"Uno dei principi generali giuridici è che una norma va interpretata al di là di quella che era la volontà del legislatore", spiegano gli avvocati che hanno vinto il ricorso di Bologna: "E la norma del '98 che prevede che lo straniero regolarmente soggiornante ha parità di accesso all’iscrizione anagrafica rispetto ai cittadini italiani non è stata modificata"
Sui migranti ammessi all’iscrizione sul registro anagrafico comunale, i sindaci avrebbero potuto intervenire anche prima dei tribunali. Le sentenze dei giudici di Bologna e Firenze sono diventate in queste ore terreno di una improvvisa ed accesa battaglia politica: da una parte il ministro dell’Interno Matteo Salvini; dall’altra il sindaco di Bologna, Virginio Merola, e i giudici definiti dal titolare del Viminale “di sinistra”; al centro il decreto Salvini. Legge che però non aveva fin da subito posto un esplicito impedimento alla residenza e all’accesso ai servizi pubblici per i richiedenti asilo. Almeno così è scritto online fin dal gennaio 2019 a firma dell’avvocato Daniela Consoli del Foro di Firenze e della collega Nazzarena Zorzella del Foro di Bologna. Secondo le due legali bastava interpretare il decreto 113, contestato e non applicato durante l’inverno scorso da numerosi amministratori locali, tra cui i sindaci di Palermo Orlando e Napoli De Magistris, o rifarsi direttamente al decreto legislativo 142 del 2015. L’approfondimento sul tema era stato pubblicato sul sito dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione), e segnalato in una mail ad hoc da un tempio del cattolicesimo democratico italiano come il prodiano Istituto De Gasperi di Bologna. Nei dettagli era stato rintuzzato l’allarmismo antigovernativo di molti primi cittadini che sembrava, secondo Consili e Zorzella, giuridicamente parecchio infondato. “La norma, a prescindere dalle intenzioni del legislatore “storico”, non pone alcun esplicito divieto – è spiegato sul sito Asgi – ma si limita ad escludere che la particolare tipologia di permesso di soggiorno motivata dalla richiesta asilo possa essere documento utile per formalizzare la domanda di residenza, con ciò modificando il previgente sistema”.
“Noi proponiamo un’interpretazione perché uno dei principi generali giuridici è che una norma va interpretata al di là di quella che era la volontà del legislatore”, spiegava Zorzella a ilfattoquotidiano.it già prima della sentenza di Bologna. Per questo dobbiamo fare riferimento alla norma generale, il Testo Unico sull’immigrazione 286 del 1998, articolo 6, comma 7, “norma che non è stata modificata e che afferma che lo straniero regolarmente soggiornante ha parità di accesso all’iscrizione anagrafica rispetto ai cittadini italiani”. “Abbiamo così individuato, nel Testo Unico, il Modello C3 con cui il richiedente asilo formalizza la domanda di riconoscimento di protezione internazionale che ne impedisce l’espulsione – affermava Zorzella – Con il Modello C3 dimostriamo la regolarità di soggiorno e perciò richiediamo l’iscrizione anagrafica”.
Il passaggio successivo riguardava poi la non applicazione del “Decreto sicurezza” per quel che concerneva la richiesta dei richiedenti asilo a cui si negava la residenza quindi attraverso questa l’accesso a “tutti i servizi erogati sul territorio”. “Guardate, qui non si parla nemmeno di un’interpretazione. Questa dei servizi è esattamente la lettura testuale dell’articolo 5 comma 3 decreto legislativo 142 del 2015 che dice che il richiedente asilo ha comunque accesso a tutti i servizi erogati su territorio comunale sulla base del domicilio indicato nella richiesta di riconoscimento della protezione (sempre nel famoso Modello C3)”. Nel Modello va infatti obbligatoriamente indicato il domicilio del richiedente asilo perché è lì che arrivano tutte le comunicazioni relative al procedimento del riconoscimento di un’eventuale protezione internazionale. “Basterebbe che tutte le amministrazioni comunali si leggessero bene la legge – aveva concluso Zorzella – perché nel momento in cui il decreto 113 stesso dice che tutti i servizi sono comunque erogati sul territorio in base al domicilio, non è che uno deve interpretare. Vuol dire che “sulla base del domicilio” supera tutte le previsioni di legge, vuoi per l’assistenza sociale, vuoi per quella sanitaria, vuoi per qualsiasi servizio pubblico o privato che prevede la residenza per essere richiesto”. L’elenco dei “servizi” garantiti ai richiedenti asilo con in mano soltanto il domicilio lo si può trovare sul sito Asgi: quelli afferenti all’istruzione (scuola, nidi d’infanzia) e alla formazione, anche professionale, ai tirocini formativi, alle misure di welfare locale (comunale e regionale), all’iscrizione ai Centri per l’impiego, all’apertura di conti correnti presso le banche o le Poste italiane.