“I campioni d’Italia: Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, il nostra capitano Valentino Mazzola, Menti, Operto, Ossola, Rigamonti, Schubert. Dirigenti e tecnici: Civalleri, Egri Erbstein, Levesley, Agnisetta, Cortina. Giornalisti: Casalbore, Cavallero, Tosatti. Equipaggio: Meroni, D’Inca, Bianciardi, Pangrazzi, Bonaiuti”
Una preghiera laica. Recitata anche da chi per fede non ha quella granata e che ricorda le 31 vittime dell’incidente. Il 4 maggio 1949 moriva il Torino. Morivano i campioni e gli allenatori che l’avevano reso Grande, i dirigenti che l’avevano allattato e chi, raccontandone le gesta, ne aveva costruito il mito. Con loro se ne andava però anche la gente comune, quelli che con le leggende c’entrano poco e per cui quel volo era soltanto un lavoro.
La tragedia di Superga ci parla di uomini. E di un destino da provare a raccontare attraverso le loro storie.