I pm della Procura di Roma sono al lavoro sulle centinaia di pagine e documenti acquisiti ieri nel corso delle perquisizione svolte in appartamenti e uffici riconducibili Paolo Franco Arata, ex deputato di Forza Italia. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi, dovranno analizzare i bilanci delle società (Etnea Srl, Alquantara Srl, Solcara Srl amministrata dal figlio Franesco e Solgesta Srl amministrata dalla moglie Alessandra Rollino) del professore ligure e i file presenti in una serie di pc acquisiti durante l’attività della Dia.
All’attenzione degli investigatori anche i telefoni di Arata, già presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile, autore del programma di governo della Lega sull’Ambiente, oltre ai flussi bancari e dei conti correnti: obiettivo di chi indaga è cercare di ricostruire i rapporti che l’imprenditore, oltre che con il sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri, indagato per corruzione, ha avuto con pezzi della politica e delle istituzioni. Il leghista però si dice completamente estraneo alla vicenda. Il difensore di Arata, l’avvocato Gaetano Scalise, ha avuto un incontro con i magistrati e ha annunciato il ricorso al tribunale del Riesame. Non è escluso che nelle prossime settimane Arata chieda di essere ascoltato dai titolari del filone di indagine arrivato a Roma per competenza da Palermo.
Anche a Palermo le indagini proseguono e dagli atti emergono particolari sulle comunicazioni tra gli indagati. Le carte dei progetti che gli interessavano le infilava in un paniere, uno di quei contenitori con cui si passa la spesa, che calava dal balcone. Così e dando disposizioni dalla finestra o attraverso il figlio, continuava a controllare la gestione degli affari, nonostante gli arresti domiciliari, Vito Nicastri. L’imprenditore alcamese, accusato di avere pagato la latitanza del boss Messina Denaro, è tornato in cella ieri nell’ambito di una nuova indagine che lo vede indagato per corruzione.
Il contenuto del paniere finiva all’ex deputato di Forza Italia Paolo Arata, socio occulto di Nicastri, o a suo figlio: entrambi sono indagati per corruzione e intestazione fittizia aggravata dall’avere agevolato la mafia. I pm di Palermo che coordinano l’inchiesta sono risaliti a tutte la partecipazione societarie di Arata nel business dell’imprenditore. Contemporaneamente, intercettando il faccendiere, hanno scoperto che questi avrebbe consegnato una tangente di 30mila euro al sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri per caldeggiare emendamenti che avrebbe potuto favorire il “gruppo Arata/Nicastri” così come scrivono i pm nel decreto di perquisizione. Emendamento poi non ammesso. Nel troncone siciliano dell’inchiesta sono coinvolti anche alcuni dirigenti regionali e uno comunale che sarebbero stati corrotti per agevolare le autorizzazioni al duo Nicastri-Arata per i progetti relativi al bio-metano e all’eolico. Nei prossimi giorni la Dia, che ha condotto l’indagine, sentirà come testimoni gli assessori regionali al territorio e all’Energia Cordaro e Pierobon e il presidente dell’Ars Miccichè che sarebbero stati contattati da Arata per avere entrature nell’amministrazione regionale.