L’onda di rabbia, dolore, indignazione, in queste ore difficili e sofferte, travolge Napoli. C’è scoramento, disillusione e senso di sconfitta in chi ogni santo giorno dà il proprio contributo per non far ammainare definitivamente la bandiera della speranza in una città disperata. Una “creatura”, Noemi, di appena 4 anni, combatte a muso duro la battaglia della vita nel reparto di terapia intensiva pediatrico dell’ospedale Santobono. E’ intubata. E’ stata prima stabilizzata e poi nel corso della notte sottoposta a un delicatissimo intervento chirurgico.

La pallottola vagante che l’ha centrata alla spalla, le ha fatto collassare un polmone. Pochi millimetri e avrebbe fatto esplodere la vena aorta e il cuore. La nonna le stringeva la mano, la madre era un passo indietro con una amichetta della piccola. Si erano fermate alle giostre del parco comunale di Piazza Nazionale e poi al bar Elite per dissetarsi. All’uscita si sono ritrovate nell’inferno. Il killer in rapida successione ha esploso – in mezzo alla folla – sei colpi di pistola contro l’obiettivo dell’agguato, il pregiudicato Salvatore Nurcaro, 32 anni, vicino al clan Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. L’uomo è stato centrato da quattro pallottole all’addome e alla gola. E’ in fin di vita. Proiettili esplosi all’impazzata, incuranti del rischio di fare una strage. E’ camorra terroristica. Azioni di tipo militari portate avanti con la logica dell’Isis.

Napoli è sotto assedio. Napoli è in guerra. Napoli è un’emergenza nazionale. La risposta dello Stato, ci sarà. Non grazie al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dimostratosi ampiamente inadeguato, incapace e incompetente sotto il profilo tecnico, politico e d’indirizzo strategico. Di ben altra pasta era – ad esempio – il leghista Roberto Maroni quando è stato capo del Viminale nella lotta ai Casalesi. Salvini non è un interlocutore della lotta alle mafie. Di questo ne sono ben coscienti ormai inquirenti e investigatori, che proprio stamane hanno messo a segno un durissimo colpo contro il potere dei clan. In manette sono finiti luogotenenti e killer dei clan della periferia Est tra loro anche i responsabili dell’omicidio di Luigi Mignano dello scorso 9 aprile. Omicidio avvenuto a pochi passi dalla scuola di frontiera ‘Vittorino Da Feltre’, con la vittima che stringeva la mano del nipotino mentre lo accompagnava all’asilo, fiero del suo zainetto di Spiderman poi abbandonato a pochi passi dal luogo del delitto. Anche in quel caso poteva essere una strage.

Napoli conta centinaia di vittime innocenti di camorra. E’ l’unica grande metropoli di un Paese del vecchio continente a maledire questo primato. E nonostante la gravità della situazione per Napoli – a parte la retorica, il mostrare i muscoli a favore di telecamera e le parole roboanti – non c’è nulla. Perfino, ieri sera, nel susseguirsi delle tragiche notizie dell’agguato e del ferimento di Noemi, Napoli nei Tg nazionali è scivolata sui titoli di coda. Napoli non interessa a nessuno. Napoli deve morire. Napoli non è neppure Africa. La città è in disfacimento, il potere della camorra è diventato anche potere culturale: ampi pezzi di Napoli sono controllati, assoggettati, amministrati, gestiti da famiglie emergenti, organizzate in gruppi predatori, nuovi affluenti dei clan storici. Occupano gli spazi che uno Stato dissennato lascia colpevolmente vuoti. Reclutano soldati di camorra e hanno gioco facile. Il salto di qualità s’intreccia con la volontà dello Stato di tenere Napoli in un limbo comatoso e di fame. La ‘criminalità danarosa e stracciona’ si è impossessata di pezzi di borghesia partenopea. Il plebeismo marginalizzato è diventato élite.

Il matrimonio tra Tony Colombo e la vedova di camorra Tina Rispoli ha evidenziato lo sdoganamento di una certa Napoli devastante e devastata che esiste e diventa una sorta di status culturale dominante che dà linfa a una certa nefasta e sguaiata sub-cultura, terreno di coltura di comportamenti camorristici. Le istituzioni, i presidi di legalità, l’associazionismo, le sedi della cultura da sole non possono fronteggiare la forza d’urto di questo tsunami. Da Scampia e in piena faida nel 2005, gli A67 di Daniele Sanzone con una grande intuizione culturale e musicale d’avanguardia pubblicano l’album: A camorra song io. C’è una Napoli resistente che non si arrende. Una Napoli che non hai mai smesso di essere partigiana e si mobilita, denuncia, combatte l’invasore. Domani alle 11 si torna in piazza Nazionale con ‘Disarmiamo Napoli‘ e con il pensiero incazzato rivolto alla piccola Noemi che combatte insieme a Annalisa, Genny, Fabio, Maikol, Dario, Attilio, Silvia, Gigi, Paolo, Giancarlo, Antonio, Nicola, Luigi e senza dimenticare mai che “Napule è a voce de’ criature che saglie chianu chianu e tu sai ca nun si sulo”.

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