Lenin Moreno al Guardian: "Date le costanti violazioni dei protocolli e la minacce, l'asilo politico è diventato insostenibile". Il suo predecessore lo accusa e ricorda che WikiLeaks aveva pubblicato un link che rimandava a un sito anonimo che affermava che il fratello di Moreno aveva creato una compagnia offshore, oltre a foto private di Moreno e della sua famiglia. Ma il presidente nega legami con la revoca dell'asilo
Julian Assange ha tentato di creare un “centro di spionaggio” nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. È questa l’accusa del presidente ecuadoriano Lenin Moreno. La decisione di revocare l’asilo all’australiano “non è arbitraria, ma basata sul diritto internazionale”, ha spiegato il presidente in un’intervista al Guardian aggiungendo che strumentazioni fornite all’ambasciata dal precedente governo di Quito hanno consentito “di interferire negli affari di altri Stati”. Il presidente ecuadoriano – che ha preso il posto di Rafael Correa – ha aggiunto: “Non possiamo permettere che la nostra casa, la casa che ha aperto ad Assange le sue porte, diventi un centro di spionaggio”. Il presidente sostiene quindi di aver revocato l’asilo perché le sue condizioni sono state violate. Aggiungendo: “L’asilo politico non può essere un modo per evadere le conseguenze di crimini commessi”.
“Inappropriato anche dal punto di vista igienico”
“Assange ha sviluppato una campagna aggressiva contro l’Ecuador e ha iniziato a fare minacce legali perfino contro chi lo stava aiutando”. Così Moreno ha spiegato il suo rilascio aggiungendo che la sua permanenza nell’ambasciata era diventata un “grattacapo”: “Ha mantenuto un comportamento costantemente inappropriato anche dal punto di vista igienico” con conseguenze sulla sua salute personale e sull’atmosfera interna all’ambasciata. Quindi, sostiene il presidente, “non abbiamo mai provato a espellere Assange” ma “date le costanti violazioni dei protocolli e la minacce, l’asilo politico è diventato insostenibile”.
L’ex presidente Correa ha accusato il suo successore di essere “il più grande traditore nella storia ecuadoriana e latino-americana”. Un’accusa che sarebbe sostenuta anche dal fatto che WikiLeaks aveva pubblicato un link che rimandava a un sito anonimo che affermava che il fratello di Moreno aveva creato una compagnia offshore. Inoltre aveva pubblicato foto private di Moreno e della sua famiglia. Ma il presidente ecuadoriano nega qualsiasi consequenzialità tra i file pubblicati e il provvedimento. Moreno sostiene che la decisione su Assange non è stata imposta da nessun potere esterno: “Non ha voluto accettare i protocolli per il paese che gli ha dato il benvenuto. Il ritiro dell’asilo è arrivato in stretta aderenza al diritto internazionale”.
Corruption investigation opened against Ecuador’s president Moreno, after purported leaked contents of his iPhone (Whatsapp, Telegram) & Gmail were published. New York Times reported that Moreno tried to sell Assange to US for debt relief. https://t.co/0KFcBrnUfr
— WikiLeaks (@wikileaks) March 25, 2019
Secondo l’ex presidente, inoltre, Assange è stato rilasciato all’interno di un accordo secondo il quale gli Stati Uniti spingerebbero per abbattere il debito pubblico ecuadoriano. Ma Moreno ribatte: “Falsità create e diffuse da gruppi collegati al precedente regime che non hanno voluto trovare una soluzione al caso di Assange se non quella di chiuderlo a chiave nella nostra ambasciata”.
“Garanzie sull’estradizione da Uk”
Circa l’estradizione, Lenin Morenoha aggiunto: “Il massimo diritto da proteggere è il diritto alla vita”. E sostiene di essersi consultato con il governo del Regno Unito sulla possibilità che avvii l’estradizione verso uno Paese terzo dove potrebbe essere torturato, maltrattato o condannato a morte”. E, stando alle parole del presidente, il Paese britannico ha dato garanzie scritte sulla non estradizione in uno di questi casi. Ma i procuratori distrettuali americani che accusano Assange sono di Alexandria, Viriginia. E in quello stato non c’è la pena di morte. Peraltro l’estradizione è stata richiesta per “reati informatici“. E quindi la pena massima è di cinque anni.
Cosa succede ora
Il co-fondatore di WikiLeaks deve affrontare in Inghilterra fino a dodici mesi di prigione dopo essere stato trovato colpevole di aver violato la cauzione quando è entrato nell’ambasciata ecuadoriana a seguito della sconfitta nella battaglia contro l’estradizione in Svezia dove deve affrontare diverse accuse. Alcune di queste erano tuttavia cadute: nel 2015 quella per molestie sessuali e nel 2017 quella per stupro. Ma la seconda, caduta per l’impossibilità di procedere in assenza dell’accusato, potrebbe essere riaperta in caso di ritorno di Assange in Svezia.
Intanto i genitori del fondatore di WikiLeaks si sono mobilitati: il padre si è appellato al primo ministro australiano e la madre ha detto che il figlio “è rinchiuso nella Guantanamo britannica” (il carcere di massima sicurezza di Belmarche). In attesa che il segretario di Stato per gli Affari Interni decida quale paese debba avere la priorità per l’estradizione.