Sabato 13 aprile sono stato a Penne, in provincia di Pescara, per presentare Cenere, l’ultimo disco di inediti di Mimmo Locasciulli. L’occasione era speciale, perché la cittadina abruzzese diede i natali al cantautore nel 1949 (a luglio sono 70 anni tondi, auguri!), che dunque giocava in casa, in un posto amato e cruciale anche per la sua poetica e le tematiche del disco. La presentazione si è svolta al caffè letterario Tibo, uno di quei posti eroici, accoglienti, con moltissimi libri; avete presente quei luoghi per cui ogni singolo abitante di questi paesi di provincia dovrebbe ringraziare quotidianamente il gestore? Ecco, uno così. Io insegno a Penne e sento spesso i miei studenti dire: “Ci vediamo al Tibo più tardi a giocare a scacchi”. Quanto questo sia prezioso in certi posti spero si intuisca, cosicché io possa spendere il tempo di questo scritto per parlare del disco.
Bisogna sentirlo dal vivo Mimmo Locasciulli: è un cantautore che non accompagna semplicemente le parole con la musica, ma un artista con un mondo musicale ben delineato. Personalmente, vi consiglio il concerto del prossimo 23 maggio all’Auditorium “Parco della musica” di Roma, quando sarà con la sua band intera.
L’album è uno scrigno prezioso tra le tante pubblicazioni che si susseguono nel nostro tempo. Sono dodici tracce, molto assortite, che dispiegano un po’ tutto l’armamentario poetico-musicale del loro autore. Non si può parlare del disco se non si parte dal libro Come una macchina volante (Castelvecchi, 2018), in cui lo stesso cantautore parla della sua infanzia, in una sorta di romanzo di formazione che arriva però al 1975, anno magico in cui Locasciulli si sposa, si laurea, è assunto in ospedale e pubblica il promo disco. Da lì, dunque, prende il volo quest’avventura.
Il libro lo consiglio perché ha una forza fuori dal comune, in cui Mimmo racconta le fondamenta della sua poetica e l’energia dei vent’anni; il disco Cenere è l’altra faccia della stessa medaglia.
Facciamo una premessa: una delle più felici caratteristiche di Locasciulli è quella di fare il cantautore seguendo appieno la propria ispirazione, non dettata dai tempi della necessità: ha da sempre svolto un mestiere preciso, quello di medico, che lo metteva al sicuro da discografici aguzzini e da certe logiche inartistiche. Detto questo, Cenere, assieme a Come una macchina volante, racchiude a cornice la carriera artistica del suo autore, perché ne racconta le origini, per esempio nella canzone La casa, in cui canta la casa di famiglia a Penne. Inoltre ne indaga la creatività, per esempio con Le regole del jazz o La solitudine di un artista, oppure attraverso atmosfere musicali plumbee e minacciose di Columbus Avenue od Ogni volta che piove.
Nel disco c’è l’artista Locasciulli di oggi, che possiede un codice musical-letterario del passato e che tornerà nel futuro, quello della canzone d’autore, ma che oggi è purtroppo sommerso sotto a un cumulo di cenere. L’artista però non si abbatte, anzi rivendica vitalità, in brani come Annaluna o Il fuggiasco e l’alba, chicca del disco e vera e propria dichiarazione di appartenenza: “Chiudi la radio, non voglio sentire/ e la televisione, io non voglio vedere. / Straccia i giornali, non voglio sapere”, sul onnisciente accompagnamento della tromba.
Le collaborazioni impreziosiscono il disco; tra gli altri, Fabrizio Bosso per Columbus Avenue, oppure Enrico Ruggeri che firma il testo di Le regole del jazz, così come Pacifico quello di Amnesia di un momento; poi Awa Lee che canta in Se mai e Alessandro Haber che recita nel video di Cenere.
https://www.youtube.com/watch?v=Te0cTdY9j7A
Proprio nella prima e nell’ultima canzone del disco, Cenere e Il fuggiasco e l’alba, c’è una particolarità fondamentale dell’opera: la perseveranza, che sfocia in pervicacia cocciuta, perché questo è un disco tutt’altro che dimesso. Questo atteggiamento, nel video, porta Haber a dirigere l’orchestra del tempo, per poi continuare di fronte a un grammofono con un disco rotto che non suona, particolare di cui lui non si cura minimamente. Ne Il fuggiasco e l’alba invece si traduce nell’autore che trova la via d’uscita da questo presente che non gli piace, dopo averne spento le sirene. Così il disco si chiude al futuro, in un mondo in cui tutto è ancora da scrivere. L’alba è un momento di energia poderosa, quella di chi non si rassegna, di chi conosce il ciclo dell’uomo e delle stagioni, a cui interessa un respiro più ampio, tempi più lunghi di chi ha fondamenta ben salde nell’età contadina, che è sudore, sale e terra. Quella di Mimmo Locasciulli, cantautore di razza in un tempo fatto di cenere.
Foto tratta dalla pagina Facebook ufficiale