Dalla benzina e metano bio al diesel paraffinico: le soluzioni per limitare l'inquinamento passano anche per l'ottimizzazione dei combustibili utilizzati. Ecco le proposte di Shell, Neste e Bosch
È ancora lontana l’estinzione dei motori endotermici, pur elettrificati (cioè ibridi) che siano: ne sono consapevoli costruttori e compagnie petrolifere, pronte a evolvere i carburanti per renderli meno impattanti sull’ambiente. Tanti gli esempi di “purificazione”, anche morale, di benzina, gasolio e gas, atti a centrare il target di riduzione delle emissioni di CO2 imposti dalle istituzioni europee. Ad esempio, in Olanda Shell ha lanciato un’iniziativa che prevede la distribuzione di “crediti ambientali”: si chiama Net Carbon Footprint e punta a ridurre del 2-3% l’anidride carbonica generata dalla compagnia rispetto ai valori del 2016. A lungo termine, invece, l’obiettivo è ridurre la propria impronta di carbonio di circa il 20% entro il 2035.
Oltre a investire in 200 nuovi punti di ricarica rapida (per veicoli elettrici e plug-in) alimentati da energie rinnovabili – installati contiguamente ai distributori di benzina stessi e che si aggiungeranno a oltre 500 colonnine ultra veloci dislocate in tutta Europa –, da circa un paio di settimane la divisione olandese di Shell offre ai propri clienti biocarburanti a basso impatto ambientale e “neutralizza” la restante CO2 residua con i crediti green, di cui si è parlato recentemente in merito a FCA e Tesla: tuttavia, questa opzione ecologica costerà ai clienti che utilizzano carburanti convenzionali un centesimo in più al litro (sarà invece gratuita per chi adopera benzine ad alte prestazioni della serie V-Power). Shell punta a replicare l’iniziativa nel Regno Unito già da fine anno e ha in cantiere programmi di riforestazione in Spagna, Perù, USA e Indonesia, che equivalgono all’accumulo di crediti verdi.
Interessante pure il progetto spagnolo “Life Methamorphosis”, per la produzione di biometano a partire dai rifiuti organici. Si parte dal riciclo: solo a Barcellona si stima vengano generati 2,5 milioni di kg di rifiuti al giorno, dei quali solo il 40% viene riciclato. “Con tutte le immondizie organiche giornaliere potremmo produrre una quantità di biometano sufficiente per alimentare circa 10 mila veicoli per circa 15.000 chilometri all’anno”, sottolinea Andrew Shepherd, ingegnere di Seat responsabile del progetto Methamorphosis. Il processo di selezione degli organici si svolge presso l’Ecoparc 2 di Barcellona, dove i “rifiuti scelti” vengono introdotti in grossi digestori anaerobici (alti come un palazzo di 8 piani), con una capacità singola di 4.500 metri cubi: al loro interno si realizza il processo di decomposizione che genera gas. Dopo circa 30 giorni, si ottiene il biogas con un 65% di metano, che va ulteriormente raffinato (anche, va detto, dalla CO2 formata) per poter alimentare le auto. Inoltre i residui di materiale organico non trasformati in biogas possono essere utilizzati come fertilizzanti.
E il diesel? C’è speranza anche lo sporco gasolio: la finlandese Neste ne ha messo a punto uno composto da sottoprodotti e materiali di scarto, come oli da cucina riciclati e grasso, che non contiene gasolio convenzionale (cioè carburante fossile). Si stima che questo diesel possa ridurre del 65% le emissioni di CO2 nel ciclo “well to wheel”, cioè dal pozzo di estrazione fino all’utilizzo come propellente. Va specificato, però, che la riduzione della CO2 auspicata è calcolata tenendo conto solo delle emissioni risultanti dalla conversione dei materiali di scarto in carburante e non dalla loro produzione (visto che si tratta di scarti già esistenti). Inoltre, prima di adoperare questo diesel paraffinico, è necessario verificare la compatibilità dei componenti del motore. Meno “ecoperformante” ma altrettanto promettente l’R33 Blue Diesel della Shell, composto fino al 33% da materiali rinnovabili e capace di ridurre le emissioni di CO2 del 20%: è già in utilizzo presso alcune stazioni di rifornimento aziendali (Feuerbach, Schwieberdingen e Hildesheim).
Sempre a tema gasolio, giova ricordare che, qualche mese fa, Bosch aveva svelato un nuovo sistema di alimentazione e trattamento dei gas di scarico capace di tagliare drasticamente i pericolosi ossidi di azoto (NOx) emessi dai turbodiesel: è composto da un turbocompressore ottimizzato e da un sistema di gestione termica capace di mantenere la temperatura dei gas di scarico a oltre 200°C. Risultato? Nox che toccano i 40 mg/km, contro il limite dei 120 mg/km richiesto dalla legge a partire dal 2020. Per vederlo in produzione sui modelli di serie bisognerà aspettare un paio di anni.