“Siamo in guerra per l’anima di questa nazione”. Con questa frase, in un video postato su Twitter, Joe Biden annuncia la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti. “Se diamo a Donald Trump otto anni alla Casa Bianca – dice Biden nel video – cambierà per sempre e in modo sostanziale il carattere di questa nazione. E io non posso stare a guardare”. Per Biden è la terza campagna presidenziale, dopo due tentativi senza successo nel 1988 e nel 2008. Il vice di Obama si aggiunge a un campo democratico piuttosto affollato: sono 21, al momento, i candidati che hanno lanciato la sfida a Trump.
Nel video, Biden utilizza toni particolarmente preoccupati: “I valori al cuore di questa nazione, il nostro ruolo nel mondo, la nostra profonda democrazia – ogni cosa che ha fatto dell’America l’America – sono in gioco. E’ per questo che annuncio la mia candidatura a presidente degli Stati Uniti”. Nel caso dovesse farcela, Biden, 76 anni, sarebbe la persona più anziana nella storia americana a diventare presidente. Senatore fino al gennaio 2009, Biden si ritrova almeno altri cinque senatori tra i suoi rivali più agguerriti: Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Kamala Harris, Kirsten Gillibrand, Corey Booker. Gli altri due contendenti più accreditati, Pete Buttugieg e Beto O’Rourke, appartengono alla generazione più giovane del partito.
L’annuncio della candidatura è stato studiato nei minimi dettagli – e ritardato di alcune settimane per le accuse di comportamenti inappropriati da parte di almeno sette donne. Nelle prossime ore è prevista una pioggia di endorsement, di appoggi ufficiali, in arrivo da esponenti di primo piano del partito democratico, soprattutto negli Stati dove si terrà il primo ciclo di primarie: Iowa, New Hampshire, Nevada, South Carolina. Contemporaneamente è prevista l’entrata in scena dei finanziatori più potenti e l’apertura di vari quartier generali dove lavoreranno le centinaia di militanti, funzionari, consiglieri della campagna. Soprattutto, dovrebbe esserci la presa di posizione a favore di Biden di alcuni potentissimi sindacati, tra cui l’International Association of Firefighters. Dopo l’annuncio su Twitter, il candidato si sposterà a Pittsburgh e a Philadelphia per un paio di comizi.
Si tratta insomma di una discesa in campo in grande stile, con cui Biden vuole dimostrare di essere il re della competizione democratica, il predestinato alla candidatura, una sorta di uomo del destino, quello giusto per battere Donald Trump. A suo vantaggio giocano sicuramente alcuni elementi. Anzitutto, la grande esperienza politica. Biden è entrato al Senato nel 1972, restandoci fino al 2009, quando è diventato vice-presidente di Barack Obama. In questi anni è diventato uno dei senatori più potenti, moltiplicando contatti e relazioni e regnando sui lavori delle Commissioni Giustizia e Relazioni Internazionali.
Ci sono pochi politici sulla scena politica americana – forse solo i Clinton, oltre ovviamente Barack Obama – a poter rivaleggiare quanto a popolarità ed esperienza con Biden. Gli otto anni come vice proprio di Obama – un vice non puramente formale, ma una presenza costante, di consiglio, partecipazione, collaborazione – hanno ulteriormente cementato il suo status. Non è un dunque caso che praticamente tutti i sondaggi condotti in queste settimane tra gli elettori democratici lo vedano in vantaggio sugli altri candidati. In vantaggio soprattutto rispetto a Bernie Sanders, vicino per età a Biden, ma lontano politicamente: molto più a sinistra sulle questioni sociali, con interessi politici molto diversi. Se infatti Biden ha sempre privilegiato la politica estera, Sanders, nei lavori del Senato, si è occupato prevalentemente di lavoro.
Un altro elemento che rafforza l’immagine di Biden è la capacità di parlare alla classe media e alla working-class bianca degli Stati del centro, quelli conquistati da Trump nel 2016 e che i democratici devono assolutamente riprendersi nel 2020. Biden stesso, figlio di Scranton, Pennsylvania, viene da una famiglia della classe media – il padre vendeva macchine usate – e questa sua origine è da sempre una parte importante della sua retorica politica. Quando si trovò a commentare la frase con cui Trump diceva che le donne “vanno prese per la vagina”, Biden disse: “Non c’è niente da discutere con questo signore. Se fossimo alle superiori, lo porterei dietro la palestra e gli spaccherei la faccia”.
Per quanto, al momento, favorito nella competizione democratica, Biden non ha però la candidatura in tasca. Tutt’altro. A suo svantaggio gioca anzitutto l’età. Al momento del voto avrà 78 anni. Il suo entourage ha già fatto sapere che Biden entra in gioco per un solo mandato presidenziale – e che il suo vice sarà comunque giovane. Nonostante i distinguo, l’età resta un probabile handicap. L’altro ostacolo potrebbe essere proprio la questione della sua condotta nei confronti delle donne. Non ci sono a carico di Biden accuse di vere e proprie molestie sessuali, quanto piuttosto di un comportamento inappropriato, di un’eccessiva vicinanza fisica, di una “mancanza di comprensione di come il potere possa trasformare un gesto apparentemente innocuo in qualcosa di fastidioso”, come ha detto una sua accusatrice. Nell’era del MeToo, e di una generale riconsiderazione dei rapporti tra uomo e donna, alcuni atteggiamenti di Biden potrebbero comunque costituire un problema.
L’altro limite oggettivo di Biden si lega proprio a quest’ultimo aspetto. Biden appartiene, per formazione, retorica, visione, a un’età ormai ampiamente tramontata della politica americana. È diventato, con gli anni, uno dei massimi rappresentanti dell’aristocrazia di Washington, abile tessitore di strategie e compromessi, esponente di quell’America – bianca e prevalentemente maschile – che da sempre monopolizza l’esercizio del potere. È un profilo che però non pare particolarmente in sintonia con quei gruppi – donne, giovani, minoranze – che sono diventati sempre più fondamentali per il voto democratico e che potrebbero non vedere in questo anziano e abile signore della politica il loro candidato ideale.