Così, dal 2016, funziona la vendita multilivello dell'azienda che propone frullati e barrette per dimagrire. Tutto tramite aggancio sui social e il trasferimento in chat private. E i venditori "si presentano falsamente come consumatori" parlando di come sia cambiata la loro vita. L'Antitrust: "Condotte scorrette e informazioni ingannevoli. Anche per la commistione di ambito privato e professionale"
Capsule e pastiglie gommose composte da polveri di frutta e verdura, frullati e barrette da assumere in sostituzione dei pasti. Da un lato integratori alimentari e dall’altra “beveroni” per perdere peso. Con una vendita diretta multilivello raccontata sui canali social pubblici come mirabolante, non solo per la salute ma anche per il proprio benessere quotidiano con una vita meno stressante e a maggior contatto con la propria famiglia. Ma solo il primo contatto avveniva allo scoperto, poi per saperne di più bisognava passare sui gruppi ‘segreti’ di Facebook ai quali si poteva accedere solo tramite invito. E così da un lato c’è il marketing occulto perché i venditori “agiscono nel quadro della propria attività commerciale” e cioè “si presentano falsamente sotto la veste di consumatori”, dall’altra c’è la diffusione di informazioni “ingannevoli” sulle “caratteristiche principali” dei prodotti e dei risultati, “idonee a falsare” il comportamento economico del consumatore medio.
“Multa da un milione, doppio inganno” – Per questo la filiale italiana di JuicePlus+ e altre società del gruppo (The Juice PLUS+ Company Srl, The Juice PLUS+ Company Ltd, The Juice Plus+ Company Europe GmbH, The Juice Plus+ Company LLC) sono state condannate dalla Autorità garante per la concorrenza e il mercato a pagare una multa da 1 milione di euro. La vendita, che continua tutt’ora, è iniziata nel maggio 2016 e viene definita “molto grave” nel provvedimento per la sua “insidiosità ed elevata potenzialità offensiva” per il duplice profilo di ingannevolezza: mancata trasparenza dell’intento promozionale e risultati conseguibili con i prodotti, tenendo anche conto del fatto che la pubblicità occulta riguarda prodotti di tipo salutistico ed era diretta a un “ampio target” di consumatori costituiti “da soggetti particolarmente vulnerabili”. Per l’Antitrust – che aveva avviato l’istruttoria in seguito a una segnalazione del Codacons – anche la parziale modifica, durante il procedimento, della condotta da parte di Juiceplus e “indicazioni più prudenti” sull’uso degli integratori da parte di bambini e donne in gravidanza non ha inciso “in maniera sostanziale su ogni aspetto rilevante” della strategia di promozione.
I gruppi segreti – Che si sostanziava nei profili chiusi di Facebook, almeno 600. I due principali contano oltre 35mila iscritti. “Ipotiroidismo ko. Grazie JP per avermi cambiato la vita”, si legge nel gruppo “Il cambiamento di uomini e donne”. E ancora: “Da 40 anni con diabete mellito tipo 1, grazie a premium ho stabilizzato la glicemia”. Mentre nel gruppo “Trasforma la ciccia in roccia” ecco un post nel quale si condivide il risultato del dimagrimento di 5 chili annunciando: “Ho risolto i miei problemi di colesterolo (…) per tre anni insieme al mio medico non abbiamo risolto nulla. Giorni fa ho rifatto le analisi e miei valori sono perfetti”. E poi 16 chili persi in tre mesi mangiando 5 volte al giorno e “senza rinunciare a niente”. Secondo l’Antitrust, nel corso del procedimento è stato accertato che alcuni soggetti che nei gruppi si presentano come consumatori “sono in realtà venditori di prodotti JuicePlus”.
La Unstoppable Generation – Nelle copiose linee guida del gruppo di venditori Unstoppable Generation, ad esempio, la strage di vendita “prevede espressamente il passaggio da un primo aggancio in ambiente “social” pubblico, allo spostamento successivo delle conversazioni in gruppi privati dove vengono scambiate esperienze di consumo”. Tutto deciso a tavolino, a leggere il provvedimento: come impostare un profilo personale attrattivo “così da acquisire la fiducia e attrarre l’interesse di potenziali clienti”, l’indicazione di “destinare l’80-90% dei contenuti del profilo a esperienze personali di vita quotidiana e solo il 10-20% a informazioni di tipo “promozionale””, addirittura “vengono forniti “schemi tipo” di conversazioni da utilizzare nelle chat di ambiti privati intrattenute con potenziali clienti” e il “suggerimento” di “presentarsi prima di tutto come consumatori con una propria storia da raccontare ai clienti”. Una sorta di ‘piccolo esercito’ chiamato ad attrarre altre persone con la speranza di guadagno.
“È pratica ingannevole” – Ed è proprio l’utilizzo da parte dei venditori di “registri comunicativi che creano commistione tra l’ambito privato e professionale e dissimulano l’intento promozionale delle informazioni condivise sui social media” a costituire “una fattispecie di pratica commerciale considerata in ogni caso ingannevole” dal Codice del Consumo”. E, al di là dei venditori che possono aver forzato la mano, scrive l’Antitrust, “ad indurre condotte scorrette consistenti nel non manifestare la finalità commerciale del contatto con il consumatore è proprio la strategia di vendita adottata da JuicePlus che, nelle linee guida, incentiva la condivisione di esperienze di consumo non necessariamente autentiche”.