C’era una volta Raffaella Carrà e il vaso di fagioli, dei quali indovinare esattamente l’ammontare. La trasmissione si chiamava Pronto, Raffaella? andò in onda su Rai 1 dal 3 ottobre 1983 al 7 giugno 1985, e fu il primo spettacolo televisivo della Rai trasmesso nella fascia del mezzogiorno, orario in precedenza occupato dal monoscopio. Le voci di chi provava ad aggiudicarsi il ricco montepremi in palio erano quasi solo di donne, le casalinghe che a quell’ora, come molte rispondevano alla domanda su cosa stessero facendo della conduttrice, tipicamente erano indaffarate a preparare il pranzo per il resto della famiglia.

Da lì in poi è stato tutto un fiorire di trasmissioni dedicate alla cucina, in quella fascia oraria strategica per gli sponsor, fino alla Prova del cuoco (cuoco: maschile, però), che di recente è stata sfiorata anche dalla politica, per le note vicende che hanno coinvolto l’attuale conduttrice.

Trasmissioni a tema ‘femminile’? Si potrebbe dire così, visto che si parla di cucina, ma anche no, dal momento che l’argomento cibo e annessi è da qualche anno il palcoscenico per carriere virili (gli chef di grido, in maggioranza uomini) che brutalizzano gli incauti aspiranti ai fornelli, per non parlare delle numerose trasmissioni sulle cucine più o meno infernali sparse sul pianeta o sulle stravaganze, anche nauseabonde, del nutrirsi.

E’ ovvio che l’avvento di Internet, dei canali digitali e dei quelli in streaming ha stravolto il tranquillo tran tran dell’offerta tv: all’avvento del secondo millennio si è scatenata la caccia alla nicchia da stanare per accaparrarsi pubblico, sponsor e visibilità. Molti sono i canali ‘maschili’, che hanno implementato il già ricco panorama, per esempio, dell’offerta sportiva, e poi ancora quelli legati agli ‘hobby’: caccia, pesca, armi, moto, auto, avventura e via discorrendo. Ne è emblema il canale Alpha (nomen omen) nel cui palinsesto figurano anche molti documentari del National Geographic.

Fin qui si tratta di canali privati: c’era bisogno che la Rai, ovvero la televisione pubblica, annunciasse l’apertura (a spese di una rete come Rai Movie) di un ‘nuovo’ canale dedicato alle donne e di uno per il pubblico maschile? I vertici Rai hanno provato a spiegare la decisione della chiusura del canale dedicato al cinema, ma resta il fatto che è stato ufficialmente dichiarato l’intento di realizzare un canale definito femminile, tra le proteste del sindacato dei giornalisti oltre che di molta parte del pubblico.

“Una proposta grottesca, antistorica, sessista e per giunta pericolosa, perché finirebbe immancabilmente per rafforzare quei pregiudizi che sono alla base della persistente discriminazione tra uomini e donne nella quale trova radice la violenza di genere, fenomeno strutturale di una società che ancora fatica a scrollarsi di dosso il dominio patriarcale”. Così Lella Palladino, presidente di D.i.Re, Donne in rete contro la violenza, la più grande associazione che in Italia si occupa di violenza contro le donne, definisce la proposta dei due canali separati, uno esclusivamente per donne e uno per uomini”. Che aggiunge: “Abbiamo superato la scuola segregata, abbiamo rivoluzionato la società attraverso il riconoscimento dei diritti e della libertà di scegliere delle donne alla pari degli uomini, abbiamo riaffermato nella pratica, attraverso il crescente numero di donne che si realizzano in campi in passato dominati dagli uomini, che non esistono settori preclusi a un sesso oppure a un altro ma che ciascun individuo ha il diritto di realizzarsi con piena autodeterminazione”.

Dal 2009, quando fu rilasciato on line il documentario Il corpo delle donne di Lorella Zanardo, sono passati ben dieci anni, e molto si è discusso circa la necessità di offrire, a livello di servizio pubblico, immagini e contenuti lontani dallo stereotipo della femminilità che ha invaso la tv dagli anni 80 in poi. Ora, con la proposta delle due reti individuate per genere, sembra essere ripiombati nell’epoca dei fagioli.

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