“Mba osci assai mazzati e pijatu”. Aveva preso tante botte Antonio Cosimo Stano, più volte, dentro casa sua. Con mazze, bastoni e scope quando gli schiaffi e i calci non bastavano a soddisfare la sete di “crudeltà e violenza” del branco. Picchiavano e filmavano, i ragazzini di Manduria. Quelli della “compagnia degli orfanelli”, come si chiamavano in chat. Lo scambio frenetico su Whatsapp di foto, audio e video delle aggressioni adesso che il 66enne, diventato “bersaglio” per le sue condizioni di minorata difesa, è morto sono diventati un boomerang. Perché scoperchiano le loro “nefandezze” e inchiodano almeno 8 otto di loro, fermati dalla procura ordinaria e quella per i Minorenni di Taranto con le accuse a vario titolo di tortura, sequestro di persona, danneggiamento e violazione di domicilio aggravati.

“Crudeltà e violenza inaudita”
Nei decreti di fermo disposti dai pubblici ministeri Remo Epifani e Pina Montanaro c’è la ricostruzione delle vessazioni e delle aggressioni fisiche verso Stano, deceduto negli scorsi giorni dopo alcuni interventi all’ospedale di Manduria. Se l’autopsia dovesse evidenziare che la sua morte discende da quelle mazzate, le accuse nei confronti degli otto – due maggiorenni e sei minorenni – potrebbero aggravarsi e ipotizzare anche l’omicidio preterintenzionale, contestato in un primo momento a tutti i 14 indagati. Di certo, stando alla ricostruzione delle due procure, l’uomo ha sofferto a lungo per i “raid” notturni della baby gang. Perché il “branco”, come lo chiamano i pm, agiva con “crudeltà e inaudita violenza” e “ingiustificata spietatezza”. Tanto da ridurre Stano in uno stato di prostrazione psico-fisica, testimoniata anche dalle dichiarazioni dei medici che hanno certificato “ecchimosi estese” a entrambi gli arti inferiori “nonché presenza di sangue coagulato” in bocca, tra le gengive e sui denti del “pacciu”, come lo conoscevano in paese, quando finalmente il 5 aprile ha aperto la porta della sua casa agli agenti del commissariato e ha lasciato che i medici del 118 lo soccorressero.

“Implorava aiuto e soccorso, loro ridevano”
Ridevano, quelli della baby-gang, pure quando il sito La voce di Manduria ha iniziato a pubblicare le prime notizie sulle condizioni di Stano. “Porco giuda, vagnu'”, scrive uno di loro sulla chat, accompagnando il messaggio con l’emoticon che ride con le lacrime. Si sbellicavano anche mentre lo picchiavano dentro casa, dopo aver sfondato a calci la porta che un anno fa Stano aveva fatto montare dopo un primo danneggiamento. Una volta, negli scorsi mesi, lo avevano accerchiato – scrivono le procure – “costringendolo in un angolo, colpendolo violentemente su tutto il corpo con mazze, bastoni e scope, mentre questi gridava ed implorava aiuto e soccorso”. Ma loro “lo privavano – per un tempo apprezzabile – della libertà di movimento”, motivo per il quale viene contestato anche il sequestro di persona. “Il tutto tra risate, ghigni ed insulti degli autori”, appuntano le procure che hanno visionato tutti i filmati contenuti sugli smartphone dei ragazzini. Era una delle tanti notti nelle quali sono arrivati davanti a casa sgommando con la Punto di uno del gruppo per poi fare irruzione dentro l’abitazione di Stano. Anche i suoi vicini di casa, tra i pochi in paese a fare qualcosa negli ultimi tempi per fermare una situazione ormai insopportabile, lo dicono agli investigatori: “È oggetto da tempo di azioni degradanti per la dignità della persona”. A causa di quelle incursioni che si erano “intensificate dal carnevale 2019” e “avevano raggiunto livelli insostenibili da marzo”. 

Il video dell’irruzione in casa

Lui urlava: “Sono solo!”
È in quelle settimane che lo schiaffeggiano e danneggiano la sua tapparella, “il tutto mentre Stano veniva deriso ed accerchiato sull’uscio di casa”. Nei filmati, scrive la procura, si sentono bestemmie e frasi di scherno, si vedono gli sputi mentre lo colpivano “ripetutamente” anche “con calci e agitandogli contro una mazza”. E uno del branco “scherniva e aggrediva Stano sferrandogli all’improvviso, dopo aver finto di voler “fare pace” con lui, uno schiaffo violento”. Non si fermavano mai e per nessun motivo. Anche quando “lu pacciu” chiedeva “ai ragazzi di smetterla, di andare via” e “aggiunge – sottolineano i pm citando un video – con voce colma di disperazione, “sono solo, sono solo” e chiede a gran voce e ripetutamente “aiuto, aiuto” invocando l’intervento di polizia, finanza e carabinieri mentre gli aggressori lo deridono, lo offendono e gli sputano” addosso. “Episodi reiterati protratti nel tempo, cui può riconoscersi carattere di abitualità. Senza timore di smentita, e con inevitabile sgomento – si legge nell’ordinanza – può infatti ritenersi che le aggressioni al povero Stano costituissero ‘il passatempo preferito’ del gruppo criminale”. 

Il tentativo di cancellare tutto e le deposizioni
Quando l’anziano viene soccorso e le sue condizioni peggiorano, inizia a girare voce delle indagini. Solo allora i ragazzini si preoccupano: “Un consiglio… eliminate tutto”, scrive uno di loro quando si diffonde la notizia che il 66enne è in coma. Temono di essere scoperti dalla targa dell’auto a bordo della quale andavano a casa del pacciu. E secondo quanto raccontato dalla fidanzata di uno degli indagati, ascoltata dagli investigatori, lo zio di uno dei fermati “starebbe cercando di contattare tutti i ragazzi coinvolti (…) affinché non facciano il nome del nipote”. Non è l’unica voce estranea alle violenze ad aver parlato con i poliziotti. C’è anche la professoressa di uno dei fermati. Spiega di aver visto il video di un aggressione il 4 aprile e quindi di aver avvisato la madre del minore: “Mi ha detto di essere già a conoscenza dei detti fatti e che, per gli stessi, il marito aveva messo in punizione il figlio. Ho avvisato anche la collega coordinatrice (…) affinché attivasse i servizi sociali”. Troppo tardi, poche ore dopo i poliziotti sono entrati in casa di Stano mettendo fine al suo incubo che durava da mesi, anni, senza che nessuno muovesse un dito. “Indagheremo anche sui silenzi”, promette ora il procuratore di Taranto.

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