In un'intervista a Bloomberg, l'amministratore delegato di Fca ha indicato nella forza dei suoi brand la chiave per competere in un'epoca dove la tecnologia ha un peso sempre più determinante. Le vendite del Gruppo, tuttavia, nel primo trimestre 2019 sono calate del 10,6% in Europa, dove Jeep ha performato bene ma Alfa Romeo ha subito una pesante battuta d'arresto
“FCA è una ‘house of brands’, una casa di marchi, e questo le permetterà di essere uno dei pochi costruttori tradizionali in grado di sopravvivere alla rivoluzione tecnologica che sta attraversando il settore auto. Ne sono certo, al 100%”. E’ quanto ha affermato in un’intervista rilasciata a Bloomberg l’ad del colosso italoamericano, Mike Manley, dichiaratosi ottimista sul futuro della compagnia: la stessa dovrà affrontare le sfide relative a elettrificazione e guida autonoma, tecnologie strategiche su cui, però, la multinazionale ancora arranca.
Sullo sfondo c’è, inevitabilmente, anche il fronte della Cina, un mercato diventato talmente grande da influenzare la scelte dell’industria occidentale. A proposito di prodotto, Manley è convinto che brand come Jeep, Alfa Romeo e Maserati costituiscano un valore aggiunto per FCA e che ciascuno abbia una personalità propria fortemente definita, tanto da mettere FCA in una posizione di vantaggio sulla diretta concorrenza.
“Non abbiamo nessun brand che rischia di finire nella categoria dei marchi non distintivi, nessuno. Neanche il marchio Fiat. Il miglior esempio è la 500: al suo decimo anno sul mercato ha raggiunto il suo massimo storico di vendite. E potrei continuare con Wrangler per Jeep e così via. I nostri brand hanno dimostrato che riusciranno a sopravvivere”, ha detto Manley. Perlomeno al momento, tuttavia, le parole non sono supportate dai numeri che, invece, raccontano un’altra storia.
Infatti, la situazione commerciale di FCA nel primo trimestre dell’anno risulta abbastanza preoccupante: in Europa le vendite del Gruppo sono calate del 10,6% a quota 260 mila unità, con Fiat che fa segnare un -14% e Alfa sprofondata del 40%, a poco meno di 15 mila unità; mentre nel nuovo continente il Biscione ha perso il 26%: percentuali che hanno fermato le catene di produzione per parecchi giorni fra marzo e aprile. Maserati? Non pervenuta. Tiene botta (e bene), solo Jeep, che continua a crescere ogni dove ed è l’unico asset realmente solido di FCA.
Insomma, Manley pare faccia buon viso a cattivo gioco, consapevole che l’esordio dei modelli che faranno da fulcro all’ennesimo rilancio dell’azienda – in parte annunciati a giugno 2018 col nuovo piano industriale, in parte anticipati dalle concept car presentate al Salone di Ginevra – è ancora molto lontano e rischia, addirittura, di essere superfluo se gli indicatori di mercato di FCA confermeranno la loro tendenza al ribasso.
Sul tavolo ci sono progetti come la Fiat 500 elettrica, attesa per marzo del 2020, la versione di serie del prototipo Centoventi, il Suv compatto Alfa Romeo Tonale e una line-up Maserati da rinnovare da cima a fondo. Senza contare, come detto, la necessità di elettrificare l’offerta Jeep per continuare a mantenerla competitiva (il debutto commerciale di Renegade e Compass plug-in hybrid non avverrà prima del 2020). Sempre che la volontà sia effettivamente quella di produrre auto e tecnologie in proprio: non bisogna dimenticare che la cessione dell’azienda, la fusione o l’alleanza di FCA con una multinazionale terza rimangono scenari più che concreti. Lo sanno bene PSA e Renault, anche se alla finestra rimane Hyundai e, forse, anche i giganti cinesi.