DILILI A PARIGI
di Michel Ocelot. Animazione. Francia/Belgio 2019. Durata: 93’. Voto: 3,5/5 (AMP)
Nel cuore della Parigi della Belle Époque vive Dilili, una piccola mulatta originaria della Nuova Caledonia, dotata di gentilezza, umorismo e un’intelligenza vivacissima. Con l’aiuto di un giovane fattorino, che la trasporta sul risciò per i luoghi iconici della Ville Lumiere, si trova a indagare sui misteriosi rapimenti di alcune ragazzine. Dal maestro francese della fiaba contemporanea un nuovo, esemplare e dolcissimo racconto che – seppur ambientato agli inizi del ‘900 – risuona di attualità. Al centro, infatti, sono temi scottanti come il razzismo e la condizione della donna, naturalmente volti alla comprensione del pubblico più giovane quanto giovane è il punto di vista adottato, appunto quello della bimba Dilili. Dotato della consueta visionarietà ed uso ipnotico di colori e soluzioni scenografiche, il regista di Kirikù e la strega Karabà (1998) e di Azur & Asmar (2006) ambienta un personaggio originalissimo dentro a un mondo ben noto, quello della Parigi dei tempi migliori, frequentata da menti in quantità e qualità inimitabili. Il suo viaggio nostalgico nella Capitale francese – all’epoca the place to be per artisti, scienziati, letterati.. – assume anche il significato di omaggio a una metropoli profondamente ferita negli ultimi anni. Non manca nessuno dei grandi personaggi del tempo, ed è inutile elencarli perché davvero sarebbero troppi: meglio lasciarli scoprire dalla visione. Interessante è anche l’invenzione, un po’ alla Verne e Hugo, di un sottoterra oscuro e maligno, luogo di una setta (massonica…) che schiavizza le giovani donne con l’intenzione di distruggerne dignità e “identità umana”: quanta eco dalla serie tv The Handmaid’s Tale che certamente Ocelot ha involontariamente ricreato!