Buon compleanno Blob. La trasmissione di Rai3 che ha rivoluzionato il linguaggio della tv italiana compie 30 anni. Cinefilia, controinformazione, devastante messaggio politico, Blob è stato davvero un programma che ha seguito il motto “di tutto, di più”. La celebriamo con Marco Giusti, oggi papa barbuto sul trono di Stracult, che quell’incredibile avventura l’ha ideata.
Trent’anni di Blob: nostalgia? Orgoglio? “Due palle”?
Tutte e tre insieme, perché è chiaro nel 1989 eravamo più giovani e più liberi. Oggi Blob non potresti farlo più. E anche “due palle” perché già dopo sei anni non ne potevo più, figuratevi dopo 30 con Internet e Youtube…
Il web ha ucciso Blob il fluido che uccide…
“Come tutti i programma innovativi che anticipano i tempi. Il linguaggio di Blob in qualche modo è diventato un po’ vecchio. All’epoca montavamo le puntate con l’Avid, in analogico, e allora ci sembrava cosa di nuovissimo rispetto a come si montava. Figuriamoci oggi con il digitale, il montaggio te lo fai a casa. Quello che forse è sempre attuale è come io mi sono visto nel fare Blob, ovvero mi sembrava sempre come una pagina bianca su cui tu scrivevi un articolo, un testo. Allora se Blob è questo, in realtà è sempre nuovo perché dipende dalla tua capacità di scrivere, dalla tua cultura.
Nell’elenco iniziale hai dimenticato “l’orgoglio”…
Avevo 30 anni e si era ideata una cosa fortissima. Non capita sempre nella vita professionale di inventare qualcosa di così importante. Io ne ho inventate due: Blob e Stracult. Orgoglio assolutamente. Tra l’altro a noi autori sembrava una programma con pochissima vita, invece andò bene subito. E poi va calcolato che tutta la nostra generazione di cinephile aveva una presunzione, un’altissima considerazione di sé, che è stato poi il nostro grande peccato.
Una confessione a cuore aperto. La presunzione di certa critica cinematografica militante.
Parliamo di una certa generazione di intelliggentoni che poi forse si è accorta che non era esattamente Godard e che forse non potevi fare Godard in Rai.
Fu Angelo Guglielmi che diede il via a Blob o si è troppo gonfiato il suo ruolo?
Io parlo per me. Guglielmi l’ho visto dopo molto tempo che era iniziato Blob. Questo tipo di montaggio l’avevo già fatto sia in tv che sulla carta, o meglio sull’Europeo o sull’annuario del Patalogo. Era il gusto di mettere frammenti insieme. Da parte mia ricordo che fu Andrea Barbato a chiedermi di fare il meglio della settimana e io gli dissi facciamo il peggio della settimana. Lo dissi poi ad Enrico (Ghezzi ndr) che però, su idea di Guglielmi probabilmente, voleva fare il Mattinale, ma non sapeva come fare. Il Mattinale lo faceva il Manifesto, cioè era la proposizione del peggio del giorno prima. Anche Il Male faceva cose simili.
In Blob c’è invece molto cinema.
La parte fortissima di rapporto tra cinema, tv e cronaca, non c’entra niente con il Mattinale. Entrava in ballo, invece, la nostra conoscenza cinematografica e quella particolare mia che univa cinema classico e cinema trash, Bombolo, Alvaro Vitali, e le scorregge. Così Blob è diventato una cosa ironica, alta, eccessiva e molto molto forte. L’idea che aveva Guglielmi almeno credo, perché ripeto io non l’ho mai visto, era di fare una cosa solo giornalistica. E sarebbe stata poco interessante.
Durante la sigla in uno spezzone del film Blob un tizio dice: “E’ la cosa più orribile vista in vita mia”.
Il nostro programma era sugli orrori della tv e sullo disvelamento della pratica dello spettatore attento. Una cosa politica più forte creata usando il cinema un po’ come una grammatica. Di tagli di montaggio, modello cartoon classici, ne ho fatti una marea. Questo è tutto cinema, comico e animato. Trovo ridicolo sentire che fu un’invenzione di Guglielmi. Blob era una cosa che era nell’aria. Aggiungici il gusto tutto mio del trash. Miei furono il titolo del programma, il linguaggio del montaggio, la struttura produttiva. Poi, chiaro, era un programma Rai.
Blob ebbe un valore politico incredibile, ve lo aspettavate?
All’inizio no, ma tutto si è sviluppato in pochissimo tempo, giorno dopo giorno. L’aspetto politico comunque c’era già subito. Venivo dal Manifesto, dall’Espresso, e avevo scritto moltissimo. Quando facemmo campagna acquisti prendemmo gente come Alberto Piccinini che faceva esattamente quella roba lì. Cercando di mettere dentro più intellettuali che umoristi. Quello che non mi interessava era l’umorismo, la cosa comica finta non l’abbiamo cercata mai. La cosa ironica tipo Il Male invece sì. Io e Ghezzi si veniva dalla militanza politica critica cinephile molto spinta. Ora è tutta un’altra cosa.
La critica cinematografica non esiste più…
Non esistono più i critici militanti che ci credono. E non esiste quasi più il cinema. Difficile fare ancora quella roba. Io cerco di farla su Dagospia perché a me diverte. Usare il cinema per parlare della realtà. Quando fai cronaca politica oggi, fai qualcosa già molto modello commedia all’italiana. La contaminazione c’è già, non hai più bisogno del nostro passaggio tv, del passaggio intelligente. È la stessa ragione per la quale non esiste più la satira: è già dentro ai tweet di Salvini e Di Maio.
Non c’è un comico che ti fa ridere? Un Crozza, ad esempio?
No, nessuno. Noi si veniva da un mondo che chi faceva satira era considerato di destra, come con Il Borghese. Poi con i fratelli Guzzanti, Sabina e Corrado, qualcosa è cambiato, ma è durato meno di 20 anni. Adesso fa più satira Marco Travaglio. Spesso negli editoriali, nei pezzi politici ci sono anche pezzi di satira. Siamo ritornati da capo, perché forse della satira non ce n’è più bisogno. E poi fatemi dire che oggi c’è la controinformazione. Blob andava contro il Tg1 come orario e faceva controinformazione politica. La nostra logica da questo punto di vista era molto seria. Oggi la controinformazione ce l’hai sui blog, su twitter. Fatta in tv non esiste.
Il momento difficile o complicato della vita di Blob.
Ce ne sono diversi. Fu tremendo con Luigi Locatelli direttore di rete. Il nostro gruppo si è proprio scisso. Non sapevamo cosa fare, solo chi aveva un contratto giornalistico poteva continuare. Fu un momento duro. Forse abbiamo sbagliato a non mantenere tutto il gruppo intatto.
Anche con Berlusconi presidente del consiglio non andò bene?
Fu una cosa drammatica. Quando scese in campo feci io un Blob molto pesante sul suo scendere in campo e mi dettero dieci giorni di punizione che poi mi vennero ridotti a due. Il tutto perché avevo montato una celebre scena de L’Intervista di Fellini. Ci sono due pittori di spalle nello studio 5 di Cinecittà che dipingono una parete. Uno dei due dice all’altro: “A Ce’?; e l’altro: “Che voi”; e il primo: “E vattela a pija in t’er culo”. Dopo avevo montato il discorso di Berlusconi. Era un gioco complesso, Fellini era appena morto quindi avevo unito tutto, ma loro sul “vattela a pijà” dissero che l’avevo fatto apposta per mandare Berlusconi a prenderselo nel culo. Quindi ci fu una specie di processo interno molto brutto.
Altri momenti complicati nella vita di Blob?
Quando Ghezzi mi ha tolto il nome dai titoli del programma. Sarà stato 8 anni fa. L’ho trovato una cosa orrenda, stalinista. Non parlo più con lui dal ’96, da quando sono andato a Rai2. Non fu una cosa simpatica.
Qualcuno ha mai copiato Blob nel mondo?
Non credo perché c’era il problema dei diritti dei film. Blob era un programma rubato, è quasi impossibile ri-farlo. Divenne un vanto andare su Blob quindi rimase in piedi, ma era completamente illegale. Sono passati comunque tanti anni. All’epoca aveva senso, oggi ognuno si fa il suo blob dal divano. Pensa a Osho: ruba una foto, mette una frase, somiglia a Blob.