Il vecchio segretario Pd la trascina in tribunale, quello nuovo l’accoglie col sorriso al Nazareno. Nel moto di solidarietà tardiva che affligge molti deputati dem dalla memoria corta. “Che vuole che le dica, per pagare le parcelle venderò il negozio. L’importante oggi è aver sentito Zingaretti in persona che offre solidarietà agli sbancati come me. Per il resto, deciderà il giudice”. La signora Giovanna Mazzoni è la pensionata di Ferrara che nel 2017 interruppe Renzi sul palco della Festa dell’Unità di Bologna per dirgliene quattro sul suo “salva-banche”, e sugli effetti per i piccoli risparmiatori come lei. Ex dipendente Inail in pensione, perse nel giro di quattro giorni 51mila euro. I classici risparmi di una vita. Ragion per cui, nella concitazione della protesta, reagì alla provocazione di Renzi – che la tacciava dal palco di cercare visibilità – urlando: “Voi avete rubato!”. “Lo dice a sua sorella”, fu la risposta dell’allora segretario del Pd. E lei fu allontanata dalla sala della Festa de l’Unità di Bologna. Storia che sembrava morta e sepolta, e invece torna attualissima.
Perché mentre il problema dei risarcimenti agli “sbancati” è ancora lì, due anni dopo, la signora Giovanna apre i giornali e scopre di essere nella rosa dei querelati che Renzi vuol sbancare a suon di cause civili, in compagnia di molti big tra cui Piero Pelù, Marco Travaglio, la giornalista Rai Costanza Miriano, lo chef Vissani, ministri e gente di spettacolo. Lo ha confermato il legale dell’ex sindaco di Firenze, Lorenzo Pellegrini.
La signora risponde al cellulare dai tavoli del caffé Giolitti, a due passi da Montecitorio. Riprende fiato dopo l’ennesimo sit-in dei cosiddetti ‘sbancati’ davanti alla Camera dei Deputati. “Franceschiiiiini, siamo quiiiii”, urla quando passa l’ex ministro. “Lui – spiega al telefono – si è prodigato perché il Pd ritirasse la prima querela”. Perché all’epoca fu il Partito Democratico a farle causa per mano di Francesco Bonifazi, allora presidente e rappresentante legale, causa poi ritirata. Riprende a parlare. “Mi scusi sa, lei per caso ha capito se Renzi vuole dei soldi? No perché io non ho ricevuto ancora una notifica né niente, ma non è che navighi proprio nell’oro. Mica ho gli avvocati di Renzi io. Pensandoci stanotte non ci ho dormito, perché già si ventilava la storia della querela”.
Giovanna racconta di essere in piedi dalle cinque, treno da Ferrara alle 6:30. Alle 11 la manifestazione davanti alla Camera, dove “sono venuti tanti parlamentari a offrirci il loro sostegno”. Ma ne valeva la pena, giura. “Sono venuti a stringerci la mano Marattin, c’era anche la Serracchiani”. Scusi, ma lui era il consigliere economico di Palazzo Chigi ai tempi di Renzi, lei una sua fedelissima…. “Guardi – risponde Giovanna – ho l’impressione che questo Pd abbia intenzione di risalire la china e si stia interessando del caso dei rovinati dal salvataggio delle quattro banche”. Al punto che una delegazione del comitato dei danneggiati, compresa la signora Mazzoni, viene invitata a salire al Nazareno. “Davvero, Zingaretti in persona ci ha ricevuti a braccia aperte. Io non ho parlato direttamente con lui, perché eravamo una ventina. Ma l’ho visto e sentito con le mie orecchie prendere l’impegno a sostenere la nostra battaglia”. La qual cosa rende la piccola storia assai curiosa, emblematica del nuovo partito che non riesce a liberarsi del vecchio (e viceversa).
Il paradosso si è materializzato proprio nel cuore del Pd, dentro le mura della sede. Quando la signora Giovanna sale al soglio di Zingaretti: mentre il neosegretario cerca faticosamente di ricucire la ferita aperta dal salva-banche di Renzi, quello vecchio non perde occasione di spargerci sopra altro sale, infilando anche la minuta nonnina nell’esercito dei nemici da spennare per vendetta. E amen se la cosa procura imbarazzo ai compagni di partito. Secondario o del tutto irrilevante – anche agli occhi della signora – la circostanza per cui gli “azzerati” vengano arruolati solo oggi dal Pd, con il governo gialloverde divenuto bersaglio delle loro lamentele sui continui ritardi dei rimborsi agli ex azionisti. Un’armonia un po’ sospetta e interessata, diciamo. “L’unica cosa che conta è che si trovi una so-lu-zio-ne”, scandisce la saggia Giovanna. “Non per me che potrei stare a casa far l’uncinetto”, dice. “Ma per le famiglie e i lavoratori che nel giro di quattro giorni si sono visti spazzar via i risparmi, l’azienda, la casa”.
E la causa? “Mi difenderò come devo e come posso, non scappo e non abbasso il capo. Anche se la giustizia andrebbe impegnata per altro. Sperando poi che l’avvocato sia misurato e non mi sprema troppo. In caso di condanna, se mai avessi torto, pagherò il mio debito vendendo il poco che mi resta, un piccolo negozio sfitto da un anno”. Ma non rinnega nulla. “Quel che conta che è i partiti siano venuti da noi, che abbiano riconosciuto il grande problema sociale e imprenditoriale nato da quella misura e che faranno di tutto per affrontarlo”. “Ecco – conclude – Renzi non aveva questa percezione, nel suo intervento disse ‘abbiamo salvato le banche’, senza dire di aver distrutto però 320mila famiglie più l’indotto. Io lì sono intervenuta, per dire che ci ha rubato il futuro. Io questo intendevo, e mi ha querelata citandomi a giudizio”.
Dalla sua, la signora Giovanna avrà pur sempre la Costituzione.“Libero fischio in libero Stato” diceva Sandro Pertini, tirato in ballo spesso da Matteo Renzi, a partire dal suo discorso di insediamento al governo del 24 febbraio 2014. Nella Carta che l’ex partigiano contribuì a ascrivere però non c’è traccia di un articolo che vieti il dissenso, ma c’è l’articolo 21 che sancisce la libertà di espressione. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola”. A prescindere dall’opinione che si vuole affermare. A Renzi allora piaceva di più quest’altra citazione. “I giovani non hanno bisogno di prediche, i giovani hanno bisogno, da parte degli anziani, di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”. Ecco, la signora Giovanna è costretta da Renzi a difendere se stessa e quel principio, ma letto al contrario.
Riceviamo e pubblichiamo dall’onorevole Luigi Marattin