Solo un mese prima, il 9 gennaio, nel carcere Mammagialla, si era tolto la vita Abouelfetouth Mahomoud, vent’anni. Il primo dei tre suicidi avvenuti nel 2018. Il 20 marzo è avvenuto qualcos’altro. È stata perquisita la cella di Hassan Sharaf, egiziano di 21 anni e il ragazzo, insieme ad altri detenuti, è stato accusato di un traffico di psicofarmaci all’interno del carcere, ricevendo una sanzione disciplinare. Il giorno dopo, proprio durante un colloquio con le collaboratrici del Garante Anastasia, un altro detenuto ha riportato di presunte violenze da parte degli agenti di polizia penitenziaria, segnalando proprio la storia di Hassan, raccontata poi in un servizio della giornalista Laura Bonasera, andato in onda nel corso della trasmissione Popolo sovrano di Rai2. Le collaboratrici del Garante hanno incontrato Hassan. Il ragazzo ha mostrato segni rossi sulle gambe e tagli al petto, raccontando che a procurarglieli erano stati alcuni agenti. “Aveva paura, era terrorizzato” ricorda a ilfattoquotidiano.it Anastasia. A quel punto ha chiesto all’amministrazione penitenziaria di trasferire Hassan e di sottoporlo a una visita. Nel frattempo sono arrivate altre lettere ed è avvenuto un altro suicidio. L’8 giugno il Garante ha presentato un esposto in procura. Il 23 luglio, inaspettatamente, Hassan è stato portato in isolamento. Gli hanno detto che si trattava della conseguenza della sanzione disciplinare per il traffico di psicofarmaci avvenuto quattro mesi prima. Entrato in cella alle 12.50, è stato ritrovato due ore dopo. Si era impiccato con un lenzuolo. Il ragazzo è stato portato in ospedale: è morto dopo una settimana di coma.
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La storia di Hassan Sharaf - 4/9
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