Alle superiori è andato a studiare per un anno negli Stati Uniti, ospitato da una famiglia di sconosciuti. Tornato per la maturità a Lamezia Terme, in Calabria, sapeva già che sarebbe ripartito molto presto. Così, dopo una laurea in legge a Londra, due master e l’abilitazione professionale a New York, ora Gaspare Chirillo ha iniziato a 25 anni il praticantato che lo porterà a diventare avvocato specializzato in diritto societario anche in Uk. Un tirocinio di due anni (retribuito) in uno degli studi legali più grandi del mondo, con un tasso di assunzione che spesso sfiora il 100 per cento.

“In Inghilterra si investe moltissimo nei praticanti, vengono considerati una ricchezza. Ad esempio, prima di iniziare il ‘Training contract’ vero e proprio, tutti sono obbligati a seguire un corso pratico di 6 mesi”, spiega Gaspare. “Se vieni prima selezionato da uno studio legale, come nel mio caso, sono loro stessi a pagare il corso (circa 15mila sterline a tirocinante, ndr)”. Chi non viene reclutato, invece, è costretto a pagarlo di tasca propria e a cercare uno studio in un secondo momento. Perché è necessario? “Qui giurisprudenza dura solo 3 anni, a differenza dell’Italia ci sono materie come procedura penale o civile che non vengono proprio affrontate in università”, aggiunge. “Il corso serve a colmare queste lacune, ma insegna anche a raccogliere informazioni dai clienti, a come incontrarli nel modo giusto, ad esercitarsi sulla retorica in tribunale, alla stesura dei contratti”. Un investimento sulla formazione finalizzato il più delle volte all’assunzione. “Il mio studio è strutturato in dipartimenti. Come praticante dovrò trascorrere ogni semestre in un dipartimento diverso e alla fine potrò fare domanda di lavoro in quello più affine ai miei interessi. Attualmente sono stato assegnato alle dispute a difesa delle banche”.

Vivere nella capitale inglese, però, costa molto. E Gaspare lo sa bene. “Per fortuna il praticantato generalmente è ben retribuito, lo stipendio in alcuni casi può arrivare anche a 3mila sterline al mese. Senza contare i benefit gratuiti come l’assicurazione medica, quella sulla vita, la palestra, un psicologo sempre a disposizione”, chiarisce. “Il tuo lavoro viene valorizzato in ogni modo. Non nego che si tratti di uno dei motivi che mi ha spinto a intraprendere questo percorso all’estero”. Prima di partire per Londra, infatti, il suo sogno era di diventare avvocato in un grande studio forense di Milano. Ma la crisi economica e gli interessi che ha maturato nel corso del tempo gli hanno fatto cambiare idea. “Se fossi rimasto in Italia difficilmente avrei potuto fare tutto questo senza la preoccupazione di come arrivare a fine mese. Di sicuro i prossimi due anni di praticantato saranno durissimi, ma almeno ho la certezza che il mio lavoro verrà riconosciuto come merita, da tutti i punti di vista”.

Ciò non significa che andare a vivere a 2mila chilometri di distanza da casa sia stata una scelta facile. “A me piace molto viaggiare, conoscere nuove persone, essere esposto a culture diverse. Però lasciarsi tutto alle spalle e abituarsi a essere un ‘numero’ qualunque in una grande città come Londra all’inizio è stato pesante”, continua Gaspare. “Il primo passo l’ho fatto alle superiori quando ho trascorso un anno negli Stati Uniti, in South Dakota, grazie a un programma di scambio con Intercultura”. Un’esperienza che non sarebbe stata possibile senza il supporto della sua famiglia. “Devo moltissimo ai miei genitori, a mia sorella e a mio fratello. Mi hanno aiutato sul piano economico, ma soprattutto su quello emotivo. Sin da quando a 17 anni ho detto loro di voler andare oltreoceano non mi hanno mai detto di no, nonostante fosse un passo enorme”.

Ed è proprio negli Usa che Gaspare ha maturato la decisione, una volta finito il liceo, di ripartire per l’Inghilterra. “È stato un passaggio naturale, anche vista la situazione in Italia in quel periodo”, racconta. “Sono arrivato a Londra nel 2013 per studiare giurisprudenza alla Queen Mary University. Poi ho vinto una borsa di studio per frequentare un master in diritto americano in Virginia, vicino a Washington DC, il quale mi ha permesso di fare l’esame di stato da avvocato a New York”. Ottenuta l’abilitazione americana (per cui non è necessario alcun tirocinio), ha deciso di prendersi un altro anno per approfondire gli studi in diritto commerciale internazionale a Cambridge. Ed è proprio durante questo secondo master che ha iniziato a cercare offerte per il praticantato in Uk. “La doppia abilitazione mi aprirà sicuramente più porte. Ad esempio a Londra ci sono molti studi che lavorano con clienti americani o hanno sedi oltreoceano. E poi è anche una soddisfazione personale, qui non sono in tanti a ottenerle entrambe”, aggiunge con un sorriso imbarazzato.

A gettare un’ombra sul suo futuro, però, è Brexit. “Per ora sono tranquillo, perché i lavoratori e gli studenti che si trovano già oltremanica saranno tutelati in ogni modo. Il problema è che negli ultimi due anni si è perso molto tempo. E nessuno sa cosa accadrà. La paura più grande, in tutti i settori, è la perdita di talenti provenienti da altri Paesi. Un terremoto che, a detta di molti, avrà ripercussioni gravi sull’economia. In generale si teme una fuga di clienti stranieri e non è escluso che poi ci sia il rischio di fare dei tagli al personale. Anche se a Londra sembra di stare in una bolla, è difficile incontrare qualcuno che abbia votato per il Leave”.

Nonostante le incertezze, Gaspare è comunque convinto di non voler tornare in Italia, almeno per ora. “Io non sono ‘scappato’ dal mio Paese, come fanno in tanti. Semplicemente avevo ambizioni diverse: volevo fare un percorso universitario più snello che mi spingesse subito nel mondo del lavoro. E poi mi incuriosiva l’idea di studiare un sistema giuridico diverso dal nostro, come il common law. Nei prossimi anni sicuramente rimarrò in Inghilterra, non vorrei rischiare di dover fare di nuovo tutta la gavetta. Ma quando avrò una buona posizione lavorativa potrei decidere di tornare”. Come per tanti italiani all’estero, infatti, la nostalgia di casa si fa spesso sentire. “A parte gli affetti, quello che manca è anche lo stile di vita tipicamente italiano, il clima, il cibo”, spiega Gaspare. “E poi io arrivo dalla Calabria, una terra da cui ho appreso l’ospitalità, il rispetto, l’ambizione. Insegnamenti che cerco di non dimenticare mai”.

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