Il presidente del Consiglio a margine del forum sulla Via della Seta incontra Putin e poi il presidente egiziano per parlare della crisi libica. L'appello di Paola e Claudio Regeni sulle pagine di Repubblica: "Richiesta di Verità e Giustizia su rapimento, tortura e morte di nostro figlio. E' giunto il momento di ricevere una risposta concreta, vera e definitiva"
Una lettera al premier Giuseppe Conte per chiedere che, nel suo incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, sia “determinato e incisivo“, vada “oltre ai consueti proclami e promesse”, ricordi “che la procura romana ha già inserito cinque persone nel registro degli indagati, in base alle indagini effettuate superando gli enormi ostacoli posti da parte degli stessi egiziani”. È l’appello che i genitori di Giulio Regeni, il ricercatore rapito, torturato e ucciso al Cairo tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio del 2016, rivolgono al presidente del Consiglio dalle pagine di Repubblica. Conte incontreà Al Sisi del forum di Pechino sulla Via della seta per parlare soprattutto di Libia, come nel faccio a faccia in corso con il presidente russo Vladimir Putin. Ma, scrivono Paola e Claudio Regeni, “è giunto il momento di ricevere una risposta concreta, vera e definitiva“.
“Siamo certi”, scrivono i genitori, che il premier “si farà ulteriormente portavoce della richiesta di Verità e Giustizia su rapimento, tortura e morte di nostro figlio”. Per poi sottolineare che senza una risposta “la dignità del nostro paese e delle istituzioni che Lei rappresenta risulterebbe irrimediabilmente mortificata“, scrivono a Conte. “Una tragedia inimmaginabile – si legge ancora nella lettera – Per tutti noi. Sono trascorsi ormai più di tre anni e assieme a tantissimi cittadini di tutto il mondo attendiamo di sapere i nomi di tutti i soggetti coinvolti e di vederli assicurati alla giustizia italiana”. “Presidente Conte, si ricordi di Giulio mentre stringerà la mano del Generale Al Sisi e pretenda, senza ulteriori dilazioni o distrazioni di sorta, la verità sulla sua uccisione. Lei si è proposto come avvocato difensore del popolo italiano. Sia, come ha promesso, il suo avvocato, lo sia di tutti i cittadini italiani – concludono i genitori di Giulio Regeni – che confidano nel rispetto dei diritti umani e nella loro intangibilità”.
Al centro dell’incontro tra Conte e Al Sisi ci sarà in realtà sopratutto la crisi libica. Il presidente egiziano è uno degli interlocutori privilegiati del generale Haftar e il premier italiano cercherà di mediare per trovare una soluzione politica al conflitto, evitando di scatenare una guerra alle porte del nostro Paese. Non stiamo “né con Al Sarraj né con Haftar”, ha sottolineato venerdì Conte. Che a Pechino ha sfruttato la presenza di Putin per un altro incontro in cui ha chiesto al leader russo di lavorare “insieme” a una “soluzione” della crisi libica. Il loro colloquio è proseguito dopo il pranzo di lavoro dei capi di Stato e di governo che prendono parte al Forum Belt and Road.
Le promesse di Al Sisi
Renzi, Gentiloni, Conte. Solo per ricordare i presidenti del Consiglio. Ma anche Nicola Latorre, l’allora ministro degli Esteri Angelino Alfano, per poi arrivare a Di Maio, Salvini e Moavero Milanesi. La lista dei rappresentati delle istituzioni italiane cui Abdel Fattah Al Sisi ha promesso di fare luce sull’assassinio di Giulio Regeni è lunga (leggi l’articolo di M. Pasciuti). L’ultimo in ordine di tempo era stato proprio il premier del governo M5s-Lega che ha già incontrato Al Sisi a febbraio raccontando di una “costante attenzione e impegno perché questo caso abbia una soluzione”. In realtà la verità su quanto accaduto al ricercatore friulano trovato morto e con evidenti segni di tortura il 4 febbraio 2016 nella periferia della capitale egiziana non è mai venuta a galla, nonostante le richieste della famiglia e il lavoro della Procura di Roma non si sono mai interrotti. I pm che hanno dovuto affrontare le resistenze della controparte egiziana e continui depistaggi . Dopo l’ennesima spedizione a vuoto dei magistrati italiani, il 29 novembre scorso il presidente della Camera, Roberto Fico, aveva scelto in autonomia di rompere le relazioni diplomatiche con il Parlamento egiziano. Resta ad oggi l’unico gesto concreto, seppur simbolico.