Se per la Cassazione non ci sono le esigenze cautelari, per il Riesame Mimmo Lucano deve stare ancora lontano da Riace. La sentenza è stata depositata poco fa al termine di una camera di consiglio durata molte ore. Dopo l’annullamento con rinvio disposto dalla Suprema Corte, infatti, il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha rigettato per la seconda volta l’istanza di revoca formulata dagli avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua.
Le motivazioni del Riesame arriveranno tra 30 giorni quando si capirà perché per Mimmo Lucano resta ancora il divieto di dimora dopo che la sesta sezione della Cassazione, a inizio aprile, aveva annullato la misura restrittiva per quanto riguarda uno dei due capi di imputazione e, soprattutto, le esigenze cautelari. Pochi giorni fa, il sindaco “sospeso” è stato rinviato a giudizio nel processo “Xenia” sulla gestione dei fondi arrivati a Riace per l’accoglienza. Per molti dei capi di imputazione (associazione a delinquere, abuso d’ufficio, concussione), contestati dalla Procura di Locri, non era stata accolta la misura cautelare dal gip che aveva disposto i domiciliari per Lucano solo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per alcune irregolarità nell’appalto del servizio di raccolta dei rifiuti nel piccolo Comune della Locride.
Il 16 ottobre scorso, il Riesame ha alleggerito la misura cautelare disponendo il divieto di dimora per gli stessi due capi di imputazione. Di questi, con il ricorso in Cassazione, ne è rimasto uno solo, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma senza le esigenze cautelari.
Questo, tuttavia, non ha impedito alla Suprema Corte di esprimersi nei confronti dell’accusa riguardo ai “presunti matrimoni di comodo” tra immigrati e cittadini italiani che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco. Si tratta di un’accusa che – si legge nella sentenza di inizio aprile – “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”.
Per la storia dei matrimoni finti, qualche settimana prima la Cassazione aveva annullato la misura cautelare per una coimputata di Lucano, stabilendo che quest’ultimo era “pienamente consapevole dell’illegalità di alcune sue condotte finalizzate ad ‘aiutare’ extracomunitari” ma che le avrebbe commesse “probabilmente per finalità moralmente apprezzabili”.
Sugli appalti, invece, secondo gli ermellini mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che il sindaco sospeso di Riace avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”. Per la Cassazione, inoltre, non erano nemmeno provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato la sua azione poiché è la legge che consente “l’affidamento diretto di appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate”, a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Ragionamenti evidentemente non condivisi dai giudici del Riesame che hanno confermato il divieto di dimora per Lucano. Il perché il sindaco sospeso lo leggerà entro 30 giorni quando verranno depositate le motivazioni. Subito dopo sarà di nuovo la Cassazione a decidere se le indicazioni fornite con il suo primo pronunciamento sono state rispettate dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria.
Con la conferma del divieto di dimora, Lucano dovrà affrontare la prossima campagna elettorale per le comunali lontano Riace. Non si candiderà più a sindaco perché era già al terzo mandato ma, come ha dichiarato nei giorni scorsi al Fatto Quotidiano, sarà in lista per un posto di consigliere comunale a sostegno della candidata sindaco Maria Spanò.