“In Italia ero bloccato dalla burocrazia. Qui in Messico sono rinato, ricominciando da zero”. La storia di Matteo Sasso comincia nel 2013, quando, dopo 20 anni da artigiano elettricista, poi specializzato nel settore del fotovoltaico, decide di seguire per un breve viaggio la compagna messicana, Lydia. E mai avrebbe immaginato che quella potesse diventare la loro casa.
“Lei faceva la stagista chef in un ristorante a Isola della Scala (in provincia di Verona) quando ci siamo incontrati. Dopo poco mi ha invitato nel suo paese, a Leon, una città di quasi due milioni di abitanti a un’ora dalla capitale”, racconta Matteo. Un viaggio di pochi giorni, per conoscere il posto, che però è diventato un trasferimento. “Mi è bastato poco per guardarmi intorno. Dove mi giravo c’era un’offerta di lavoro, un cartello con scritto “cercasi””. Così Matteo coglie la palla al balzo, decidendo di lasciare il lavoro a Bovolone, sempre nel Veronese. Un’attività che “si stava afflosciando e non era più ai suoi massimi”.
In Italia mi sentivo soffocato, nella mia piccola impresa avevo collaboratori, non dipendenti, quindi ero totalmente solo
A colpirlo è l’atteggiamento diverso verso il lavoro, ma anche verso quello che è novità, impresa. “Qui puoi aprire veramente qualsiasi attività, ma senza tutta la burocrazia italiana”, spiega ancora al telefono. “In Italia mi sentivo soffocato, nella mia piccola impresa avevo collaboratori, non dipendenti, quindi ero totalmente solo, dovevo occuparmi di tutto, dalla Dia (denuncia di inizio attività) al Pos (Piano operativo di sicurezza). Ero arrivato ad ammalarmi, uno stress che ha bloccato anche i miei allenamenti di nuoto livello master”, dice ancora, giustificando il perché della sua scelta definitiva.
L’inizio non è stato semplice. “Si guadagna sicuramente meno, ma tutto è proporzionato al costo della vita. Solo le automobili costano allo stesso modo”. Con la prospettiva di perdere, forse, i 20 anni di contributi italiani, Matteo decide di rimboccarsi le maniche. “Mi sono messo a fare l’agente di commercio, sempre nel fotovoltaico, un settore che in Messico si stava sviluppando solo all’epoca. Qui non hai bisogno di partita Iva, ad esempio – racconta ancora -. Mi inserivo nel contratto di grandi aziende solo come consulente tecnico”. Ben presto però i contatti crescono e con essi anche la volontà, vista la semplicità burocratica, di mettersi in proprio. “Insieme ad altri ragazzi messicani abbiamo messo su una piccola società. Seguiamo in toto il cliente, dalla spiegazione del prodotto alla consulenza, fino al contratto con l’azienda erogatrice del servizio. E quando segnalo a un’azienda che il cliente è interessato le attese sono minime – spiega -. In tre o quattro settimane hai tutto sistemato, quando in Italia almeno ci vogliono tre mesi”.
In Italia vediamo lo straniero come un pericolo. Qui lo accolgono a braccia aperte e riconoscono il suo lavoro
Accanto al lavoro della vita nel settore elettronico, Matteo riesce anche a portare avanti un piccolo sogno, insieme alla compagna Lydia. “Abbiamo aperto un ristorantino di cucina messicana e italiana, sono solo quattro tavoli ma abbiamo una mole di lavoro tale che abbiamo pensato di spostarci sotto casa”, racconta Matteo. Così come la filosofia del fotovoltaico suggerisce, tutto è rigorosamente green. “Produciamo noi l’energia, tutto è elettrico, come le piastre a induzione, ed ecosostenibile. Ad esempio facciamo la differenziata, e spesso ricicliamo noi stessi qualcosa, una realtà che in Messico sta nascendo solo oggi”.
Insomma, meno stress, meno burocrazia, e anche la possibilità di ritagliare spazio per un’altra attività. Una soddisfazione che Matteo non credeva più possibile in Italia. A sorprenderlo anche l’atteggiamento dei messicani. “In Italia vediamo lo straniero come un pericolo. Qui lo accolgono a braccia aperte e riconoscono il suo lavoro”. Anche per questo Matteo è sicuro che non tornerà indietro. “Potrò rimettere piede in Italia solo per terminare i dieci mesi che mi mancano al raggiungimento della pensione. Ma la mia vita oramai è qua. Il sole è il mio unico operaio e io sto meglio”.