Dopo sei anni di commissariamento per mafia, San Luca torna al voto. Due i candidati che aspirano a diventare sindaco del paesino salito agli onori della cronaca come la “culla della ‘ndrangheta”: l’infermiere in pensione Bruno Bartolo e il massmediologo Klaus Davi.  “Io mi sono buttato e poi la comunità ha espresso un candidato locale. – dice Davi – Il discorso di San Luca è il discorso della Calabria. Se la regione è il simbolo del fallimento delle istituzioni, San Luca è la quinta essenza. Non possiamo negare i problemi e il passato, ma da qui a impedire che una comunità si esprima e dia un’opzione politica, vuol dire che lo Stato repubblicano viene meno”.

“Che vinca la lista di Davi o la lista capeggiata da me – dice  il candidato Bartolo – l’intento deve essere uno: la crescita di San Luca che è in credito dallo Stato”. Paura di un altro scioglimento? “Questo rischio non lo prendo nemmeno in considerazione. Abbiamo una lista di cittadini che hanno sempre avuto rispetto della legalità. Ci abbiamo messo coraggio perché vogliamo che ritorni la democrazia. Se lo Stato ci dà lavoro, vedrete che tante cose non succedono”.

Intanto la piazza di San Luca è divisa tra chi è contento che ci siano le elezioni amministrative e chi, invece, auspicava che non si presentassero le liste e proseguisse un commissariamento che va avanti dal 2013. Dopo quello scioglimento per infiltrazioni mafiose, a parte una sola elezione, per protesta non si sono più presentati candidati a sindaco. Secondo l’ex primo cittadino Aurelio Pelle “si è criminalizzata la Calabria. C’è chi interpreta la frequentazione occasionale come connivenza. Io sono contrario al voto perché bisognava esasperare il problema”.  “Non è possibile – dice un cittadino – che oggi facciamo il sindaco e domani sciogliete il Comune”. “Per fare le elezioni comunali bisognerebbe fare prima chiarezza all’interno dell’amministrazione. – afferma un altro cittadino – Fare una lista per andare a mettere il tappo su due gestioni commissariali fallimentari non mi va”

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