Scampato all’abolizione nel dicembre del 2016 con il fallito referendum costituzionale proposto dal governo Renzi, il Cnel aveva tentato l’autoriforma. Poi di fatto bocciata per incostituzionalità. Il suo destino, in ogni caso, è rimasto lo stesso: sparire. Nonostante negli ultimi tempi il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro qualcosa abbia prodotto: almeno due proposte di legge, diverse iniziative e report. Nel corso degli anni è stato bersaglio di molte polemiche: previsto dall’articolo 99 della Costituzione, dal 1957, anno della sua istituzione, ha però dimostrato di avere più vite dei gatti. Nonostante alla riforma o alla soppressione – prevista nel contratto di governo M5s-Lega – ci abbia pensato più di un esecutivo.
La proposta di abolizione in arrivo in aula – Il governo ora ha fissato la data di discussione per la sua soppressione: “La proposta di legge per l’abolizione del Cnel mercoledì 8 maggio arriverà in Senato – ha annunciato il ministro per i Rapporti con il Parlamento e la Democrazia diretta, Riccardo Fraccaro – Un altro impegno del contratto di Governo che manteniamo, nell’ottica di restituire piena efficienza alle istituzioni. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro si è rivelato un ente inadeguato agli scopi per cui era stato concepito, ed è ormai superato della dinamiche istituzionali che garantiscono la rappresentanza delle forze sociali”. “Con il Governo del cambiamento – ha sostenuto Fraccaro – non ci può essere la difesa di poltrone ed enti inutili perché gli interessi dei cittadini tornano centrali. Oltre agli ovvi risparmi, questa riforma consentirà soprattutto di rendere più snello ed efficace il rapporto tra forze sociali e istituzioni. La funzione del Cnel potrà infatti essere sostituita dal rafforzamento della democrazia diretta e del ruolo del Parlamento, con lo sviluppo delle forme di partecipazione e un maggiore utilizzo delle attività conoscitive in sede parlamentare. Quanto alla sede dell’ente, la stupenda Villa Lubin, da parte mia auspico che diventi la Casa della partecipazione. Un luogo, anche simbolico data la sua storia, dove si possa essere informati circa i propri diritti politici e decisionali. Sarebbe un bel modo – ha concluso Fraccaro – di restituirla ai cittadini”.
L’attivismo per evitare la soppressione – Però, a conferma che al Cnel invece pensano ancora di essere utili, il 30 aprile scorso l’ente ha presentato un ddl per “un organismo super partes che analizzi e valuti la produttività e la competitività del sistema-Paese, ne monitori gli sviluppi e proponga le politiche e le riforme necessarie a livello nazionale per il rilancio dell’economia”. Il Comitato, secondo il Cnel, “operante in 10 Paesi Ue e in fase di attivazione in altri 9, sarà composto da rappresentanti del Cnel e di diverse istituzioni pubbliche, nonché da esperti scelti tra persone di riconosciuta indipendenza, comprovata professionalità e qualificata esperienza a livello nazionale e internazionale. La sua istituzione non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica”.
Il Cnel si è candidato quindi come sede del Comitato da cui dovrebbero uscire analisi economiche e raccomandazioni da trasmettere a Bruxelles. Inoltre, si leggeva nella nota, “predisporrà e pubblicherà una Relazione annuale propedeutica alle analisi della Commissione europea effettuate nell’ambito del semestre europeo e della procedura per gli squilibri macroeconomici”. Per il presidente Cnel Tiziano Treu (che come è noto nel 2016 firmò un appello per abolirlo), “l’autonomia funzionale è essenziale per consentire ai Comitati per la produttività di acquisire credibilità; e contribuire ai dibattiti nazionali. Analisi economiche indipendenti di alta qualità. Sulle sfide politiche possono aumentare la trasparenza e rafforzare il dialogo politico negli Stati membri”. Il 22 aprile invece era stato annunciato un disegno di legge per la creazione di un codice unico dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) da realizzare in collaborazione con Inps. In passato, il Cnel aveva prodotto pochissime proposte di legge e almeno fino all’ottobre del 2016 non era stata mai approvata nessuna.
Chi sono i 64 consiglieri – Chissà che i 64 consiglieri entrati in carica nel giugno 2018 – senza le indennità del passato, già abolite – non riescano a scamparla. Tra loro ci sono 10 “esperti”, esponenti della cultura economica, sociale e giuridica (otto nominati dal Presidente della Repubblica e due proposti dal Presidente del Consiglio), 48 rappresentanti delle categorie produttive (22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, nove degli autonomi e delle professioni e diciassette delle imprese) e 6 rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato. Tra gli altri siedono nel consiglio la direttrice e generale e il vicepresidente di Confindustria, Marcella Panucci ed Elio Catania, sette sindacalisti in quota Cgil, sei in quota Cisl, tre per la Uil e uno per l’Ugl, l’ex presidente di Federmanager e della Confederazione Italiana Dirigenti Giorgio Ambrogioni, il sociologo Maurizio Ambrosini, il presidente di Legacoop Mauro Lusetti, l’ex presidente di Coldiretti Calabria Pietro Santo Molinaro.
Boschi: “Ci copiano”. Ma il Pd sul Cnel ha cambiato idea – “Il M5S annuncia una nuova riforma costituzionale per abolire un ente inutile: il Cnel. Eppure sono gli stessi che hanno gridato al colpo di Stato quando lo abbiamo proposto noi. Prima ti offendono, poi ti copiano. Chissà se un giorno chiederanno anche scusa” scrive l’ex ministra Maria Elena Boschi (Pd) su Twitter. In realtà è il Pd che sembra aver cambiato idea sull’argomento visto che la proposta di legge sul salario minimo, depositata in commissione Lavoro dal senatore Tommaso Nannicini poco meno di un mese fa, assegna proprio al Consiglio un ruolo centrale. Presso il Cnel dovrebbe infatti essere istituita una apposita commissione incaricata di misurare la il peso dei diversi sindacati, per poi applicare a tutti i lavoratori i tabellari previsti dai Contratti collettivi nazionali firmati da quelli più rappresentativi.