Per uscire dal pantano è dovuto intervenire lo Stato. Principalmente in due modi, con la creazione di una bad bank per aiutare il sistema bancario a smaltire le sue “sofferenze” e varando una legislazione del lavoro improntata a criteri di maggiore flessibilità, ossia facilità di licenziare. Oltre ad una doppia riforma delle pensioni, prima nel 2011 e poi nel 2013, con innalzamento dell’età del ritiro e taglio agli assegni sotto forma di minore indicizzazione all’inflazione. Il sostegno alle banche è stato gestito anche attraverso il ricorso all’apposito fondo europeo Efsf (poi diventato Esm). Ricorrere a questi aiuti ha una contropartita: obbliga il paese a sottostare a delle condizionalità. Ossia ad effettuare scelte di politica economica coerenti con le indicazioni delle autorità europee. Il costo dei salvataggi bancari e dei sussidi ai disoccupati ha portato il debito pubblico iberico dal 40 al 100% del Pil, fardello che graverà sul paese sotto forma di spese per interessi. La linfa del credito è però tornata a scorrere e l’economia si è rimessa in moto. Rimane il dubbio se risultati analoghi non avrebbero potuto essere conseguiti in modo meno cruento per la popolazione. Anche perché nel frattempo le banche sono tornate a distribuire maxi stipendi con 161 manager del settore che oggi guadagnano oltre un milione di euro.

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