Avrebbe dovuto riportare solo il numero di matricola, per risalire al nome sul registro del cimitero, invece la tomba del criminale nazista Michael Seifert, che torturò i deportati rinchiusi nel lager di Bolzano, oggi viene praticamente venerata. Si trova nel cappella principale del cimitero monumentale di Santa Maria Capua Vetere, in fondo a una imponente scalinata, nell’area in cui riposano i defunti sepolti a spese del Comune. Sul loculo di Seifert, passato alla storia come ‘boia di Bolzano’ è stata apposta una lapide non marmorea e, alla faccia dell’anonimato previsto per le tombe dei criminali di guerra, il nome è in bella vista. Tanto che, persino alla vigilia del 25 aprile non sono mancati i fiori freschi e, in passato, è capitato che sul loculo abbiano disegnato una svastica, elencando alcuni delitti da lui commessi. In una lettera inviata ai sindaci di Santa Maria Capua Vetere e di Bolzano, ora il presidente dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) Alto Adige Südtirol, Guido Margheri e quello di Caserta, Agostino Morgillo, chiedono la fine dello “sfacciato e spregevole omaggio con fiori e addobbi alla tomba del criminale nazista detto ‘Mischa’, compiuto da sconosciuti nel cimitero di Santa Maria Capua Vetere”.
L’APPELLO DELL’ANPI – Per i due presidenti dell’Anpi l’omaggio alla tomba del boia, “meta di nostalgici che portano fiori davanti al loculo”, rappresenta ogni giorno che passa “un’offesa alle vittime della sua disumana violenza e di tutte le vittime del nazifascismo”. Ed è per questo che chiedono che venga seppellito “in modo anonimo”. “Non si tratta, ovviamente – scrivono i presidenti Anpi – di negare a nessuno il diritto a una sepoltura dignitosa ma, come nel caso del boia della strage delle Fosse Ardeatine, Erich Priebke, di farlo in forma rigorosamente anonima, in modo che la tomba non sia una sorta di postumo omaggio simbolico ai disvalori nazifascisti”. Si chiede, così, di attivare le procedure necessarie per porre rimedio a una situazione ritenuta “inaccettabile”.
CHI ERA IL BOIA DI BOLZANO – Nella lettera Margheri e Morgillo ricordano che il caporale delle Ss Seifert, è stato una figura di primo piano “nella gestione del campo di sterminio Durchganglager di via Resia, a Bolzano, dove si è macchiato di crimini e atrocità”. A ricostruire i fatti, una sentenza del Tribunale militare di Verona che lo ha condannato all’ergastolo nel 2000. Dal dicembre 1944 all’aprile 1945 è stato addetto alla vigilanza del campo di transito. Qui e in quello di Fossoli ha torturato e ucciso almeno diciotto civili, molti dei quali adolescenti. Tra i prigionieri anche il presentatore scomparso Mike Bongiorno. Dopo la guerra, Seifert riuscì a fuggire in Canada. Nel 1980, però, un reporter canadese lo fotografò. Fu arrestato a Vancouver nel maggio 2002 ed estradato in Italia a febbraio 2008, ma nel nostro Paese era già stato processato e condannato all’ergastolo otto anni prima. Morì dopo due anni di reclusione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, all’età di 86 anni.
IL SINDACO – Ma se nel corso degli anni anche la Digos si è vista costretta a tenere sotto controllo una serie di personaggi legati a gruppi di estrema destra, sospettati di essere i nostalgici che portavano periodicamente fiori davanti al loculo del boia, dopo la recente richiesta dell’associazione dei partigiani, a prendere posizione è il sindaco di Santa Maria Capua Vetere. Secondo il primo cittadino Antonio Mirra “al momento la nota dell’Anpi è l’unico atto ufficiale” a segnalare “che sulla tomba di Seifert vi sarebbe una sorta di pellegrinaggio da parte di nostalgici delle Ss. Non vi sono relazioni da parte dei custodi del cimitero, né da parte della polizia municipale”. Non solo. “Agli atti del Comune – aggiunge il sindaco – vi sono tutte le autorizzazioni dei vertici militari e anche quella della moglie, per inserire il nome sulla tomba. Mi impegnerò a fare ulteriori approfondimenti su quello che ha segnalato l’Anpi, perché i valori di libertà e di democrazia, di antifascismo, sono fondamentali per noi”.