Milioni di anziani al mondo presentano una forma di demenza erroneamente diagnosticata come Alzheimer, ma che vede coinvolta un’altra proteina presente nel cervello. A far luce su una delle più importanti scoperte in materia fatte negli ultimi anni è lo studio pubblicato sulla rivista Brain, frutto di una collaborazione internazionale coordinata dall’Università del Kentucky. I risultati possono spiegare, in parte, perché la ricerca di una cura per l’Alzheimer abbia finora fallito. La nuova forma ha effetti simili all’Alzheimer e colpisce un over 85 su quattro.

Esistono diversi tipi di demenza collegata all’invecchiamento, e il morbo di Alzheimer è quello su cui è stata fatta più ricerca. Ma non è il più comune. Fino a un terzo dei presunti casi di Alzheimer potrebbe esser causato, in realtà, da una condizione ora individuata e descritta: l’encefalopatia TDP-43 correlata all’età prevalentemente limbica, o Late. All’origine vi è l’accumulo della proteina TDP-43 nel cervello, una condizione che, secondo studi effettuati post mortem, è presente in ben un anziano su 5 dopo gli 80 anni.

Il nuovo studio mostra che questo porta ad alterazioni della memoria e delle abilità cognitive simili all’Alzheimer, ma che insorgono più lentamente. “Questa patologia è stata sempre presente, ma la riconosciamo ora per la prima volta”, spiega l’autore principale, Pete Nelson, dell’Università del Kentucky. Ciò potrebbe spiegare i fallimenti di alcune terapie anti Alzheimer che prendevano di mira le proteine tau e amiloide: potrebbero esser state testate su persone che avevano questa condizione. “Questo – conclude Robert Howard dello University College London – ha importanti implicazioni per la scelta dei partecipanti nelle sperimentazioni future“.

L’abstract su Brain

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