Si sono dichiarati “dispiaciuti” per le loro condotte, si sono riconosciuti nei video acquisiti dagli inquirenti e hanno circostanziato il loro ruolo, alcuni degli otto giovani sottoposti a fermo dalla procura ordinaria e da quella per i Minorenni di Taranto nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Antonio Stano, il 66enne pensionato di Manduria deceduto il 23 aprile scorso dopo tre interventi chirurgici. Stano è stato vittima di una serie di aggressioni e violenze compiute nel tempo da più gruppi di ragazzi, che filmavano i raid davanti a casa e in alcuni casi dentro l’abitazione del sessantenne. È quanto emerso, secondo alcuni dei difensori degli indagati, nel corso degli interrogatori di garanzia.
Fino a questo momento sono stati ascoltati i due maggiorenni dal gip del Tribunale ordinario Rita Romano e quattro dei sei minori coinvolti da gip del Tribunale per i minorenni Paola Morelli. Il più grande del gruppo, di 22 anni, ha ammesso di aver partecipato a una sola “incursione” nell’abitazione del pensionato, documentata anche da uno dei video acquisiti dagli inquirenti, respingendo comunque le accuse di aver avuto un ruolo attivo. Anche uno dei minori interrogati, a quanto si apprende, ha negato di aver partecipato ad atti di violenza. Tutti hanno risposto alle domande e, secondo i difensori, sono apparsi “molto provati”. I due gip dovranno decidere con ordinanza se convalidare o meno i fermi e stabilire se la misura cautelare va confermata, revocata o attenuata. Le accuse a carico degli otto sono di tortura, sequestro di persona, danneggiamento e violazione di domicilio aggravati.
Nei decreti di fermo disposti dai pubblici ministeri Remo Epifani e Pina Montanaro c’è la ricostruzione delle vessazioni e delle aggressioni fisiche verso Stano. Se l’autopsia dovesse evidenziare che la sua morte discende dai colpi inferti dalla baby-gang, le accuse nei confronti degli otto potrebbero aggravarsi e ipotizzare anche l’omicidio preterintenzionale, contestato in un primo momento a tutti i 14 indagati.
Di certo, stando alla ricostruzione delle due procure, l’uomo ha sofferto a lungo per i “raid” notturni del “branco”, come lo chiamano i pm, che agiva con “crudeltà e inaudita violenza” e “ingiustificata spietatezza”. Tanto da ridurre Stano in uno stato di prostrazione psico-fisica, testimoniata anche dalle dichiarazioni dei medici che hanno certificato “ecchimosi estese” a entrambi gli arti inferiori “nonché presenza di sangue coagulato” in bocca, tra le gengive e sui denti del “pacciu”, come lo conoscevano in paese, quando finalmente il 5 aprile, dopo una settimana da “segretato”” in casa per paura di subire nuove angherie, ha aperto la porta della sua casa agli agenti del commissariato e ha lasciato che i medici del 118 lo soccorressero.