Questione di spazi. E di opportunità. Sembra che nei 1.285 chilometri quadrati su cui si estende la città di Roma non vi sia spazio per le circa 1.200 bancarelle concentrate all’interno del Centro Storico della Capitale, perlopiù distribuite sui marciapiedi lungo le vie dello shopping in Prati o, ancor peggio, nei pressi dei monumenti più importanti della Città Eterna. A certificarlo, da mesi, sono la gran parte dei municipi di Roma, che da un lato incalzano il Campidoglio per una veloce delocalizzazione degli ambulanti ma dall’altra si oppongono alla migrazione periferica di quelli che invadono il centro. Così, mentre emergono nuovi particolari dall’inchiesta della Procura di Roma sulle presunte pressioni perpetrate da alcuni esponenti della famiglia Tredicine nei confronti di funzionari capitolini, la macchina amministrativa si ferma a causa di un corto circuito all’insegna del principio del “non nel mio giardino”. Anche perché i commercianti che posseggono delle licenze “a rotazione” ormai su quegli stalli sono fissi da anni.
LA CONTESA FRA COMUNE E I MUNICIPIO – La base normativa è la delibera 29/2018, ovvero la seconda versione del “Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche” proposto dal presidente della Commissione capitolina Commercio, Andrea Coia, che poggia sul Pgtu (piano generale del traffico urbano) messo in campo dall’ex sindaco Ignazio Marino e dal suo assessore Guido Improta. In sostanza, le nuove norme impongono ai municipi di individuare spazi dove delocalizzare gli ambulanti (bancarelle, camion bar, caldarrostai, ecc.) che occupino strade di particolare prestigio paesaggistico o di valore commerciale. “Ma il I Municipio a guida Pd non vuole ancora procedere nell’applicazione della delibera del M5s”, ha affermato venerdì mattina Coia durante un sopralluogo nella centralissima via Cola di Rienzo – dove fra l’altro è stato aggredito verbalmente da uno degli operatori -. In realtà il tema è più complesso. Già il 7 giugno 2018 il Municipio aveva fatto presente all’amministrazione centrale che il “territorio è congestionato dalla più alta concentrazione di attività commerciali su suolo pubblico e soggetto a numerosi vincoli storici” ed è quasi impossibile trovare nuove aree. Alcune bancarelle sono state spostate da viale Trastevere, via Ferrari e via Settembrini, ma è una goccia nel mare. “Abbiamo richiesto all’assessore e al Direttore del Dipartimento una Task Force tecnica congiunta a supporto dell’attività del Municipio. Le richieste non hanno avuto alcun riscontro”, scriveva l’assessora municipale al Commercio, Tatiana Campione. “E’ da gennaio – spiega Campione a Ilfattoquotidiano.it – che hanno tutti gli atti del Municipio nei quali vengono individuate le nuove aree dove riposizionarle. Ma ad oggi non è stato fatto nulla nonostante i nostri ripetuti solleciti”.
SI RISCHIA LO STALLO, O LA PROTESTA – Il Municipio I, grande circa 19 km quadrati – il meno esteso, per distacco, fra i 15 municipi romani – in pratica chiede che gli altri municipi si facciano carico di una parte degli operatori. “Ma tutti gli altri rispondono che da loro non c’e’ spazio”, aggiunge Campione, secondo cui l’assessore capitolino al Commercio, Carlo Cafarotti, è stato aggiornato della problematica. Proprio Cafarotti da settimane sta promuovendo il “tavolo del decoro” per provare a mediare fra tutte le componenti in corso. Ma finora non sono emerse soluzioni alternative. Se la Polizia Locale, come invoca qualcuno, eseguisse gli “sgomberi” dei commercianti esclusi senza sapere dove spostarli, l’amministrazione capitolina si ritroverebbe centinaia di ambulanti a protestare sotto il Campidoglio. D’altra parte, se i Municipi più estesi non si fanno carico del problema, le bancarelle rischiano di rimanere dove sono per i prossimi due anni, tracciando le linee dell’ennesimo fallimento politico sul tema.