Mentre la politica dibatte di flat tax e relative coperture, le famiglie italiane sempre più tartassate. Secondo un’indagine Ocse, l’Italia nel 2018 si è piazzata al quarto posto nella classifica dei 36 Paesi sviluppati per imposte e contributi sui salari pagati dai nuclei di quattro persone con due adulti che lavorano. E il dato (41,7%) è anche in crescita: 0,32 punti in più rispetto al 2017. Fanno peggio dell’Italia solo Belgio (45,1%), Germania (42,6,5%) e Francia (42,4%), tutti nettamente sopra la media Ocse (36,1%). Ma nei diversi Paesi cambia notevolmente sia la combinazione fra componenti del cosiddetto “cuneo“, che comprende i contributi dovuti allo Stato e le tasse pagate da lavoratori e imprese, sia la distribuzione della tassazione sulle diverse fasce di contribuenti. Un tema dolente, quest’ultimo, per la politica. Non a caso la Lega sta spingendo sulla flat tax familiare opzionale per redditi fino a 50mila euro, mentre il Movimento 5Stelle ha rilanciato l’idea di un quoziente familiare sulla falsariga del modello francese, che consente a una famiglia media di pagare meno imposte sui redditi.
La flat tax per il “ceto medio” costa 12 miliardi – Le misure in questione sono in realtà due facce della stessa medaglia. E cioè una riforma della tassazione italiana caratterizzata da una giungla di oneri deducibili, detrazioni fiscali, esenzioni e regimi speciali. Difficile dire quanto i due diversi interventi potrebbero costare alle casse dello Stato che ha scarso margine di manovra. Qualche stima viene dal consiglio dell’Ordine dei commercialisti che quantifica in 12 miliardi la spesa per una flat tax al 15% che riguarderebbe una fascia specifica della popolazione con redditi sotto 50mila euro. Ma il dato è da prendere con le pinze perché, secondo quanto proposto dalla Lega, si tratterebbe di una soluzione opzionale rispetto all’attuale sistema di tassazione. Per cui, il conto finale per le casse pubbliche si potrà fare solo ex post sulla base del numero di contribuenti che aderirà alla flat tax leghista.
Così una famiglia francese paga migliaia di euro di di Irpef in meno – Più complesso il caso del quoziente familiare che interesserebbe tutti i cittadini riducendo le tasse ai nuclei familiari più numerosi. Sulla carta, senza considerare il sistema di deduzioni e detrazioni esistenti nei due Paesi, il modello francese farebbe pagare meno tasse alle famiglie. Un esempio può essere utile a comprendere come e perché. In Francia una famiglia di quattro persone (due adulti e due bambini), con un reddito lordo da lavoro dipendente da 50mila euro, paga imposte lorde per 2115,12 euro. Come si arriva a questa cifra? Al reddito lordo, si applica una deduzione forfettaria del 10 per cento. L’imponibile scende quindi a 45mila euro. Questa cifra viene poi divisa per le “parti” – tre nell’esempio: un punto ad adulto e 0,5 per figlio fino al secondo – che compongono la famiglia. Il quoziente familiare sarà di 15mila euro. Su questa cifra, al netto della fascia non imponibile (fino a 9.964 euro) e in base agli scaglioni d’imposizione 2018, si pagheranno le tasse che in quella fascia sono pari al 14 per cento. L’imposta “unitaria” sarà quindi di 705,04 euro. Questa somma verrà poi moltiplicata nuovamente per il punteggio della famiglia (3) ottenendo l’imposta lorda di 2115,12 euro.
In Italia, considerando un reddito da lavoro dipendente da 50mila euro per due adulti (25mila euro a testa), la stessa famiglia pagherebbe Irpef per circa 12mila euro. Andrebbero poi aggiunte le addizionali locali, ma scontate detrazioni e deduzioni. Difficile quindi fare un paragone puntuale fra l’attuale sistema italiano e quello francese. Ma di certo l’introduzione del modello d’Oltralpe modificherebbe la tassazione per tutti i contribuenti. Non solo per quelli con un reddito familiare fino a 50mila euro come nel caso della flat tax. “Non si risolverebbe però il problema di fondo: una vera politica della famiglia che con asili e incentivi consenta alle donne di lavorare e di fare figli” conclude Cristian Perniciano, responsabile politiche fiscali Cgil. Non a caso da tempo il sindacato chiede una riforma dell’Irpef che semplicemente faccia pagare più tasse a chi guadagna di più.