volontà politica dei governi di fare davvero una difesa comune e in questo piano della Commissione mancano gli investimenti europei finanziati dal debito comune, come durante la pandemia. Così rischia di diventare il mero riarmo nazionale di 27 paesi e noi non ci stiamo".
"Noi -insiste- abbiamo un’idea precisa. Quello che serve oggi è un grande piano di investimenti comuni per l’autonomia strategica dell’Ue, che è insieme cooperazione industriale, coesione sociale, transizione ambientale e digitale, sicurezza energetica e anche difesa comune. Anche, ma non solo! Magari cancellando le altre cruciali priorità su cui i governi sono più divisi. È irrinunciabile contrastare le diseguaglianze che sono aumentate. Per questo è inaccettabile utilizzare i fondi di coesione per finanziare le spese militari nazionali".
Punti critici che vengono rilevati anche dai riformisti. Per Guerini "la proposta Von der Leyen definisce giustamente l’obiettivo in termini di risorse", ma "così come è stata prospettata necessita di essere modificata: è sbagliato l’utilizzo dei fondi di coesione e c’è poco coraggio a sostenere un vero salto in senso europeo delle spese per la difesa". Avverte Alessandro Alfieri: gli strumenti "che mettiamo in campo devono portare ad una maggiore integrazione delle principali aziende della difesa europea. In questo senso, se non vengono messe condizionalità alle deroghe al patto di stabilità, l’aumento dei bilanci dei singoli Paesi verrà speso prevalentemente su mercati extra Ue, da cui oggi dipendiamo per l’80%. Aumentando la dipendenza strategica dagli Usa anziché diminuirla".
Per il coordinatore della minoranza dem, il Pd non dovrà far "mancare il proprio contributo in tutte le sedi così come spiegheremo che serve una narrazione diversa che convinca le opinioni pubbliche europee a sostenere la sfida ineludibile della costruzione della difesa europea. Magari chiamando questa sfida Protect Europe invece di Rearm. Perché anche il linguaggio ha la sua importanza...”.
Interviene anche Giorgio Gori a sollevare criticità: sarebbe "un errore - ritengo, da parte della Commissione Europea - autorizzare maggiori spese per la difesa dei singoli Stati membri, in deroga al patto di stabilità, fuori da una comune regia. Ciò finirebbe per approfondire la frammentazione, senza apprezzabili benefici per la sicurezza comune. La deroga dal patto dovrebbe invece essere autorizzata solo per gli investimenti comuni: così si porrebbero le condizioni per l'avvio di un vero sistema di difesa europeo". E poi "ugualmente discutibile appare poi la contrapposizione tra spesa per la difesa e spesa sociale, suggerita dalla facoltà per gli Stati membri di attingere ai fondi per la coesione". Intanto questa mattina la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno ha lanciato un appello via social per un'Europa 'Libera e forte' in 5 punti, difesa comune compresa. Oltre duemila, finora, le adesioni.