"Abbiamo affisso manifesti il giorno prima delle elezioni - ha raccontato ai magistrati Agostino Riccardo, finito in carcere nel giugno 2018 con l’accusa di associazione mafiosa - Terracina e a Latina erano tappezzate". Zingaretti: "Sarebbe un fatto molto grave". Il sottosegretario Durigon, eletto nel collegio Frosinone-Latina: "Non c'entriamo nulla". Zicchieri, vicecapogruppo alla Camera: "Mai avuto il minimo contatto"
“Abbiamo fatto anche la campagna di Noi con Salvini che ci pagava… Perché se avessero vinto le elezioni l’appalto sui rifiuti sarebbe andato tutto alla sua impresa”. Il primo a parlare era stato Renato Pugliese, esponente pentito del clan Di Silvio di Latina. L’impresa è quella di Raffaele Del Prete, imprenditore arrestato nell’inchiesta Touchdown per un giro di tangenti. Ora, riporta La Repubblica, un secondo pentito, Agostino Riccardo, ha fornito nuovi elementi: “Abbiamo operato l’affissione dei manifesti il giorno prima delle elezioni – ha raccontato ai magistrati l’uomo, finito in carcere lo scorso anno con l’accusa di associazione mafiosa – contravvenendo al divieto. In tal modo, il giorno dopo a Terracina e a Latina, dove avevamo il partito Noi con Salvini, le città erano tappezzate dei manifesti dei candidati che sponsorizzavamo”.
La vicenda era emersa il 12 giugno 2018, giorno in cui la polizia aveva arrestato 25 esponenti del clan Di Silvio accusati a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso, traffico di droga, estorsione, violenza privata, favoreggiamento, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, corruzione e reati elettorali. “Per la prima volta contestiamo il reato di associazione mafiosa a un gruppo originario del posto che ha nel tempo accumulato un potere criminale modellandolo sull’archetipo del 416 bis”, aveva spiegato il procuratore aggiunto Dda Michele Prestipino. “L’altra novità sono i reati in materia elettorale – proseguiva Prestipino – si tratta di manovalanza nell’attacchinaggio elettorale e compravendita di voti. Nella loro complessità questi fatti sono indici importanti della mafiosità del gruppo, capace di stringere rapporti con la politica“. In particolare gli inquirenti hanno rilevato episodi di “acquisizione di consenso elettorale attraverso la promessa di denaro: 30 euro a voto“.
Dalle carte dell’inchiesta era emerso che due degli arrestati avevano fatto “attività di propaganda elettorale” per la lista di Salvini alle amministrative 2016 a Terracina. Il protagonista della vicenda è proprio Agostino Riccardo. Il 4 giugno 2016 la polizia di Terracina lo aveva trovato in compagnia di due pregiudicati locali nel parcheggio del McDonald’s che sorge lungo la via Pontina: Gianluca D’amico, finito ai domiciliari nell’operazione, e Matteo Lombardi, “soggetto sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno”. Nell’auto di quest’ultimo c’erano “numerosi manifesti riguardanti i candidati alle elezioni amministrative di Latina e Terracina, nonché materiale utilizzato per l’affissione”. Tra questi anche quelli “lista Salvini candidato Zicchieri“. Ovvero Francesco, coordinatore del Lazio e attuale vice-capogruppo della Lega alla Camera.
Nell’inchiesta emergeva anche il ruolo di Roberto Bergamo, imprenditore candidato a Latina in una lista a sostegno del candidato sindaco Angelo Tripodi, oggi capogruppo della Lega in Consiglio regionale del Lazio: Bergamo, annotava il Gip, “ha promesso ad un numero indeterminato di persone un compenso di 30 euro per ottenere il voto in suo favore”.
Il Partito Democratico va all’attacco: “Quello che accade a Latina l’ho letto dai giornali stamane – ha detto il segretario Nicola Zingaretti arrivando al tempio di Adriano per la presentazione dei capilista alle europee – La mafia rom che fa campagna elettorale per Salvini sarebbe un fatto molto grave. Non so se sia vero, sono sicuro che le procure indagheranno”. “Le Procure indaghino, siano garantisti, però chiediamo di fare chiarezza al più presto, soprattutto perché la Lega è il partito di Matteo Salvini, il ministro dell’Interno – scrive in una nota il segretario del Pd Lazio Bruno Astorre – A questo punto siamo curiosi anche di vedere le reazioni di Di Maio e dei 5Stelle: per non perdere le poltrone si volteranno dall’altra parte anche questa volta?”.
“Quanto emerso conferma ancora una volta come il sindaco Damiano Coletta rappresenti un baluardo della legalità contro chi si fa selfie e annunci e poi nel suo partito locale tiene rapporti con la malavita organizzata”, afferma Alessio Pascucci, coordinatore nazionale di Italia in Comune, di cui il primo cittadino di latina è vicepresidente. “Un silenzio molto eloquente quello del partito leghista – aggiunge Pascucci – che non prende le distanze e protegge il suo orticello”.
La Lega fa quadrato e respinge le accuse: “Ma quali relazioni pericolose – taglia corto Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro leghista, eletto nel collegio Frosinone-Latina – Non c’entriamo niente con tutto questo, il partito non c’entra assolutamente niente”.
“Sono stufo che giornalisti male informati o peggio ancora in totale malafede infanghino il mio nome e quello della Lega e che Zingaretti e Pd cavalchino questo schifo falso per racimolare qualche consenso – afferma, in una nota Zicchieri – Come già detto ripetutamente parecchi mesi fa non ho mai avuto il minimo contatto con questi sconosciuti mafiosi”.
Anche Tripodi respinge le accuse al mittente: “Non ho nulla da temere e tutti sono a conoscenza – si legge in una nota del consigliere regionale – la mafia mi fa schifo; ho combattuto sempre e sono distante anni luce dal modus operandi degli zingari di Latina; ho militato sin da ragazzo con onestà, tanti sacrifici e soprattutto senza risorse economiche; in più non ho mai conosciuto e avuto rapporti con questi personaggi né con i delinquenti! Non c’è nessun avviso di garanzia, ma abbiamo fiducia nella magistratura e siamo convinti debba andare fino in fondo!”.