Il sottosegretario leghista per le Infrastrutture e senatore della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta antimafia nata a Palermo. In seguito ad accertamenti svolti dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani, proprio per conto dei magistrati palermitani, viene ipotizzato uno scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicine all’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri – da un anno agli arresti domiciliari – che secondo gli investigatori ha coperto e finanziato la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. “Non ne sono niente, non so se ridere o piangere. Io non mi sono mai occupato di eolico in tutta la mia vita. Sono senza parole”, ha detto all’Adnkronos il sottosegretario Siri, consigliere economico del vicepremier Matteo Salvini e ideologo della flat tax. “Se i fatti sono questi Siri si deve dimettere“, ha commentato Luigi Di Maio. Tra gli indagati c’è il docente universitario, Paolo Arata, genovese come Siri, 68 anni, ex deputato nazionale di Forza Italia e, nel 1994, presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile. Un altro uomo vicino a Salvini che gli affidò la stesura del programma di governo della Lega sull’Ambiente, come annunciava in un tweet del luglio 2017. Questa estate Arata è stato a lungo in pole position per la presidenza di Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente.
Il docente, la tangente da 30mila euro e il re dell’eolico
Secondo l’ipotesi investigativa, Arata sarebbe stato proprio uno dei personaggi che avrebbero avuto contatti e fatto da tramite con Siri. “Le investigazioni effettuate hanno svelato lo stretto collegamento tra Arata ed esponenti del partito della Lega, in particolare l’attuale sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, stimolato da Arata a promuovere una modifica regolamentare degli incentivi connessi al mini-eolico“. È quanto scrivono i pm nel decreto di perquisizione del filone palermitano dell’inchiesta. Il sottosegretario, tramite Arata, secondo l’accusa ha ricevuto denaro per modificare una norma da inserire in un documento programmatico che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma però mai approvata. Per gli inquirenti il prezzo dell’ipotizzata corruzione è stato di 30mila euro. Mazzetta che Paolo Arata ha consegnato al sottosegretario in cambio di una norma da inserire in provvedimenti di governo e che avrebbe consentito di ampliare i finanziamenti per il settore del mini eolico retrodatando la concessione al momento della costituzione di alcune società dell’imprenditore Vito Nicastri, il re dell’eolico.
Il testo dell’emendamento inviato da Siri a Romeo
“Le tariffe incentivanti e i premi di cui al decreto ministeriale 6 luglio 2012 e ai suoi allegati del ministero dello Sviluppo Economico si applicano agli impianti aventi accesso diretto agli incentivi ai sensi dell’articolo 4 comma 3 del medesimo decreto, alla condizione che siano entrati in esercizio fino alla data del 30 settembre 2017 e documentino di aver inviato la comunicazione di fine lavori al competente gestore di rete entro il 30 giugno 2017″. È questo, secondo una rivelazione dell’Adnkronos, il testo di un emendamento che la segreteria di Armando Siri avrebbe inviato al senatore leghista, Massimiliano Romeo, nel corso dell’iter a Palazzo Madama del ddl Bilancio. Questo emendamento doveva essere inserito tra quelli prioritari presentati dal Carroccio, ma si è poi deciso di stralciarlo.
L’emendamento, inviato per conoscenza al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, il quale rigirò poi la mail il 14 dicembre 2018 a tutti per conoscenza e anche all’ufficio legislativo del Mit, tratta una delle materie che, secondo l’autorità giudiziaria, interessavano all’ex parlamentare di Fi Arata che si sarebbe interessato per conto di Vito Nicastri, imprenditore indicato dai magistrati come “finanziatore” della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Massimiliano Romeo, durante la sessione di bilancio, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto conto della sua firma in calce all’emendamento: “Ci arrivano migliaia di emendamenti da parte del governo per presentarli e noi li presentiamo – ha detto – E, come da prassi, chi ci mette la firma è il capogruppo. Ora io non ricordo esattamente di cosa si trattasse: mi ricordo che c’era qualcosa sull’eolico ma è tutto qui. Un emendamento che sarà stato trattato come tanti altri. Niente di più”.
Il capo di imputazione per il senatore leghista
Il politico leghista, secondo i magistrati, non avrebbe saputo dei rapporti tra Arata e Nicastri. Il passaggio di denaro sarebbe avvenuto nell’abitazione del professore. Il condizionale è d’obbligo perché come si legge nel capo di imputazione al senatore del Carroccio, che avrebbe “asservito” “l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri a interessi privati, viene contestato di aver “proposto” e “concordato” “con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Infrastrutture e Trasporti, Sviluppo economico e Ambiente) l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare (decreto interministeriale in materia di incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile) e di iniziativa governativa di rango legislativo (legge c.d. Milleproroghe, legge di Stabilità, legge c.d. di Semplificazione) ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il c.d. minieolico – riceveva la promessa e/o la dazione di 30mila euro da parte di Paolo Franco Arata, amministratore della Etnea srl, della Alqantarea srl, dominus della Solcara srl (amministrata dal figlio di Arata Francesco) e della Solgesta srl (amministrata dalla moglie Alessandra Rollino) imprenditore che da tali provvedimenti avrebbe tratto benefici di carattere economico”. Stando agli inquirenti Arata sarebbe stato “anche sponsor per la nomina” di Siri “in ragione delle relazioni intrattenute” dal professore con i”massimi livelli istituzionali”
“L’intercettazione tra i due Arata e la tangente a Siri”
Per gli inquirenti il “fumus“, nei confronti di Siri, “è costituito” da alcune conversazioni tra Arata senior e il figlio Francesco “(alla presenza anche di terzi) nelle quali si fa esplicito riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri per la sua attività di sollecitazione dell’approvazione di norme che lo avrebbero favorito. Da numerosi incontri tra gli indagati (e altre persone coinvolte nell’operazione) così come accertato dalla polizia giudiziaria attraverso appositi servizi di osservazione. Da incessante attività promossa – scrivono i pm – dal medesimo Siri per l’approvazione delle norme così come emergente da ulteriori conversazioni che Arata ha intrattenuto con suoi familiari e sodali nell’impresa, quanto con collaboratori di Siri e con altre persone coinvolte (con ruoli istituzionali e non) nella redazione delle stesse”.
La difesa di Armando Siri
Siri, considerato l’ideologo della flat tax cara al Carroccio, come rivelato da L’Espresso ha patteggiato una pena di un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta per il fallimento della MediaItalia, società che avrebbe lasciato debiti per oltre 1 milione di euro. “Non so assolutamente chi sia questo imprenditore coinvolto, non mi sono mai occupato di energia e non davvero chi sia questa persona, credo che si tratti di un errore di persona”, replica ora il sottosegretario alle accuse. Siri, che dice di non aver ancora ricevuto l’avviso di garanzia, chiede di “avere al più presto notizie su questa indagine”. “Non so proprio di cosa si tratti”, dice. E aggiunge: “Io sono qua a disposizione e non ho nessun problema. Comunque sono davvero allibito“. E annuncia: “Chiederò di essere sentito, devo leggere queste carte e chiamare un avvocato. Dovrò attrezzarmi e vedere cosa succede”. “Se tutto fosse confermato, bisogna parlare con l’alleato di governo e capire cosa fare. Un politico per noi oltre che essere onesto deve apparire onesto. Siamo sicuri che Siri ne uscirà pulito“, ha detto il capogruppo M5s alla Camera Francesco D’Uva a Omnibus su La7.
Il filone palermitano: “Il gruppo Arata/Nicastri”
Nicastri, per effetto di questa nuova indagine, si è visto aggravare la misura cautelare che lo teneva ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni ed è stato riportato in carcere. Secondo gli investigatori, il “signore del vento” (come lo definì il Financial Times) continuava a fare affari tramite un familiare anche da casa e nonostante sia stato raggiunto da una maxiconfisca da un miliardo di euro. La parte palermitana e trapanese dell’indagine ipotizza anche l’aggravante dell’agevolazione di Cosa nostra, non formulata nei confronti del sottosegretario. Questa mattina i procuratori aggiunti di Palermo e Roma, Paolo Guido e Paolo Ielo, hanno disposto una serie di perquisizioni simultaneamente a Palermo, negli uffici dell’assessorato regionale all’Energia, e a Roma, oltre che nell’abitazione dello stesso Nicastri. Al centro delle verifiche disposte dai pool ci sono una serie di permessi gestiti dalla Regione Sicilia, con l’assessorato all’Energia, per un giro d’affari da 10 miliardi di euro. Il fine ultimo di Nicastri sarebbe stato quello di fare approvare una normativa che avrebbe previsto ulteriori incentivi e finanziamenti negli investimenti nel campo delle energie alternative.
I pubblici ufficiali indagati a Palermo
Nel filone palermitano sono indagati tre i pubblici ufficiali: si tratta di Alberto Tinnirello, ex funzionario del Dipartimento Energia della Regione, Giacomo Causarano, funzionario dell’assessorato all’Energia, e il funzionario del Comune di Calatafimi Angelo Mistretta. Tinnirello avrebbe incassato una tangente, non quantificata dai pm, per dare gli informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e l’esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi -Segesta della Solgesta s.r.l., di proprietà di Arata e Nicastri. Causarano avrebbe avuto 11mila euro, mazzetta mascherata da pagamento di una prestazione professionale resa dal figlio, pure lui indagato. In cambio avrebbe passato informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti le istanze relative agli impianti di produzione di energia rinnovabile. Mistretta avrebbe ricevuto 115mila euro per rilasciare una autorizzazione alla costruzioni di impianti di produzione di energia alternativa riferibili alle società di Arata e Nicastri. L’inchiesta dei pm di Palermo, una cui tranche è stata inviata a Roma perla posizione di Siri, è nata dall’indagine sull’imprenditore mafioso Francesco Isca, anche lui socio di Nicastri.
Giustizia & Impunità
Armando Siri indagato per corruzione, i pm di Roma: “Tangente da 30mila euro in cambio di emendamenti”
Al centro dell'inchiesta delle procure di Roma e Palermo i rapporti con l'ex parlamentare di Fi Arata che avrebbe fatto da tramite per Vito Nicastri, imprenditore pregiudicato che secondo gli investigatori ha finanziato la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. Secondo gli inquirenti il senatore leghista ha ricevuto denaro per inserire emendamenti per l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle rinnovabili. Ma replica: "Non ne so niente"
Il sottosegretario leghista per le Infrastrutture e senatore della Lega Armando Siri è indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’ambito di un’inchiesta antimafia nata a Palermo. In seguito ad accertamenti svolti dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani, proprio per conto dei magistrati palermitani, viene ipotizzato uno scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicine all’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri – da un anno agli arresti domiciliari – che secondo gli investigatori ha coperto e finanziato la latitanza del superboss Matteo Messina Denaro. “Non ne sono niente, non so se ridere o piangere. Io non mi sono mai occupato di eolico in tutta la mia vita. Sono senza parole”, ha detto all’Adnkronos il sottosegretario Siri, consigliere economico del vicepremier Matteo Salvini e ideologo della flat tax. “Se i fatti sono questi Siri si deve dimettere“, ha commentato Luigi Di Maio. Tra gli indagati c’è il docente universitario, Paolo Arata, genovese come Siri, 68 anni, ex deputato nazionale di Forza Italia e, nel 1994, presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile. Un altro uomo vicino a Salvini che gli affidò la stesura del programma di governo della Lega sull’Ambiente, come annunciava in un tweet del luglio 2017. Questa estate Arata è stato a lungo in pole position per la presidenza di Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente.
Il docente, la tangente da 30mila euro e il re dell’eolico
Secondo l’ipotesi investigativa, Arata sarebbe stato proprio uno dei personaggi che avrebbero avuto contatti e fatto da tramite con Siri. “Le investigazioni effettuate hanno svelato lo stretto collegamento tra Arata ed esponenti del partito della Lega, in particolare l’attuale sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, stimolato da Arata a promuovere una modifica regolamentare degli incentivi connessi al mini-eolico“. È quanto scrivono i pm nel decreto di perquisizione del filone palermitano dell’inchiesta. Il sottosegretario, tramite Arata, secondo l’accusa ha ricevuto denaro per modificare una norma da inserire in un documento programmatico che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma però mai approvata. Per gli inquirenti il prezzo dell’ipotizzata corruzione è stato di 30mila euro. Mazzetta che Paolo Arata ha consegnato al sottosegretario in cambio di una norma da inserire in provvedimenti di governo e che avrebbe consentito di ampliare i finanziamenti per il settore del mini eolico retrodatando la concessione al momento della costituzione di alcune società dell’imprenditore Vito Nicastri, il re dell’eolico.
Il testo dell’emendamento inviato da Siri a Romeo
“Le tariffe incentivanti e i premi di cui al decreto ministeriale 6 luglio 2012 e ai suoi allegati del ministero dello Sviluppo Economico si applicano agli impianti aventi accesso diretto agli incentivi ai sensi dell’articolo 4 comma 3 del medesimo decreto, alla condizione che siano entrati in esercizio fino alla data del 30 settembre 2017 e documentino di aver inviato la comunicazione di fine lavori al competente gestore di rete entro il 30 giugno 2017″. È questo, secondo una rivelazione dell’Adnkronos, il testo di un emendamento che la segreteria di Armando Siri avrebbe inviato al senatore leghista, Massimiliano Romeo, nel corso dell’iter a Palazzo Madama del ddl Bilancio. Questo emendamento doveva essere inserito tra quelli prioritari presentati dal Carroccio, ma si è poi deciso di stralciarlo.
L’emendamento, inviato per conoscenza al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, il quale rigirò poi la mail il 14 dicembre 2018 a tutti per conoscenza e anche all’ufficio legislativo del Mit, tratta una delle materie che, secondo l’autorità giudiziaria, interessavano all’ex parlamentare di Fi Arata che si sarebbe interessato per conto di Vito Nicastri, imprenditore indicato dai magistrati come “finanziatore” della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.
Massimiliano Romeo, durante la sessione di bilancio, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto conto della sua firma in calce all’emendamento: “Ci arrivano migliaia di emendamenti da parte del governo per presentarli e noi li presentiamo – ha detto – E, come da prassi, chi ci mette la firma è il capogruppo. Ora io non ricordo esattamente di cosa si trattasse: mi ricordo che c’era qualcosa sull’eolico ma è tutto qui. Un emendamento che sarà stato trattato come tanti altri. Niente di più”.
Il capo di imputazione per il senatore leghista
Il politico leghista, secondo i magistrati, non avrebbe saputo dei rapporti tra Arata e Nicastri. Il passaggio di denaro sarebbe avvenuto nell’abitazione del professore. Il condizionale è d’obbligo perché come si legge nel capo di imputazione al senatore del Carroccio, che avrebbe “asservito” “l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri a interessi privati, viene contestato di aver “proposto” e “concordato” “con gli organi apicali dei ministeri competenti per materia (Infrastrutture e Trasporti, Sviluppo economico e Ambiente) l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentare (decreto interministeriale in materia di incentivazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile) e di iniziativa governativa di rango legislativo (legge c.d. Milleproroghe, legge di Stabilità, legge c.d. di Semplificazione) ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il c.d. minieolico – riceveva la promessa e/o la dazione di 30mila euro da parte di Paolo Franco Arata, amministratore della Etnea srl, della Alqantarea srl, dominus della Solcara srl (amministrata dal figlio di Arata Francesco) e della Solgesta srl (amministrata dalla moglie Alessandra Rollino) imprenditore che da tali provvedimenti avrebbe tratto benefici di carattere economico”. Stando agli inquirenti Arata sarebbe stato “anche sponsor per la nomina” di Siri “in ragione delle relazioni intrattenute” dal professore con i”massimi livelli istituzionali”
“L’intercettazione tra i due Arata e la tangente a Siri”
Per gli inquirenti il “fumus“, nei confronti di Siri, “è costituito” da alcune conversazioni tra Arata senior e il figlio Francesco “(alla presenza anche di terzi) nelle quali si fa esplicito riferimento alla somma di denaro pattuita a favore di Armando Siri per la sua attività di sollecitazione dell’approvazione di norme che lo avrebbero favorito. Da numerosi incontri tra gli indagati (e altre persone coinvolte nell’operazione) così come accertato dalla polizia giudiziaria attraverso appositi servizi di osservazione. Da incessante attività promossa – scrivono i pm – dal medesimo Siri per l’approvazione delle norme così come emergente da ulteriori conversazioni che Arata ha intrattenuto con suoi familiari e sodali nell’impresa, quanto con collaboratori di Siri e con altre persone coinvolte (con ruoli istituzionali e non) nella redazione delle stesse”.
La difesa di Armando Siri
Siri, considerato l’ideologo della flat tax cara al Carroccio, come rivelato da L’Espresso ha patteggiato una pena di un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta per il fallimento della MediaItalia, società che avrebbe lasciato debiti per oltre 1 milione di euro. “Non so assolutamente chi sia questo imprenditore coinvolto, non mi sono mai occupato di energia e non davvero chi sia questa persona, credo che si tratti di un errore di persona”, replica ora il sottosegretario alle accuse. Siri, che dice di non aver ancora ricevuto l’avviso di garanzia, chiede di “avere al più presto notizie su questa indagine”. “Non so proprio di cosa si tratti”, dice. E aggiunge: “Io sono qua a disposizione e non ho nessun problema. Comunque sono davvero allibito“. E annuncia: “Chiederò di essere sentito, devo leggere queste carte e chiamare un avvocato. Dovrò attrezzarmi e vedere cosa succede”. “Se tutto fosse confermato, bisogna parlare con l’alleato di governo e capire cosa fare. Un politico per noi oltre che essere onesto deve apparire onesto. Siamo sicuri che Siri ne uscirà pulito“, ha detto il capogruppo M5s alla Camera Francesco D’Uva a Omnibus su La7.
Il filone palermitano: “Il gruppo Arata/Nicastri”
Nicastri, per effetto di questa nuova indagine, si è visto aggravare la misura cautelare che lo teneva ai domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni ed è stato riportato in carcere. Secondo gli investigatori, il “signore del vento” (come lo definì il Financial Times) continuava a fare affari tramite un familiare anche da casa e nonostante sia stato raggiunto da una maxiconfisca da un miliardo di euro. La parte palermitana e trapanese dell’indagine ipotizza anche l’aggravante dell’agevolazione di Cosa nostra, non formulata nei confronti del sottosegretario. Questa mattina i procuratori aggiunti di Palermo e Roma, Paolo Guido e Paolo Ielo, hanno disposto una serie di perquisizioni simultaneamente a Palermo, negli uffici dell’assessorato regionale all’Energia, e a Roma, oltre che nell’abitazione dello stesso Nicastri. Al centro delle verifiche disposte dai pool ci sono una serie di permessi gestiti dalla Regione Sicilia, con l’assessorato all’Energia, per un giro d’affari da 10 miliardi di euro. Il fine ultimo di Nicastri sarebbe stato quello di fare approvare una normativa che avrebbe previsto ulteriori incentivi e finanziamenti negli investimenti nel campo delle energie alternative.
I pubblici ufficiali indagati a Palermo
Nel filone palermitano sono indagati tre i pubblici ufficiali: si tratta di Alberto Tinnirello, ex funzionario del Dipartimento Energia della Regione, Giacomo Causarano, funzionario dell’assessorato all’Energia, e il funzionario del Comune di Calatafimi Angelo Mistretta. Tinnirello avrebbe incassato una tangente, non quantificata dai pm, per dare gli informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e l’esercizio degli impianti di bio-metano di Franconfonte e Calatafimi -Segesta della Solgesta s.r.l., di proprietà di Arata e Nicastri. Causarano avrebbe avuto 11mila euro, mazzetta mascherata da pagamento di una prestazione professionale resa dal figlio, pure lui indagato. In cambio avrebbe passato informazioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti le istanze relative agli impianti di produzione di energia rinnovabile. Mistretta avrebbe ricevuto 115mila euro per rilasciare una autorizzazione alla costruzioni di impianti di produzione di energia alternativa riferibili alle società di Arata e Nicastri. L’inchiesta dei pm di Palermo, una cui tranche è stata inviata a Roma perla posizione di Siri, è nata dall’indagine sull’imprenditore mafioso Francesco Isca, anche lui socio di Nicastri.
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"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
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