Era il più grande: unico e inimitabile! Se a Modena-Play decine di migliaia di giocatori hanno provato centinaia di nuovi prodotti, se al gioco viene data la dignità culturale e sociale che gli è propria, se il gioco viene ormai riconosciuto come un’efficace prevenzione per le patologie dell’azzardo, se in altre parole – e permettetemi di spararla un po’ grossa – stiamo vivendo una sorta di piccolo Rinascimento del Gioco (quello con la G maiuscola, sia chiaro) è anche merito dei “giganti” che ci hanno preceduto e sulle cui spalle stiamo. E uno di questi giganti è senza dubbio Giampaolo Dossena.
In tempi in cui, come amava ripetere lui stesso, “il gioco era circondato dal discredito”, Giampaolo Dossena lo ha sdoganato, tenendo per decenni esilaranti rubriche giornalistiche con la partecipazione attiva dei suoi lettori, prime fra tutte quella sul Tuttolibri de La Stampa e sul Venerdì di Repubblica. E i suoi articoli son diventati libri, e i suoi libri son diventati enciclopedie e ancor oggi i suoi testi ci illuminano. Come scriveva lui non ha mai scritto nessuno: meravigliosamente inimitabile. Ecco per esempio come descrive il gioco popolarmente noto come Telefono senza fili: “Blando erotismo dello sfiorar con le labbra l’orecchio della vicina. Blando, mica tanto. Provate con una signora che porta la veletta.” Insomma, con lui la provocazione era in agguato!
E aveva una cultura “mostruosa” (mostruosa davvero!): oltre che di giochi si è sempre occupato di letteratura, giungendo a scrivere la mitica Storia confidenziale della letteratura italiana. Mi aveva confidato che il titolo che lui aveva proposto era “Storia confidenziale della cosiddetta letteratura italiana”, ma l’editore gliel’aveva cassato. E così nel 1987 il critico Beniamino Placido commentò: “Giampaolo Dossena… fa lo stesso con la storia della nostra Letteratura. Non gli piace come è stata insegnata. Non gli piace come è stata tramandata. Facciamone una contro-storia, dice. Facciamone un gioco”. E lui l’ha raccontata proprio come un gioco, come non aveva fatto nessun altro.
Tutti noi che giochiamo e ci occupiamo di gioco stiamo sulle sue spalle, ma il Sapiens è una specie dalla memoria corta e così – duole constatare – molti dei gamers di oggi non sanno nemmeno chi sia, il Dossena. Giunge così assolutamente provvida un’altra delle tante iniziative culturali che si sono portate avanti in quel catalizzatore ludico che è Modena-Play, il premio Giampaolo Dossena per la cultura ludica, istituito a dieci anni dalla scomparsa.
Il riconoscimento è stato ideato dalla Lungi (Libera Università del Gioco), presieduta da Roberto Farnè, ordinario del Dipartimento Scienze per la Qualità della Vita all’Università di Bologna, che ha sottolineato che “La straordinarietà di Dossena è stata quella di aver trattato il gioco come un testo su cui esercitare le categorie critiche di analisi, proprio come fa un qualunque scienziato con un suo oggetto di ricerca, ed è questo che lo ha reso il più importante filologo del gioco in Italia”. Alla cerimonia, la figura e l’opera di Dossena sono state tratteggiate in modo assolutamente brillante da Cosimo Cardellicchio, un vecchio amico, estimatore e studioso del nostro, che nella giuria ha rappresentato la famiglia Dossena. In giuria anche Andrea Ligabue, direttore artistico di Modena-Play, e Francesca Corrado, presidente di PlayRes.
Devo dire che questa giuria non poteva scegliere meglio. Il premio è andato infatti a Stefano Bartezzaghi e a Nicla Iacovino. Bartezzaghi non ha bisogno di presentazioni: basti ricordare che è stato il successore di Dossena nelle sue rubriche più importanti, dando quindi continuità alla sua opera. Bartezzaghi ha voluto esprimere la sua riconoscenza specificando che questo per lui è il secondo premio Dossena: il primo glielo aveva consegnato Dossena stesso, assegnandogli – ancora ragazzo – la sua rubrica su Tuttolibri. La sociologa Nicla Iacovino è stata fondatrice e animatrice dal 2002 al 2014 della rivista Tangram, vero punto di riferimento per tanti che si sono occupati di giochi. Chissà che questo premio possa essere uno stimolo per la sua rinascita!
Non posso chiudere questo contributo senza proporvi un gioco di quelli che proponeva Dossena: “La zia era assatanata. Viveva, a dir poco, effervescentemente. Le andavano bene tutti, anche certi tipi sifiliticissimi che raccattava sotto i ponti. Il suo psicanalista la mandò da un ormonologo che , visti i risultati delle analisi, borbottò: cuccuccurucù”. Ma a che gioco stava giocando, quel funambolo delle parole? Beh, giocava con le più lunghe parole omovocaliche italiane! Se vi siete incuriositi, andate a leggervi il suo delizioso La zia era assatanata – Primi giochi di parole per poeti e folle solitarie.
Se poi volete vederlo di persona, qui ci sono degli spezzoni (di bassa qualità, purtroppo) dei suoi interventi al Sigis 1985, un convegno interdisciplinare sui tanti possibili significati della parola Gioco.