L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha ufficializzato la rivalutazione della classificazione dell’elettrosmog. E lo farà pure con urgenza, atteso il pericolo mondiale incombente sulle inesplorate radiofrequenze dell’Internet delle cose. La notizia è appena apparsa sulla sezione oncologica di The Lancet, la rivista scientifica inglese di ambito medico considerata tra le prime cinque al mondo. Nelle “Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la monografia Iarc” per il periodo 2020-2024, tra gli agenti con precedenza di valutazione per una rivalutazione della classificazione sulla cancerogenesi, ci sono infatti le “radiazioni non ionizzanti-radiofrequenze”, cioè l’elettrosmog attualmente in classe 2B (possibili agenti cancerogeni).

Queste, sulla scorta dei più aggiornati studi, delle evidenze emerse negli ultimi test condotti dall’americano National toxicology program e dal nostro Istituto Ramazzini, andrebbero in classe 2A (probabili agenti cancerogeni) se non addirittura in classe 1 (cancerogeni certi), mettendo definitivamente il punto sulla controversa pericolosità delle radiofrequenze, negata persino nelle recenti audizioni parlamentari. Nonostante, secondo il bipensiero di George Orwell, una parte della comunità medico-scientifica internazionale chieda ai governi, all’Oms e all’Onu di bloccare subito il temuto 5G.

La decisione della Iarc è arrivata dopo la riunione dello scorso mese di marzo, quando un gruppo consultivo di 29 scienziati di 18 Paesi si è riunito per raccomandare le priorità nel programma di monografie, per garantire che le valutazioni delle monografie riflettessero lo stato attuale delle evidenze scientifiche più rilevanti sulla cancerogenicità. Come ho più volte denunciato, adesso non ci sono davvero più scuse: i pericoli dell’elettrosmog sono reali, fondati e soprattutto trovano nella scienza senza conflitti d’interessi il perno su cui far girare le politiche di prevenzione del danno, considerato che altri Paesi d’Europa, a differenza dell’Italia, hanno già adottato la prudenza per non trasformare i cittadini in vere e proprie cavie da laboratorio.

Supportati anche da un paio di inequivocabili documenti prodotti da organi consultivi del Parlamento europeo sui rischi del 5G, finora il wireless di quinta generazione è stato fermato in Belgio (governo di Bruxelles) e in tre cantoni della Svizzera (Ginevra, Giura, Vado), mentre in Olanda una commissione parlamentare ha chiesto verifiche preliminari rollout e in Germania l’Ufficio federale per la protezione dalle radiazioni ha sollecitato ulteriori ricerche, motivo per cui a Malta non sono state messe all’asta le licenze.

Proprio per questo – insieme a parlamentari, sindaci e consiglieri regionali – come alleanza italiana Stop 5G siamo stati in Senato dove, di fronte all’assenza ingiustificabile di rappresentanti del governo, abbiamo portato in sede istituzionale la testimonianza schiacciante di malati elettrosensibili e cittadini operati per tumore al cervello, persone a cui i tribunali hanno già riconosciuto il nesso della patologia con l’elettrosmog. “Nessuno mi aveva detto degli effetti collaterali, che le radiofrequenze facessero male, ho subito una delicatissima operazione chirurgica in testa per rimuovere un tumore”, ha detto Roberto Romeo, un lavoratore dell’ex Sip a cui il tribunale di Ivrea ha riconosciuto nell’elettrosmog l’origine del male. “La mia vita non è più la stessa, sono stato seriamente danneggiato, mi hanno aperto la testa come fosse un’arancia per asportarmi il male causato dal pericolo invisibile”: così Alessandro Maurri, vittorioso nel primo giudizio al tribunale di Firenze.

Annunciata una mozione da diversi parlamentari di Camera e Senato con l’obiettivo di impegnare il governo Conte nella richiesta di una moratoria per il 5G. Per impedire un salto nel buio si mobilita intanto il territorio: il Consiglio comunale di Firenze ha appena approvato una mozione per la precauzione, così come il Municipio XII di Roma Capitale ha detto di non volere il 5G, mentre altre 18 mozioni Stop 5G verranno presto votate in altri consigli di Comuni, Province autonome e Regioni italiane. E ci sono poi altri 16 sindaci che si sono dichiarati contrari al 5G per tutelare la salute dei loro concittadini. Ma presto, sulla cancerogenesi delle radiofrequenze si pronuncerà anche l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro.

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