Fabio Cuttone è diventato “cittadino dell’anno”. Non però nella città dove è nato e cresciuto, cioè Arluno, in provincia di Milano. Neppure in quella dove ha studiato per dieci anni: Pavia. Fabio, a 39 anni, è stato votato come il cittadino più meritevole del 2018 a Tolosa. A un centinaio di chilometri dai Pirenei, in Stato francese, ha vinto tra 16 candidati il concorso promosso dalla Ladepeche.fr, il quotidiano dell’Occitania, la regione di cui Tolosa fa parte. Proprio qui, dal 2014, Fabio fa il chirurgo e aggiusta i cuori dei bambini. Nell’ultimo anno ha occupato le pagine dei giornali d’Oltralpe per un intervento molto complesso che ha effettuato su un bambino di origine armena, Alex. Affetto da una malformazione cardiaca rara che di solito lascia poche speranze di vita. A soli tre giorni dalla nascita l’equipe dell’ospedale pediatrico universitario diretta da Cuttone gli ha inserito un tubicino che mette in comunicazione l’aorta con l’arteria polmonare per dargli più ossigeno. Ma l’operazione più difficile è stata quella dell’aprile scorso, quando Alex aveva sette mesi. “Ho eseguito una rotazione conotroncale – ci spiega Fabio -. In parole più semplici, ho staccato l’aorta e l’arteria polmonare, le ho ruotate di 180 gradi e poi le ho ricucite nella posizione corretta. Nel frattempo il cuore del piccolo è stato arrestato per circa 150 minuti. Ci sono solo una ventina di casi simili riportati in letteratura, nessuno identico a questo”.
Da quando se n’è andato dall’Italia Fabio a iniziato a usare i ferri tutti i giorni. “A Pavia ero un chirurgo senza bisturi” ammette ancora con l’amaro in bocca. “Non ho mai operato un cuore in cinque anni di specializzazione. Osservavo e basta”. L’insoddisfazione cresceva di giorno in giorno. “Facevo ricerca e scrivevo articoli ma erano sempre i soliti a firmarli. Le tue idee non contano, i più grandi hanno paura che rubi loro il posto. Ti tarpano le ali, non ti danno responsabilità, ti fanno sentire sempre uno studente”. Frustrato, ha fatto le valigie. Prima per Caen, in Normandia, dove è rimasto quattro anni. “Conoscevo un professore italiano che lavorava qui. Gli ho chiesto se potevo raggiungerlo per fare pratica sugli adulti anche se il mio sogno era diventare un cardiochirurgo pediatrico”. Finita questa esperienza si è trasferito a Londra per un anno, tramite un altro professore francese che aveva incontrato a un congresso. “Qui ho potuto studiare le patologie congenite nei bambini”. Nel frattempo mandava curriculum in tutta Europa pur sapendo che i posti per cardiochirurgia pediatrica sono limitatissimi. Il primo ospedale che ha risposto è stato quello di Tolosa. E così Fabio si è rimesso in gioco.
“Mi hanno proposto un contratto di un anno, rinnovabile se fossi stato all’altezza delle aspettative. L’anno successivo ne ho firmato un altro. Il terzo contratto era di due anni. Ora sono in attesa di firmare quello a tempo indeterminato”. Inizialmente ha operato sotto la supervisione di un chirurgo più anziano. Poi, ottenuta la fiducia di tutti, ha incominciato a lavorare in piena autonomia. Gli affidano i casi più complessi e propone progetti di ricerca. “Non credo che in Italia alla mia età tutto questo sarebbe stato possibile”. Quando gli chiediamo se ha voglia di tornare a casa la risposta è: “Magari, ma è presto”. Perché? “Il nostro Paese non è ancora pronto al cambio di passo, se tornassi non mi accontenterei di un ruolo inferiore e francamente la vedo dura. Se non hai il titolo di professore non sei nessuno. E finora non ho ricevuto nessuna proposta di lavoro dall’Italia”. Quando non è in sala operatoria, Fabio va in missione. “Sono referente per Tolosa di Chaîne de l’Espoir, un’organizzazione umanitaria che aiuta i bambini poveri ad accedere all’istruzione e alla sanità. Curo bambini provenienti dai Paesi in via di sviluppo, sul posto se possibile, oppure li facciamo venire qui”.