Il ministero dell'Interno invia la direttiva sulla nave Mare Jonio anche ai vertici militari. Che reagiscono: "Cose che accadono nei regimi, varcata linea rossa". “Le Autorità militari e di polizia destinatarie del presente atto ne cureranno l’esecuzione, a partire da ogni possibile forma di notificazione ed intimazione agli interessati, e la stretta osservanza”, si legge nel documento. Ieri lo scontro con Di Maio e Trenta sui porti chiusi
Alla terza terza direttiva del Viminale è arrivata la reazione dei vertici militari e tra il ministero della Difesa e quello dell’Interno si apre quello che si prefigura come un conflitto istituzionale. “Le Autorità militari e di polizia destinatarie del presente atto ne cureranno l’esecuzione, a partire da ogni possibile forma di notificazione ed intimazione agli interessati, e la stretta osservanza”, si legge nella circolare firmata da Matteo Salvini, cucita addosso alla nave Mare Jonio della ong Mediterranea Saving Humans e inviata non solo ai vertici delle forze dell’ordine, su cui il ministro dell’Interno ha una diretta competenza, ma anche ai vertici militari, di competenza del ministero della Difesa. “La Trenta mi accusa di ingerenza sui porti? Mio compito è difendere i confini, combattere terroristi e scafisti”, ha replicato il ministro dell’Interno Matteo Salvini, spiegando: “Io ho il diritto-dovere di decidere in quale porto sbarca tizio o caio: finché sarò io a decidere non c’è nessun porto disponibile per far sbarcare tizio o caio. Qualcuno ha nostalgia degli sbarchi a centomila alla volta? Non penso”.
L’”intimazione”, così si chiama il documento inviato questa mattina dal Viminale e firmato dal ministro, ha come destinatari il capo della Polizia e direttore generale della pubblica sicurezza Franco Gabrielli, il comandante generale dei Carabinieri Giovanni Nistri, il comandante generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi, il capo di stato maggiore della Marina Valter Girardelli, il comandante generale della Guardia Costiera Giovanni Pettorino e, “per conoscenza”, il capo di Stato maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli.
L’episodio, riferiscono varie fonti all’Adnkronos, ha suscitato l’ira dello Stato Maggiore. Un atto, dunque, considerato ostile e che in queste ore in via XX Settembre rappresentano come “una vera e propria ingerenza senza precedenti nella recente storia della Repubblica”.
“Quel che è accaduto è gravissimo“, aggiungono le stesse fonti, perché “viola ogni principio, ogni protocollo” e costituisce “una forma di pressione impropria” nei confronti del generale Enzo Vecciarelli. “Non è che un ministro – proseguono – può alzarsi e ordinare qualcosa a un uomo dello Stato. Queste cose accadono nei regimi, non in democrazia. Noi rispondiamo al ministro della Difesa e al Capo dello Stato, che è il capo Supremo delle Forze Armate”. E’ stata superata una linea rossa, osservano fonti della Difesa.
Sull’altro lato della barricata fonti della Lega difendono la scelta di Salvini: la direttiva sui porti è “doverosa, oltre che legittima e lecita, a fronte di un pericolo imminente”. Al Viminale, spiegano le stesse fonti, sono “tranquillissimi”, perché il ministero dell’Interno è “la massima autorità per la sicurezza interna”.
A poche settimane dalle elezioni europee, lo scontro che si consuma attraverso le fonti arriva poco ore dopo quello plateale consumatosi lunedì tra Salvini, da un lato, e Luigi Di Maio ed Elisabetta Trenta dall’altro. I porti chiusi sono una “misura occasionale“, aveva affermato il vicepremier M5s, che di fronte a un intensificarsi della crisi in Libia “non basterebbe”. “Finché ci sono restano sigillati”, aveva replicato il capo del Viminale. Se il Di Maio e il Trenta la pensano diversamente, “me lo dicano in Consiglio dei ministri e faremo una sana e franca discussione”, aveva aggiunto. “Posso invitarli tutti da me, al ministero, così gli spiego un po’ di diritto internazionale e magari capiscono cosa possono produrre i loro toni aggressivi sulla Libia”, la replica del ministro della Difesa.