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Conte: “Siri si dimetta, rinvio non ha senso. Non dico che è colpevole, ma ha proposto legge per interessi di parte”

Il capo del governo convoca la stampa, il sottosegretario indagato per corruzione lo anticipa: “Entro 15 giorni vado via se non mi archiviano”. Ma il premier: “Attendere non ha senso, proporrò subito la revoca in consiglio dei ministri”. Salvini: “Decida lui, ma spieghi il perché”. E poi aggiunge: "Lo sentano i magistrati". Di Maio: "Non esulto e non credo sia una vittoria. Ora però l'esecutivo può andare avanti"

“Il sottosegretario Armando Siri si deve dimettere. Non dico che è colpevole, ma ha proposto una legge per interessi di parte”. Ore 19 del 2 maggio. Dopo giorni di tensioni tra Lega e M5s, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è presentato davanti ai giornalisti e ha annunciato che nel prossimo cdm, probabilmente mercoledì 8 maggio, chiederà la revoca della nomina dell’esponente del Carroccio indagato per corruzione. Lo ha fatto con una premessa precisa, quella di non voler essere “né garantista né giustizialista” e in nome, ha spiegato di una politica con la “P” maiuscola: “Noi dobbiamo essere credibili”. La discriminante che lo ha portato a decidere, ha spiegato, è appunto che la pressione fatta al sottosegretario non fosse per l’interesse generale o futuro. Prerogativa che l’hanno resa di interesse solo di una parte.

Dopo tanti colpi a distanza tra i due soci di governo insomma, è arrivato lo strappo con il leghista. Alle 17.53 il premier ha annunciato una conferenza fuori programma per le 18.30 a Palazzo Chigi. Alle 18.29 le agenzie di stampa hanno battuto la nota dello stesso Siri, corso ai ripari per cercare di anticipare il capo del governo: “O mi archiviano, o me ne vado entro 15 giorni”, si leggeva. Parole non sufficienti per Conte che, in ritardo di circa mezzora, si è presentato ai giornalisti e ha detto: “O ci si dimette oppure no, le dimissioni future non hanno senso”. E’ il segnale che, neppure il compromesso, potrà passare questa volta e che, dopo il faccia a faccia avuto lunedì scorso, la situazione era ormai andata troppo per le lunghe.

La conferenza stampa è durata poco meno di mezzora e il premier se ne è andato senza rispondere alle domande. Ora la questione si sposta in consiglio dei ministri e, probabilmente, non prima della fine della prossima settimana. Resta da vedere, nel mentre, come si comporteranno gli alleati. Matteo Salvini è stato il primo a parlare: “I magistrati”, ha detto dall’Ungheria, “sono pronti a incontrare Siri e dimostrerà la totale estraneità a una vicenda surreale dove due tizi parlavano di lui senza che sia stato fatto nulla. In un paese civile funziona così. Lascio a Conte e Siri le loro scelte. A me va bene qualunque cosa, se me la spiegano”. Chi ha cercato di non farsi vedere troppo felice, così come chiesto dallo stesso Conte, è stato Luigi Di Maio, che, su La7, ha dichiarato: “Non esulto e non credo sia una vittoria. Detto questo sono contento che il governo ora possa andare avanti perché il caso Siri si chiude. La proposta di dimettersi 15 giorni dopo essere stato ascoltato dai magistrati era una strada un pò furba che non potevamo permettere. Non sappiamo quando sarebbe stato ascoltato e magari avrebbe scavallato le Europee…”. Dal 18 aprile scorso, data in cui era stata resa nota la notizia dell’indagine sul sottosegretario, i 5 stelle ne chiedevano le dimissioni senza risultati. Chi tace, almeno per ora, è l’interessato: ha pochi giorni per decidere se farsi scaricare definitivamente dal cdm, o andarsene per primo.

Conte ai giornalisti: “Noi dobbiamo essere credibili. Ho sempre rivendicato un alto tasso di etica pubblica per questo governo”
Il premier ha deciso di leggere ai giornalisti una dichiarazione scritta, con la quale ha ufficializzato la sua posizione e chiesto il passo indietro di Siri. “La politica deve discernere caso per caso”, ha esordito. “Lunedì scorso io e Siri abbiamo avuto due ore di colloquio durante le quali lui mi ha garantito di poter dare delle risposte. Mi è sembrato doveroso confrontarmi con l’interessato“. Quindi ha esposto le premesse che hanno accompagnato il suo ragionamento: “Uso un approccio differente rispetto alle correnti semplificazioni con una distinzione manichea tra approccio giustizialista per cui un semplice avviso di garanzia è una macchia e a un approccio garantista per cui dovrebbe valere il principio di innocenza sempre. Ritengo che la politica con la P maiuscola debba rifuggire gli opposti ismi e saper discernere caso per caso assumendosi la responsabilità di valutare la singola situazione”.

Detto ciò, questa è stata la sua conclusione: “Il sottosegretario si è prestato a prendere l’istanza di un imprenditore che avrebbero favorito alcune sue attività già concluse. Ho sempre rivendicato per questo governo un alto tasso di etica pubblica, nel caso di specie il sottosegretario. Ci tengo a dirlo, è normale ricevere suggerimenti per modifiche o introduzione di norme, ma come governo abbiamo la responsabilità di discernere e valutare se queste proposte hanno carattere di generalità o se avvantaggiano il tornaconto di singoli. In questo caso la norma non era generale e astratta, ho quindi valutato la necessità e opportunità di dimissioni del sottosegretario”. E in quanto alla proposta del leghista di ritardare altri 15 giorni prima di prendere una decisione definitiva, ha aggiunto: “Ho letto le dichiarazioni di Siri. Però io credo che la vicenda giudiziaria avrà un suo corso, quella politica un altro. Noi dobbiamo essere credibili, responsabili, le dimissioni o si danno o non si danno, le dimissioni future non hanno molto senso“. Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, ha anche dichiarato: “Lo dico da avvocato: eventuali dichiarazioni spontanee dell’interessato ragionevolmente non potranno segnare una svolta rispetto alla fase preliminare di indagini”. Per questo, ha detto: “Siri farà un passo indietro in ragione dei fatti che gli sono stati contestati, della oggettiva gravità di questi fatti – stiamo ragionando di un’accusa di corruzione – ancorché allo stato non risultano provati, e della oggettiva difficoltà di poter attendere alle attività istituzionali dovendo concentrarsi sulle necessarie attività difensive”.

Il premier si è anche rivolto direttamente ai soci dell’esecutivo, chiedendo un comportamento adeguato in reazione alle sue parole: “Invito la Lega a non lasciarsi guidare da reazioni corporative. La soluzione del caso Siri non significa una condanna di un suo esponente”. E ha invitato la Lega a farsi “ispirare da una più complessiva valutazione del superiore interesse“. Quindi ai 5 stelle: “Invito anche il M5s a non approfittare di questa soluzione per cantare una vittoria politica“. E ai giornalisti ha chiesto attenzione: “Il sottosegretario è coinvolto in indagini preliminari e non deve essere sottoposto a una gogna mediatica. Esprimo vicinanza a lui, a sua moglie, alla figlia ventiquattrenne”.

Conte ha quindi concluso senza lasciare spazio alle domande.  “Penso di essere stato abbastanza esauriente…”, ha tagliato corto. “Problemi ne abbiamo tanti e ci lavoriamo ogni giorno”.

La nota di Siri per anticipare Conte: “O mi archiviano o mi dimetto entro 15 giorni”
Il sottosegretario leghista da giorni ribadisce di essere innocente e di non voler fare un passo indietro. Lunedì scorso ha incontrato il premier e dopo quel faccia a faccia, avvenuto in tarda serata, nessuna evoluzione era stata registrata sul caso. Finché oggi, pochi minuti prima della conferenza stampa, ha diffuso una nota con cui ha cercato di anticipare le mosse del premier e di prendere ancora tempo: “Dal primo momento ho detto di voler essere immediatamente ascoltato dai magistrati per chiarire la mia posizione”, si legge. “La disponibilità dei magistrati ad essere ascoltato c’è e confido di poterlo fare a brevissimo. Sono innocente, ribadisco di avere sempre agito correttamente, nel rispetto della legge e delle istituzioni, e di non avere nulla da nascondere. Proprio per questo, vivo questa situazione con senso di profonda amarezza. Confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro, rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro”. Il suo, di fatto, è stato l’ennesimo tentativo di prendere tempo.

Poi, dopo la conferenza stampa, non ha fatto nessun commento, ma ha mandato avanti il suo legale: “Non mi permetto di commentare le ragioni politiche affrontate dal presidente del Consiglio nella conferenza stampa odierna. Devo, peraltro, precisare che gli emendamenti in discussione avevano come destinatari i produttori di energia da minieolico, il cui consorzio è regolarmente accreditato al Mise”. E ha chiuso: “L’interesse pubblico si persegue attraverso scelte normative che possono riguardare sia la totalità dei cittadini che determinate categorie produttive. L’affermazione che un provvedimento normativo che riguardi una determinata categoria produttiva non rivesta i caratteri di generalità ed astrattezza è giuridicamente errata ed estranea all’ordinamento”.

Come funziona le revoca dalla carica di sottosegretario e perché serve il passaggio in consiglio dei ministri
Ora la partita si sposta in consiglio dei ministri. La revoca dell’incarico a un sottosegretario segue una procedura analoga a quella della sua nomina, stabilita dalla legge sull’attività del governo, la 400 del 1988, in particolare l’articolo 10. In questo articolo si dice che “i sottosegretari di Stato sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei Ministri”. La revoca di un sottosegretario come Armando Siri avverrà dunque quando il presidente Giuseppe Conte, “sentito il Consiglio dei ministri” (quindi un eventuale voto non è determinante) porterà la sua decisione dal Presidente della Repubblica, che la renderà effettiva attraverso un proprio decreto.