A Bologna è tempo di Error Day, ovvero la giornata mondiale dell’errore che quest’anno ha come tema l’educazione. “L’errore è parte della nostra condizione umana, non un limite momentaneo superabile una volta per tutte, ma un ineludibile risvolto dell’esistenza. Il vagare, che ci vede impegnati per tutta la vita nel compito di diventare esseri umani, ci mostra l’errore insito in questa ricerca, che non ha mai nulla di garantito in via definitiva e ci segna come esseri vulnerabili e fallibili. Per questo si ha bisogno dell’ErrorDay, che quest’anno ha come motto “Venite e sbagliatevi tutti”. Per esorcizzare la nostra avversione al fallimento simulando l’adorazione”, ci spiega la docente universitaria e attrice comica Clelia Sedda, che dell’Error Day è anche l’ideatrice. Il 4 e 5 maggio, all‘oratorio San Filippo Neri di Bologna, andrà in scena lo spettacolo comico che ha come scopo proprio quello di esorcizzare gli errori e riflettere sul concetto di errore nell’educazione. “Quello dell’educazione è un tema urgente per il quale non esiste una verità ma sola una infinita serie di problemi”.
L’errore, in generale, va demonizzato?
Certamente, a meno che non lo paghi sulla tua pelle. La presunzione, l’ignoranza e la prepotenza ci mostrano quanto siamo imbecilli e limitati, magari se sbagliamo e paghiamo i nostri errori ‘aggiustiamo il tiro’ e cerchiamo di migliorare, ma se provochiamo un incidente perché stiamo chattando mentre guidiamo il nostro errore lo paga un altro. Nell’educazione di errori se ne vedono tanti: quelli più frequenti? Forse ci siamo spostati troppo dall’altra parte: pensare che siamo tutti uguali? I decreti delegati? L’assenza dei grembiuli? L’accettazione dell’uso del telefonino in classe? La diagnosi di fobia scolastica? Le lauree conseguite leggiucchiando appunti elementari, perché i presidi delle Facoltà invitavano i docenti a promuovere, licenziando laureati incapaci di scrivere correttamente? Ma come mai? La risposta è semplice: se non si hanno iscritti la Facoltà chiude… Promuovete! Promuovete! Comunque non esiste un manuale per insegnare bene a chiunque, come non esiste per i genitori un manuale per allevare bene i propri figli. Don Milani e la sua scuola di Barbiana, Lettere a una professoressa, sono esperienze che hanno animato e stimolato buoni insegnanti. Ma anche i cattivi insegnanti hanno un ruolo importante. Docenti timidi o severi ci mettono di fronte a problemi di relazione che dovremo imparare ad affrontare come studenti.
Perché ce l’ha con i decreti delegati?
Perché – se devo provocare – li considero l’inizio di una certa deriva che oggi arriva a eccessi paradossali: la scuola non è democratica e la più ineliminabile delle diseguaglianze è la dotazione intellettuale. Tu non puoi insegnare ad essere intelligenti. Però puoi creare le basi per una comunicazione di nozioni da condividere in modo tale da rendere possibile il dialogo. Il problema della giustizia sociale nella scuola forse non è assicurare che il povero diventi bravo perché è povero. E’ assicurare che il ricco non risulti bravo perché ricco, come vediamo oggi nella giusta indignazione su come si accede a Harvard. Quando la scuola non vuole essere meritocratica, diventa un grande motore di diseguaglianze sociali proprio nel rifiutarsi di esserlo, perché nella scuola che si appiattisce, sono i privilegiati a emergere lo stesso, sfruttando però la loro rete sociale.
Anche i genitori sbagliano di grosso: vengono meno alla loro responsabilità di educatori?
Soprattutto quando sono omissivi. ‘Scegli tu cosa mangiare, scegli tu con chi vivere’. Sono i genitori che devono scegliere di che tipo di cibo hanno bisogno i propri figli, in base alle infinite variabili, alla cultura alimentare, al tipo di vita che si conduce… mica esiste una alimentazione uguale per tutti! È questo l’aspetto che mi preoccupa. Noi possiamo delegare altri a fare gli errori che noi non vogliamo commettere, ma alcune scelte bisogna farle, sbagliare e assumersene tutta la responsabilità.
Quali sono gli “abbagli che ci illuminano” di questa sesta stagione?
Un esempio è la storia di Guglielmo Marconi. Si racconta che Marconi, ancora studente, sia andato da Augusto Righi, co-scopritore delle onde elettromagnetiche a cui meritatamente sono intitolate scuole e piazze. Marconi disse a Righi che con le sue onde elettromagnetiche avrebbe realizzato un telefono senza fili per comunicare da qui all’America. Righi pare abbia invitato Marconi a studiare prima di parlare. Anche Poincaré, il massimo fisico francese dell’epoca, intervistato da un giornalista chiese ironicamente a Marconi se fosse al corrente del fatto che la terra è sferica e non piatta. Perché questa ironia? Perché le onde elettromagnetiche si propagano in linea retta, quindi era possibile superare una collina, ma come fare a superare la curvatura terrestre? Quando Marconi, grazie ai soldi della mamma ricca, installò una antenna in Cornovaglia e una in Canada l’esperimento riuscì. Come mai si riceveva il segnale? Per la presenza della ionosfera (allora sconosciuta) che agisce da specchio e sulla quale quindi l’onda rimbalza. Aveva ragione Righi nell’affermare che le onde elettromagnetiche procedono in linea retta. Ma né Righi né Marconi erano a conoscenza dell’esistenza della ionosfera. A Marconi era venuto in mente l’esperimento perché era ignorante e pensava che le onde elettromagnetiche si propagassero parallelamente alla superficie terrestre. Era ignorante sì, però ci aveva azzeccato. Infatti non ha mai conseguito la laurea in fisica, ma il Nobel sì.
Quali errori hai trovato più divertenti o spassosi degli studenti?
Molti li mostro all’ErrorDay. ‘Scrivi un’espressione che rappresenti il numero n di metri cubi di acqua contenuti nel serbatoio in funzione del numero t di settimane’. Cosa ha fatto lo studente: ha risposto con l’espressione, sì, ma del suo disappunto.
I social sono un errore?
Tim Barners Lee credeva che internet sarebbe stato uno strumento di conoscenza e liberazione: molti invece usano internet per insultarsi su twitter, altri per chattare con estranei mentre sono in compagnia dei loro innamorati… Il famoso messaggio sbagliato di Trump, invece, introduce il tema di quanto possa valere un errore di battitura, perché c’è chi ha trovato il modo di far fruttare i nostri errori ortografici. Quando invece che scrivere “scarpe da passeggio” scriviamo “carpe da passeggio” Google ci corregge e ci regala la percezione che internet ne sappia di te e ti conosca meglio di quanto tu conosca te stesso. È un messaggio inquietante quello ricevuto: “sappiamo meglio di te cosa vuoi cercare, e te lo daremo qualunque cosa tu digiterai…”. Diciamo troppo su di noi. Del resto pare che dopo un certo numero di like che mettiamo ai post, Facebook ci conosca meglio dei nostri coniugi e non escludo che raggiunte alcune centinaia di click Facebook ci conosca molto meglio di noi stessi e sappia molte più cose su di noi che noi medesimi”.
Qual è il messaggio che vuole fare arrivare al pubblico con questa edizione dell’error day?
Molto spesso la felicità è semplicemente l’assenza di un dolore, quando abbiamo avuto mal di pancia poi siamo felici solo per il fatto che ci sia passato. Ecco: la scuola dovrebbe assumersi anche la responsabilità di “far soffrire” gli studenti perché è una illusione che si possa raggiungere un risultato senza qualche sforzo. Avremo così studenti felici all’uscita dalla scuola, o perlomeno preparati ai dolori futuri.