Il titolo di questa storia potrebbe essere “Davide contro Golia”. E’ la vicenda dell’antenna di Zelarino così come altre storie, considerate minori. Minori rispetto a cosa? Cosa c’è di più importante, ad esempio, per le madri che abitano in via Comboni rispetto al pensiero che venga attivato l’impianto di trasmissione? Cosa c’è di più importante della salvaguardia della propria salute? Questa è la resistenza di una piccola comunità. La resistenza quotidiana a qualcosa di grave deciso sopra le teste di quei cittadini.
Valentina Buzzo è una giovane mamma nata e cresciuta in via Comboni (prima dell’installazione dell’enorme struttura), ora in quella casa sono rimasti i genitori, anche loro peraltro hanno detto “no” alla richiesta di passaggio, inoltrata dalla società, per sistemare tutti i cavi che porterebbero energia elettrica per alimentare l’impianto. A leggere le carte emerge come la faccenda non sia chiara. E del resto le immagini del pennone che sovrasta le case, i giardini e i parcheggi a pochi metri dalle teste di quelle persone parlano da sole.
Valentina è stata molto chiara: “La nostra opposizione al passaggio dei loro mezzi pesanti, tra l’altro, è legittima poiché su quel tratto di strada – che peraltro è privata – è vietato l’accesso ai mezzi pesanti. Una prescrizione con tanto di cartello del Comune di Venezia collocato all’inizio della via”.
La società telefonica invece sostiene che quel tratto di strada sarebbe comunale e non privato e che pertanto “se i residenti si fossero in un futuro ancora interposti e avessero impedito il passaggio dei loro mezzi, avrebbero proceduto con denunce in sede penale e civile”.
Preoccupati, minacciati e soli. Si sentono così gli abitanti di via Comboni a Zelarino. E a loro non importa di sentirsi una storia “minore”. Vogliono ottenere giustizia e soprattutto si aspettano che venga rispettato il loro diritto alla salute.
Ps: Non so quanto un post possa essere utile per smuovere le acque rispetto alla storia di Valentina e le altre famiglie. Una cosa è certa, per altre storie “minori” scrivete all’indirizzo: e.reguitti@ilfattoquotidiano.