Da una parte l’intellettuale, il comico, l’ammiratore di un’estetica europea che fa tanto “autore”; dall’altra l’omino accusato di pedofilia e di incesto (nessuna condanna) probabilmente anche dell’invasione della Polonia nel ’39. Per 25 anni hanno viaggiato su binari paralleli. Ora sembra che farsi filmare dall'artista o produrre, distribuire un suo lavoro sarebbe come avvalorare il suo privato che si fa poesia del cinema
“La vita non imita l’arte, imita la cattiva televisione”. Lo diceva Rain (Juliette Lewis) in Mariti e mogli. Anno 1992. Woody Allen probabilmente all’apice della carriera. Allen pubblico, idiosincrasie personali trasferite nel doppio cinematografico, sintesi artistica sublime, tragica e divertente. Allen privato, mogli/compagne che sembrano il mazzo di carte di Sigmund Freud, Lesser-Keaton-Farrow e poi Soon-Yi, figlia adottiva dell’ex marito della ex fidanzata Farrow che diventa vera moglie. Da una parte l’intellettuale, il comico, l’ammiratore di un’estetica europea che fa tanto “autore”; dall’altra l’omino accusato di pedofilia, di incesto, probabilmente anche dell’invasione della Polonia nel ’39.
Sullo scaffale dei bei ricordi i premi, il tappeto rosso di Cannes srotolato a prescindere, la promozione di un film solo incontrando gli studenti a Yale, Harvard e UCLA, l’ammirazione critica incondizionata anche al terzo autoremake di Mariti e mogli (Irrational man, lo ripetiamo da adoratori di Allen, è un film terrificante); mentre nel cassetto della scrivania chiuso a chiave ci sono i processi in tribunale, i referti medici sugli stupri (non avvenuti), l’improvvisa lettera nel 2014 della figlia adottiva Dylan che lo accusa di averla molestata venticinque anni prima (accuse negate). E che per 25 anni le due piste, le due dimensioni, i due binari della vita di Allen siano viaggiati paralleli è fatto strano nella bacchettona America, seppur da costa est, da ambientino radical chic ebraico newyorchese.
Niente più film per Woody Allen. Nemmeno il libro di memorie. Carta straccia. Ovviamente, per gli editori che rifiutano: tutte falsità. Allora, qui c’è qualcosa che non va, qualche conto che non torna. “Na specie de cadavere lunghissimo” che sembra srotolarsi da quando il cinema di Allen, pressappoco proprio dopo Mariti e mogli perde mordente, scivola nella ripetizione e nella maniera di se stesso, pur con guizzi interessanti (Harry a pezzi, Anything Else). Un beffardo rimosso, un consistente non detto che esplode tutto in una volta. Improvvisamente. Proprio quando arriva il periodo #MeToo (e Time’sUp) delle vendette e in mezzo ci finisce chiunque: chi ha combinato criminalmente di tutto, chi è colluso in modo defilato, e chi non c’entra proprio nulla.
Allen, paradossalmente, non finisce in nessuno di queste categorie dove potrebbero starci tutti i “colpevoli” emersi dopo le primigenie accuse contro Harvey Weinstein. Allen viene distrutto, cancellato dal cinema, probabilmente a breve perfino dagli annali (a Kevin Spacey è capitato), grazie agli strascichi sempre identici di un dramma familiare eterno. I suoi accusatori si sono aggrappati al trenino del Time’s Up. Con quell’espressione italiana un po’ sgradevole del fare di tutta l’erba un fascio. E la buona sorte lo ha mollato quando meno se lo è aspettato. Allen finito tra le nebbie della damnatio memoriae proprio per quella sensazione che nei suoi film raccontasse sé stesso.
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