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Diritti - 22 Aprile 2019
Sudan, la rivoluzione vista da un esiliato: “Vogliamo democrazia, Al Bashir dittatore sostenuto anche da europei”
Non è facile immaginare una rivoluzione in un paese sotto dittatura da 30 anni, come il Sudan, per questo, spinti dalle persecuzioni e dai conflitti continui, migliaia di sudanesi in questi anni sono emigrati nei paesi vicini, in Libia e in Europa. Per anni sono stati proprio i profughi del regime di Al-Bashir a rappresentare la principale nazionalità dei passaggi alla frontiera di Ventimiglia. Tra loro c’è Adoum Ismail, sotto protezione umanitaria, che oggi fa il mediatore culturale per Oxfam, perché nel suo paese non avrebbe mai potuto costruire un futuro e avrebbe rischiato la vita. Negli ultimi mesi, tuttavia, in Sudan si sono moltiplicate proteste e manifestazioni nonviolente che hanno potuto diffondersi anche grazie al lavoro di comunicazione che gli esiliati facevano attraverso i social e i canali di informazione liberi che nel loro paese censuravano le manifestazioni.
Tra chi segue e sostiene con il fiato sospeso la rivoluzione in atto c’è proprio il trentenne Adoum Ismail, che racconta ai microfoni de ilfattoquotidiano.it la situazione dal punto di vista dei manifestanti con cui è in contatto diretto e continuo.
Il fatto che Al Bashir fosse notoriamente un criminale di guerra, non impedì all’Italia di firmare un Memorandum di Intesa per il rimpatrio di sudanesi, come avvenne nel 2016 proprio da Ventimiglia con metodi contestati dalle associazioni che infatti hanno portato il nostro paese di fronte alla Corte europea per i diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo.