Il Consiglio d’Europa punta il dito di Luigi Di Maio. Lo fa in un documento intitolato Freedom of expression in 2018, in cui fotografa la situazione nel continente alla vigilia della giornata mondiale della libertà di stampa. Il nome del capo politico dei Cinque Stelle figura nelle note del capitolo dedicato dall’organizzazione internazionale agli attacchi portati dagli Stati all’indipendenza dei mezzi di informazione.
Il capitolo si apre con una critica alla Turchia, in cui si osserva che “due anni dopo il tentato colpo di stato, il governo turco continua a emettere decreti che ordinano la chiusura di giornali, televisioni, ma anche associazioni”. In generale l’indipendenza dei media, secondo quanto si legge nel documento, è però messa a dura prova anche da “pressioni finanziarie, favoritismi e altre forme di manipolazione indiretta” che rappresentano forme “di imbavagliamento altrettanto insidiose e che sono usate sempre più spesso da politici di tutte le correnti”.
E dopo aver evidenziato i problemi riscontrati in Serbia, il rapporto si sofferma sul caso italiano. “In Italia il vice primo ministro e leader del Movimento 5 Stelle ha invitato le aziende pubbliche a smettere di fare pubblicità sui giornali – si legge a pagina 14 – e ha annunciato piani per ridurre i contributi pubblici indiretti ai media nel budget del 2019. Nel novembre 2018, ha pubblicato sui social media un post contenente un linguaggio offensivo contro i giornalisti e richiesto nuove restrizioni legali per gli editori”.
Il capitolo si chiude con la citazione dei casi in cui è stato minato il servizio pubblico radio televisivo. In Danimarca, dove il governo ha concluso un accordo per la riduzione del budget al servizio pubblico del 20%. Ed anche in Bosnia e Montenegro, dove gli amministratori delegati del servizio pubblico sono stati licenziati per ragioni che sono apparse “motivate politicamente“.
L’opposizione va all’attacco: “Il Consiglio d’Europa ha messo a nudo la vera natura del Movimento Cinque Stelle che si è tradotta con la riduzione dei contributi pubblici ai media e con l’imposizione alle partecipate statali di non fare più pubblicità sui giornali – dichiara Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia – La decisione di spegnere Radio Radicale chiude purtroppo il cerchio di questa deriva illiberale, e il colmo è che questo giro di vite contro la stampa arriva proprio da chi, attraverso un conflitto d’interessi talebano, vuol far credere di aspirare a una stampa “pura” e libera da condizionamenti”.