Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte coglie l’occasione del forum di Pechino sulla Via della seta per cercare la sponda di due interlocutori privilegiati di Haftar: il leader russo Vladimir Putin e il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. L’obiettivo è fermare l’escalation militare in Libia, per evitare una nuova Siria a due passi dall’Italia. La posizione del governo, “né con Al Sarraj né con Haftar” si fa sempre più difficile, per il sostegno di Donald Trump al generale della Cirenaica. E lo stesso Haftar, forte delle sponde internazionali, esprime sempre più malumori per la linea italiana: in un’intervista al Corriere il generale Ahmed Mismari, suo portavoce, chiede a Roma di smantellare il suo ospedale militare a Misurata, perché “aiuta” le milizie avverse. Ma a Palazzo Chigi osservano che questa richiesta racconta solo un pezzo di realtà, dal momento che c’è anche una nave italiana che cura i feriti della Cirenaica. “Non dobbiamo andare via da Misurata”, dice per il governo Stefano Buffagni.
La giornata – Conte, appena atterrato in Cina per la tre giorni del Belt and Road Forum, sente al telefono Al Sarraj. Il premier libico gli spiega che l’esercito nazionale “difenderà Tripoli con tutto il suo vigore” fino a che non respingerà “l’aggressore” Haftar. La determinazione del generale della Cirenaica è uguale e contraria. Roma fin dall’inizio spinge per la soluzione diplomatica sotto egida Onu. Una posizione che, rivendica Conte, “si sta rivelando lungimirante per il concreto scenario” sul campo. Lo scontro che si protrae da settimane, le centinaia di vittime, la prospettiva di una lunga guerra. A complicare tutto, le “ingenti risorse naturali” che generano interessi e appetiti. Ma il messaggio del premier Conte agli Usa e a “tutti” i leader mediorientali ed europei, Francia inclusa, è che senza il “cessate il fuoco immediato”, la soluzione politica si allontana sempre più.
Al forum di Pechino, dov’è l’unico presente tra i leader del G7, il premier ottiene di parlarne anche con Putin. Incontra il presidente russo alla cena offerta da Xi Jinping e, in un veloce scambio di saluti, restano d’accordo che siederanno sabato a un tavolo, a margine dei lavori del forum, per trattare “in concreto” il dossier Libia. In serata è poi in programma il colloquio con Al Sisi. La speranza italiana è trovare nei due alleati forti di Haftar una sponda per trovare un canale di dialogo con il generale, senza alimentare l’escalation o creare addirittura le condizioni per interventi stranieri. Ora che anche Trump – che la scorsa settimana ha riconosciuto il ruolo dell’Italia – sembra schierarsi con il generale della Cirenaica, rischia di saltare ogni tentativo dell’Onu. A Pechino Conte ne parlerà anche con il segretario generale Antonio Guterres e nel bilaterale in programma con il presidente cinese Xi Jinping.
Conte è ben attento a non mostrarsi sbilanciato in favore di Al Sarraj: “Gli ho detto – racconta – che non sostengo un singolo attore”. Ad Haftar il premier italiano riconosce che la sua “intenzione di riunificare il territorio libico può avere anche una logica ispiratrice e una sua plausibilità”. Per Roma la partita si fa sempre più delicata per il rischio di una guerra infinita – con il conseguente aumento di profughi – alle porte di casa. E per il rischio che la linea pro Haftar prenda il sopravvento.