Eppure la crisi che ha investito la Spagna è stata violenta, tanto da bruciare tra il 2007 il 2014 quasi 4 milioni di posti di lavoro spingendo il tasso di disoccupazione fino al picco del 26% raggiunto nel 2012. La ragione di questo terremoto va cercata soprattutto nel boom del settore immobiliare che aveva caratterizzato il periodo precedente alla crisi. Numero di cantieri avviati stratosferico, prezzi delle case in costante risalita, forte aumento degli occupati del settore. All’epoca il settore delle costruzioni incideva per circa il 10% sul Pil iberico, oggi circa la metà. Nel 2008 i prezzi delle case hanno iniziato a scendere, una caduta repentina durata per ben quattro anni. Il problema delle bolle immobiliari su larga scala è che quando scoppiano (e prima o poi scoppiano sempre), travolgono tutto. Banche, economia, occupazione, salari, finanze pubbliche.

Le banche hanno visto crollare il valore degli immobili posti a garanzia dei mutui che hanno erogato, subendo l’aumento delle insolvenze causate dalla crisi economica e dall’aumento della disoccupazione. Sono state quindi costrette a stringere i cordoni della borsa e ridurre il credito erogato al sistema economico. L’occupazione nel “mattone”, salita dal 14% al 21% del totale dei lavoratori spagnoli maschi tra il 1997 e il 2007, è precipitata al 13% nei tre anni seguenti. Questo, secondo uno studio degli economisti Laura Hospido e Stephane Bonhomme, ha prodotto, tra l’altro, un crollo delle retribuzioni e quindi un incremento delle diseguaglianze. Nel decennio di espansione (1997-2007) le disparità erano scese del 10%, nel decennio successivo sono risalite della stessa cifra.

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