“Mi hanno torturato così tanto. Li pregai di non torturare la mia famiglia”. Niamey, dopo più di anno di percosse incessanti e scosse elettriche da parte dei trafficanti libici, è spezzata. Non può più camminare perché ha le gambe paralizzate. La sua testimonianza, raccolta dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), è quella di una delle tante persone che hanno tentato di scappare dalla Libia. Una fuga che rimane, ad oggi, rischiosissima. “Nel 2019, una persona ogni tre ha perso la vita nel tentativo di arrivare in Europa lungo la rotta dalla Libia”, ha scritto su Twitter Charlie Yaxley, portavoce dell’Unhcr per l’Africa e il Mediterraneo. “Non esiste un porto sicuro in Libia – ha aggiunto – ma nessuna nave governativa o di ONG effettua operazioni di ricerca e soccorso. È chiaro che questa situazione non può continuare”.

Nonostante la significativa diminuzione delle partenze di migranti dalle spiagge libiche, conseguente agli accordi presi con le milizie libiche dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, le migrazioni attraverso il Mediterraneo sono continuate. Il report del 2019 pubblicato dall’Unhcr segnala una diversificazione dei punti di partenza dei barconi. Nel documento si legge che “il sottofinanziamento cronico di programmi che forniscono sostegno e protezione salvavita e la mancanza di attenzione alle cause profonde delle migrazioni” ha continuato a stimolare i movimenti.

In Libia, i recenti scontri tra l’esercito del presidente Fayez al-Sarraj e le milizie del maresciallo Khalifa Haftar hanno peggiorato la situazione di insicurezza del paese, politicamente frammentato e dilaniato da anni di conflitti civili. Negli ultimi giorni, la nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans ha segnalato diverse violazioni da parte della Guardia costiera libica nel blocco dei gommoni. Contemporaneamente, Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr, ha denunciato “le condizioni disumane” dei cittadini e i migranti, “esposti a pericoli mortali”.

La diminuzione maggiore dei flussi migratori si è avuta tra il 2017 e il 2018. In generale, nei primi cinque mesi del 2018 le persone arrivate in Italia via mare sono state 13.362, rispetto alle 60.228 del 2017: una diminuzione del 78%. I bambini, secondo l’Unchr, costituiscono un numero significativo di coloro che intendevano raggiungere e attraversare il Mediterraneo nel 2018 e “dovrebbero continuare a farlo nel 2019”. Da qui, si legge nel documento, la necessità di “offrire ai bambini e ai giovani alternative significative, anche attraverso percorsi legali”.

I numeri della crisi in Libia
L’ultimo rapporto mostra che, mentre il numero di persone che arrivano in Europa dal Mediterraneo è diminuito, il tasso di mortalità è aumentato bruscamente, in particolare per coloro che tentano la traversata dalla Libia, spesso dopo un viaggio via terra durato diversi mesi. Oggi, nel Paese sono circa 193.600 gli sfollati interni che non possono tornare alle proprie case. In questa situazione, circa 57.600 i rifugiati e richiedenti asilo sono attualmente registrati presso l’Unhcr in Libia, principalmente da Eritrea (7.719), Etiopia (1.183), Iraq (3.139), Stato di Palestina (7.364), Somalia (3.345), Sudan (10.754), Siria (23.742) e altri paesi (354). Le maggiori rotte terrestri passano da Algeria, Egitto e Sudan. L’agenzia delle Nazioni unite ha chiesto 40.000 posti di reinsediamento in 15 paesi di asilo lungo il percorso ma, secondo le prove raccolte dall’Onu, “molti rifugiati che potrebbero essere ammissibili al ricongiungimento familiare non possono accedere a questa opzione a causa di ostacoli giuridici o amministrativi”.

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La situazione nei centri di detenzione
“In alcuni hangar in Libia ci facevano cantare, bisbigliando. In altri, tutto era proibito. Grazie alla musica, ho mantenuto le mie speranze lungo il mio terribile viaggio”, ha raccontato all’Unhcr il sedicenne Kokob. Nei primi mesi del 2018, le autorità libiche hanno intercettato o salvato più di 13.600 persone in mare. A causa dell’aumento dell’attività della guardia costiera, sottolinea il documento, i centri di detenzione sono sempre più sovraffollati, con un peggioramento diretto nelle le condizioni dei rifugiati e dei migranti. L’Unhcr stima che almeno 5.400 tra rifugiati e migranti siano detenuti in Libia. Nel rapporto, pubblicato prima degli scontri tra Haftar e Sarraj, si evidenzia il rischio per i migranti legato a un peggioramento della situazione in Libia. Un rischio oggi diventato, rapidamente, realtà.

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