Francesco Chiricozzi e Riccardo Lecci, i due militanti di CasaPound arrestati con l’accusa dello stupro di una 36enne – avevano diffuso in due chat le immagini e il video degli “abusi sessuali reiterati” con “scene raccapriccianti” come le ha definite il gip di Viterbo Rita Cialoni nell’ordinanza di custodia cautelare.

Quei fotogrammi e l’audio – come riportano Corriere e Messaggero – in cui sente la donna lamentarsi dopo essere stata violentata sono finiti sul cellulare del padre di Licci e su due chat di Whatsapp: “Gruppo Bazzi” e “Gruppo Blocco studentesco“, dov’era iniziata la militanza politica. Chiricozzi, 21 anni, consigliere comunale di Vallerano (Viterbo), aveva già eliminato le immagini. Anche perché molti di quelli che le avevano viste consigliavano di cancellarle. Anche il padre di Licci scrive al figlio: “Riccardo, butta il cellulare subito”, mentre un’altra persona consiglia di fare “l’hard reset del telefono”. Perché quelle violenze continue portate avanti in modo “beffardo e sprezzante” tra risate, minacce, bestemmie, erano state condivise: una sorta di esibizione di quanto avvenuto.

“L’esame dei messaggi su Whatsapp dà conto di aberranti immagini al chiaro scopo di schernire la malcapitata, esibendo come un trofeo un tale scempio. Molti quindi sapevano della serata nel locale persone “che si erano solo preoccupate di sollecitare l’immediata eliminazione delle immagini ritraenti la brutale violenza”. Ed è così che Chiricozzi mette nel cestino l’intera applicazione e l’hard disk del sistema di video-sorveglianza dell’Old Manners. L’altro non fa in tempo e le immagini finiscono tra le prove di quanto avvenuto e che contrasta con la versione data ieri al giudice per le indagini preliminari che il rapporto fosse “consenziente”.

Nei frame c’è infatti l’impossibilità della vittima di difendersi o scappare e non c’è alcun tipo di consenso: c’è la donna a terra priva di sensi, uno dei due militanti che le solleva il braccio e lo lascia ricadere senza trovare opposizione, prima di iniziare a denudarla e a violentarla: “…la vittima – sottolinea il giudice – versava in uno stato di semicoscienza, emettendo solo flebili lamenti, culminati nella richiesta, con voce sfinita, di porre fine alle violenze durate tre ore. La ragazza, avrebbe tentato di fermarli. Ma la sua iniziale resistenza si sarebbe infranta contro un pugno in faccia. “Oh t’ammazzo, hai capito?” una delle frasi ripetute mentre cercavano di capire se le riprese fossero chiare per poter continuare a stuprare.

 

 

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