Matteo Salvini ha annunciato la sua intenzione di introdurre il grembiule obbligatorio nelle scuole per richiamare le nuove generazioni all’ordine e alla disciplina. Nell’Italia delle comparsate tristi si potrebbe derubricare l’uscita come la solita melliflua propaganda dell’uomo forte che vuole convincere le masse che sotto la sua tutela tutto tornerà sotto controllo: niente più delinquenza, niente più minori che perseguitano barboni e casi psichiatrici per la strada, niente più effetti perversi della permissiva e petulante educazione post sessantottina. Fosse solo questo da commentare, si potrebbe spegnere direttamente la televisione o lo smartphone e di Salvini non resterebbe più alcuna traccia. Purtroppo, il problema della scuola, e dell’istruzione in Italia è invece un’emergenza nazionale di cui da anni nessuno realmente si preoccupa.

Investire in istruzione è fondamentale per lo sviluppo di un Paese e per rispondere ai cambiamenti economici e sociali in atto nel mondo contemporaneo. I governi che si sono succeduti dal 2010 al 2017 ovvero nella fase più acuta della crisi economica sono riusciti a togliere circa otto miliardi alla scuola, inaugurando un regime di scarsità di risorse propagandato come meritocrazia. Secondo i dati Eurostat 2017 In Italia la spesa pubblica in istruzione è pari a circa il 4% del Pil contro percentuali che sfiorano il 7% nei Paesi nordici. Prendendo i dati di spesa per l’istruzione come percentuale della spesa pubblica la situazione rimane drammatica con il Paese che si colloca al trentesimo posto della classifica europea che presenta una spesa media pari al 10.3% contro il 7,9% italiano. Nel 2018 secondo il rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile dell’Istat) la quota di ragazzi e ragazze che abbandonano precocemente la scuola è salita al 14% con picchi intoro al 20% nelle regioni meridionali e nelle isole e va a ingrossare le fila del milione e mezzo (stime recenti dell’Università Cattolica di Milano parlano di due milioni) di Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano.

La qualità dell’istruzione che spesso è richiamata per sottolineare gli sforzi di centinaia di migliaia di insegnanti sottopagati compiono per educare gli studenti e le studentesse delle scuole primarie e secondarie è anche declinante. L’appena pubblicato Rapporto Istat sui Sustainable Development Goals – gli obiettivi dello sviluppo sostenibile adottati dall’Agenda 2030 dell’Onu – certifica che al terzo anno delle scuole medie il quaranta per cento degli studenti non ha competenze alfabetiche sufficienti e uno su tre è insufficiente in matematica. Con ancora una volta i tassi più elevati di difficoltà registrati al sud.

Lo sguardo sull’Università, ai cui studenti per fortuna Salvini non ha proposto ancora l’obbligo del grembiule, sarebbe ancora più impietoso. Dal 2010 al 2017 all’istruzione universitaria sono stati praticati tagli superiori a un miliardo di euro e il solo corpo docente è calato del dieci per cento stipendiato con salari tra i più bassi d’Europa. Per quanto riguarda i laureati, la percentuale è del 27,9% tra gli adulti tra 30-34 anni a fronte del 40,5% della media europea che scende all’11,5% tra gli individui tra i 55 e i 74 anni collocando l’Italia penultima dopo la Romania per numero di laureati nell’intera unione.

Quanti giovani conoscono la storia, il fascismo, i campi di concentramento, le dinamiche economiche e sociali che hanno portato alla nascita delle democrazie occidentali non è dato sapere, variando i risultati delle ricerche con la velocità con cui si modificano le scalette dei telegiornali. Le indagini parlano però di una memoria sempre più breve come fenomeno collettivo alimentato da nuovi media, propagande e pubblicità varie a cui va di pari passo il crollo nella lettura dei libri. L’Istat stimava due anni fa che leggeva libri il 66,8% dei ragazzi tra 6 e 14 anni con entrambi i genitori lettori di libri e solo il 30% di ragazzi con genitori che non leggono con una percentuale di lettori inferiore al 50% del totale della popolazione.

Se Salvini, oltre a recuperare dall’armadio del libro Cuore, la nostalgia per le divise sia anche interessato al problema dell’istruzione e degli investimenti in capitale umano per costruire un futuro per il Paese non si sa. Al momento quello che è evidente agli occhi di tutti è che il suo governo del ‘cambiamento’ non ha cambiato niente del disegno di impoverimento intellettuale perseguito con tenacia e determinazione nell’ultimo decennio dai politici al potere in Italia. Come cantava Lindo Ferretti, allora, parlare di ordine e disciplina e di grembiuli monocolore “è comodo, sì, ma come dire, poca soddisfazione”.

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