L’ultima lite è sull’abolizione delle province. Ma è ancora fresco, nonché irrisolto, lo scontro sulle dimissioni che il M5s chiedono al sottosegretario Armando Siri. Prima c’era stato il debito di Roma e prima ancora la flat tax. E’ una maggioranza in continua tensione, quella formata da grillini e Lega, ma Giuseppe Conte ostenta tranquillità: “C’è la bellezza della democrazia che è la dialettica – ha detto il presidente del Consiglio a Pechino, dove si trova per il secondo summit sulla Belt and Road Initiative, la Nuova via della seta – E specialmente durante i periodi elettorali è normale accentuare il confronto tra le varie parti. Questa dialettica però non deve mettere in discussione il percorso di cinque anni che ci servono per cambiare e migliorare davvero l’Italia”.
“In tutti i miei viaggi mi viene spesso sottolineato che ciò che è importante per il bene dell’Italia è la stabilità di governo – ha proseguito Conte – Io e i miei vicepremier ne siamo assolutamente consapevoli e lavoriamo tutti e tre per questo”. “Se tutti avessero l’atteggiamento della Lega con poche polemiche, pochi attacchi e pochi insulti e tanti fatti sarebbe meglio per tutti – ha commentato uno dei due litiganti, il vicepremier leghista Matteo Salvini, parlando a Cantù – Però io rispondo di me e della Lega”.
Sul tavolo nei prossimi giorni ci sarà una questione spinosa, la più delicata di tutte: il sottosegretario leghista al ministero dei Trasporti Armando Siri è indagato per corruzione, con il M5s che ne chiede a gran voce le dimissioni e il Carroccio che lo difende. “Domani confido di poter vedere Siri – ha detto ai giornalisti Conte, che nei giorni scorsi aveva avocato a sé la decisione – non ho ancora fissato l’incontro ma sicuramente domani sarà il primo giorno utile per poterlo vedere. Datemi il tempo di riorganizzare l’agenda per la fase di rientro”. Invece l’incontro è destinato a slittare: fonti di Palazzo Chigi fanno sapere che il premier “rientrerà da Pechino domenica notte e martedì ripartirà per la Tunisia. È molto probabile dunque che l’incontro con il sottosegretario Siri non avvenga lunedì ma nei giorni successivi”.
Fonti di Palazzo Chigi fanno sapere, inoltre, che “il ragionamento e il virgolettato attribuiti al presidente Conte dal Messaggero, nel pezzo dal titolo ‘Siri, Conte: lasci o salta tutto’, sono destituiti di ogni fondamento. Il presidente Conte ha già espresso in maniera chiara la sua posizione sulla vicenda riguardante il sottosegretario Siri, posizione che non è cambiata”.
Neanche quella della Lega è cambiata. “Non mi basta certo un pezzo di intercettazione estrapolato da un verbale per dire che Siri ha delle responsabilità in questa storia – ha detto Salvini in un’intervista a La Stampa – Me lo deve dire un giudice. Non i giornali”. E se glielo dice Conte?, ha ribattuto il giornalista. “Conte faceva l’avvocato, non il giudice“, ha replicato il vicepremier. “Non ho letto l’intervista – ha commentato il presidente del Consiglio al termine di una visita alla Città proibita – ma sono d’accordo con il vice premier Salvini. E infatti ho dichiarato anche io: non sono un giudice, i tempi della giustizia sono altri”. “Io ho fatto l’avvocato – insiste Conte – non ho mai fatto il giudice, certo non lo sono adesso. Non è certo con l’approccio del giudice che affronterò il problema”.