Gli ammortizzatori sociali partiranno il 2 maggio. Per 156 dei lavoratori sarà cassa a zero ore. L'accusa di Fim Cisl: "Cinque mesi di attendismo e sottovalutazione". Il 24 aprile tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo
Una parabola discendente che si è trasformata in picchiata. La caduta della Piaggio Aerospace si può quantificare in un numero: quello dei suoi 504 lavoratori che dal 2 maggio saranno in cassa integrazione straordinaria. Per altri 523, è solo questione di tempo. E’ quello che è emerso lunedì durante un incontro all’Unione industriali di Savona tra l’azienda controllata da Mubadala e le organizzazioni sindacali. Per 156 dei lavoratori sarà cassa integrazione a zero ore. Un “capolavoro” causato, secondo il segretario generale Fim Cisl Alessandro Vella, da “cinque mesi di attendismo e sottovalutazione da parte del Governo”.
L’azienda ligure, un tempo leader nella produzione di turboeliche di aviazione, vive da tempo una crisi profonda dovuta alla mancanza di commesse e alle decisioni dei governi e dei manager succedutisi in questi anni. Secondo i sindacati la situazione deriva anche dallo stop, deciso dalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta, alla maxicommessa da 766 milioni di euro promessa dall’ex ministra Roberta Pinotti prima del 4 marzo.
Secondo Vella il governo attraversa “una fase di confusione politica. Per far ripartire il lavoro bisogna avere subito una commessa di P180 (aerei civili, ndr) con numeri importanti. La cassa andrà avanti per 3 mesi, se entro agosto non verranno prese decisioni lo scenario potrebbe cambiare”. Anche Fim, Fiom e Uil ribadiscono come “il Governo abbia la responsabilità di trovare delle soluzioni alla Piaggio attraverso ordini di velivoli che possano dare ossigeno finanziario e carichi di lavoro”.
Fondamentale, in questo senso, sarà il tavolo di crisi convocato dal ministero dello Sviluppo economico il 24 aprile, per discutere la situazione occupazionale e produttiva dell’azienda. Le organizzazioni sindacali sperano, in quell’incontro, “di trovare una soluzione al problema dell’anticipo del trattamento. Perché non possono essere i lavoratori a pagare il ritardo di chi dovrebbe aver già messo in campo le promesse fatte due mesi fa”. Altrimenti, la picchiata rischia di trasformarsi in schianto.