Scienza

Farmaci: la concorrenza è spietata, lo Stato non interviene e i medici ne approfittano. Che tristezza

Sono molto contento di aver donato la mia vita ai pazienti sia da un punto di vista clinico, avendoli in cura, che da un punto di vista sociale negli ultimi 15 anni, avendo deciso di dedicare parte del mio tempo nella difesa di una buona sanità, sempre e comunque dalla parte dei cittadini. Senza ideologie politiche, se non quelle che man mano facevano sembrare che si interessassero dell’argomento salute. Curare per me vuol dire prima prendersi cura delle persone. Faccio da quasi 40 anni il lavoro più bello del mondo: occorre restituire in qualche modo.

Così da tempo spiego come si potrebbe riorganizzare la distribuzione dei farmaci: prima nei pazienti cronici, che potrebbero arrivare a domicilio direttamente tramite farmacie virtuali statali, che bypasserebbero la distribuzione e la vendita con un risparmio per il sistema sanitario enorme.

Ovviamente, se ci fosse un sistema integrato con History Health, la richiesta diretta e l’arrivo del farmaco – ad esempio antipertensivo – verrebbero periodicamente bloccati e poi sbloccati dal medico del territorio, che non dovrebbe più riscrivere ogni volta lo stesso prodotto dopo il controllo periodico del cittadino-paziente. Difficile? No, semplicissimo, se nel mezzo non ci fossero, come ci sono, società che gestiscono i nostri dati sanitari, i canali di distribuzione e di vendita dei farmaci. Amazon basterebbe, se lo Stato si rendesse garante della qualità del prodotto direttamente comprato dall’azienda farmaceutica e distribuito.

Quanto costa la concorrenza nella spesa farmaceutica? Perché lo Stato, in perenne crisi economica, non può fare lui la distribuzione diretta partendo dai cronici? In Regione Lombardia si è arrivato a pagare addirittura i medici di base per prenotare le visite e gli esami ai pazienti cronici. Centinaia di milioni di euro buttati che i medici sono ben contenti di prendere per fare da segreteria. Dove troverà lo Stato – che non riesce a organizzarsi – la forza di risparmiare? Spende sempre di più e i politici prendono in giro i cittadini, li addomesticano. Così l’assessore alla Sanità regionale lombardo è riuscito a far capire ai cittadini che avere il medico, che ha sempre meno tempo per fare il medico perché occupa il tempo a prenotare le visite facendosi pagare, è cosa buona e giusta. 

Uno Stato che non è in grado di fare controlli, se non quando scoppiano scandali di malasanità e corruzione, come può riuscire a organizzare meglio la medicina del territorio nelle cronicità, senza buttare altri soldi, e nella distribuzione dei farmaci, senza far guadagnare inutilmente gli intermediari? Credo che i miei suggerimenti di questi anni potrebbero essere presi in considerazione.

Non ultimo, occorrerebbe stare molto attenti ai brevetti, al deposito delle procedure di nuovi farmaci e al loro costo, a volte inutilmente diverso senza motivo. Chissà, ad esempio, se il presidente di Aifa è a conoscenza del fatto che esista un collirio molto noto – nome commerciale: Tobradex – il cui flacone di 5 ml ha un costo indicativo di nove euro, mentre lo stesso prodotto (e anche la stessa azienda farmaceutica), se ha la dicitura non di collirio ma di uso otologico, ha un costo indicativo di 15 euro. Non voglio e non posso dare lezioni di farmacologia, ma difficilmente questo prodotto può essere utile, né nell’occhio né nell’orecchio, visto che la tobramicina ormai ha resistenze enormi e quindi sarebbe una battaglia persa. Non voglio nemmeno istigare a utilizzare il prodotto per l’occhio nell’orecchio, perché sarebbe un utilizzo off label (ricordate il caso Avastin? Altro buco enorme di soldi pubblici ancora non risolto). Ma vorrei capire la necessità di tanta differenza, vista l’eguaglianza assoluta di principio attivo. Sarà la confezione più accattivante? Il beccuccio più lungo?

Ma quanti sono i casi simili nelle altre specialità? Perché nessun medico denuncia? Una tristezza assoluta. “Come se avessi avuto solo soldi, soldi”, dice la canzone vincitrice del festival di Sanremo 2019. Ma noi di soldi non ne abbiamo proprio più da buttare, pubblici o privati. A qualcuno interessa?