Nato nel 1978, laureato in legge, figlio di un professore di cibernetica, nemmeno maggiorenne il nuovo presidente dell'Ucraina entra a far parte dello storico collettivo comico KVN - una specie di Zelig in salsa sovietica - per poi fondare un suo proprio gruppo, il Kvartal 95. La popolarità arriva quando interpreta un professore di storia comune che diventa presidente: così la finzione inizia a confondersi con la realtà
L’ascesa di Vladimir Zelensky è la plastica rappresentazione del cortocircuito totale del rapporto media-politica in Ucraina. Nato nel 1978, laureato in legge, figlio di un professore di cibernetica, nemmeno maggiorenne il nuovo presidente dell’Ucraina, capace di battere l’uscente Petro Poroshenko con oltre il 70% dei voti, entra a far parte dello storico collettivo comico KVN – una specie di Zelig in salsa sovietica – per poi fondare un suo proprio gruppo, il Kvartal 95.
È con questo, dopo averlo trasformato in studio di produzione nel 2003, ha dato l’assalto alla televisione ucraina, diventando uno dei volti più noti (e ricchi) del piccolo schermo. Il salto di qualità nel 2015, quando il canale 1+1 dell’oligarca Igor Kolomoisky inizia a trasmettere ‘Servo del Popolo’, serial in cui un professore di storia, grazie al tipico meccanismo comico degli equivoci surreali, diventa presidente: lui si sfoga in classe contro la corruzione, un alunno lo riprende di nascosto e carica il video su Youtube trasformandolo in una celebrità della Rete prima e poi nel capo dello Stato.
Nel corso della serie nessuno viene risparmiato, nel continuo gioco di rimandi fra realtà politica e finzione: satira contro i potenti allo stato puro. Il successo, nell’Ucraina travolta da guerra, corruzione e crisi economica, l’impatto di ‘Servo del popolo’ è travolgente. Il network mette in cantiere una seconda serie e alcune scene diventano leggendarie, come quando il Zelensky-presidente (televisivo) interrompe una rissa alla Rada, cioè il Parlamento, urlando ‘Putin si e’ dimesso!’ oppure quando, sognando ad occhi aperti, fa fuori tutti i deputati – al soldo degli oligarchi ostili alle riforme – con una raffica di mitra. Roba forte.
La sua popolarità va alle stelle. E qui qualcosa cambia. Nel marzo 2018 nasce il partito politico ‘Servo del Popolo’, nome ‘copiato-incollato’ dallo show, e dopo mesi di melina la notte di Capodanno Zelensky annuncia, dai teleschermi di uno dei suoi spettacoli, che effettivamente si presenterà alle urne. La campagna elettorale a quel punto si fa ‘metapolitica’ e il Zelensky-comico si fonde con il Zelensky-politico, grazie a battute come “alla fine in Ucraina andrà tutto bene e se ora va tutto male vuol dire che non è ancora la fine”. Frasi semplici che vanno a segno, mentre rifiuta i confronti – ne ha tenuto uno solo, prima del ballottaggio, scegliendo come location l’Olimpico di Kiev con 22mila spettatori – e concentra la sua campagna elettorale sui social network. Programmi? Pochi, tipo far passare l’adesione alla Nato da un referendum. E tante accuse di essere filo-russo.
Dividere i due Zelensky è impossibile e durate la campagna elettorale, il network televisivo ha lanciato la terza stagione della serie e nella giornata di assoluto silenzio pre-elettorale al primo turno, la rete ha trasmesso una maratona dei suoi spettacoli. Cortocircuito, appunto. I rumor sostengono che dietro Zelensky ci sia Kolomoisky ma il comico nega tutto: “Io non ho padroni”. E a pochi giorni dalla prima tornata la testata Slidstvo.info ha pubblicato un’inchiesta in cui accusa il comico di non aver dichiarato al fisco una villa a Forte dei Marmi, paradiso degli oligarchi che lui a parole vorrebbe combattere. “Un tentativo di screditarlo”, aveva tagliato corto il suo staff. In questa eterna confusione tra finzione e realtà, in ogni caso, gli elettori hanno dato ragione al comico che ha fatto uscire il suo personaggio dallo schermo.